Taglio del cuneo fiscale per i dipendenti con redditi fino a 35 mila euro, estensione dei contratti a tempo determinato fino a 24 mesi, misure di contrasto alla povertà in sostituzione del reddito di cittadinanza. Sono questi, in sintesi, i contenuti del decreto Lavoro, approvato il primo maggio dal Governo. Una misura che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito “il più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi decenni”, con aumenti in busta paga “che possono arrivare anche a 100 euro per i lavoratori con i redditi più bassi”. Divisi i sindacati, incontrati dall’Esecutivo prima dell’approvazione del decreto. “Su circa 1,3 milioni di occupati siciliani, 400 mila sono a tempo determinato. Aumentare il ricorso a questo strumento significa favorire il precariato, soprattutto in regioni come la nostra”, spiega a FocuSicilia il segretario regionale di Cgil Alfio Mannino. “Si mettono più soldi in tasca ai lavoratori, anche attraverso i contratti a termine, il che vuol dire rimettere in moto i consumi. Naturalmente serve una sorveglianza stringente, ma anche su questo il governo è intervenuto”, sostiene invece il segretario di Ugl Sicilia Giuseppe Messina.
Leggi anche – Lavoro e turismo stagionale: tante opportunità, ma contratti disattesi
Il taglio del cuneo e i benefit
Il decreto non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale, ma il Governo ha pubblicato un’ampia sintesi delle misure adottate. La principale riguarda proprio il taglio del cuneo fiscale, cioè delle imposte sul reddito pagare dai dipendenti, “per i periodi di paga dal primo luglio al 31 dicembre 2023, con esclusione della tredicesima mensilità”. Sul tavolo ci sono quattro miliardi di euro, messi da parte attraverso la revisione del Superbonus e l’azzeramento del taglio delle accise sulla benzina. Con questa cifra il Governo “innalza, dal due al sei per cento, l’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico dei lavoratori dipendenti”. L’esenzione, scrivono ancora da palazzo Chigi, “è innalzata al sette per cento se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 1.923 euro”, cioè per i lavoratori con reddito fino a 25 mila euro. Inoltre il Governo ha previsto un incremento della soglia dei cosiddetti “fringe benefit” (i compensi in natura, come ad esempio buoni pasto e mezzi aziendali) a tremila euro per tutto il 2023, “esclusivamente per i lavoratori dipendenti con figli a carico”, mentre per i genitori vedovi viene introdotto un aumento dell’assegno unico, già previsto per le coppie.
Leggi anche – “Povera” ristorazione: mancheranno diecimila tra camerieri e cuochi
Contratti a termine prolungati
Uno dei punti più discussi della legge riguarda i contratti a termine. Il decreto Lavoro prevede che questi contratti “potranno avere durata superiore ai 12 mesi, ma non eccedente i 24 mesi, nei casi previsti dai contratti collettivi”. Il prolungamento del contratto a termine potrà avvenire “per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” delle aziende, ma dovrà essere adottato “entro il termine del 31 dicembre 2024”. Qualora non esista un contratto nazionale di riferimento, le caratteristiche dell’accordo dovranno essere “individuate dalle parti”. Una misura letta da molti come un’incentivazione del precariato, malgrado il Governo abbia messo le mani avanti prevedendo un rafforzamento della sorveglianza. L’Esecutivo infatti punta a “consentire un uso più flessibile di tale tipologia contrattuale”, ma assicurando “il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi”. Un capitolo della legge è dedicato poi alle persone in difficoltà, in particolare alla fascia che fino all’anno scorso percepiva il reddito di cittadinanza. L’obiettivo è quello di “assicurare un’adeguata formazione a chi non ha un’occupazione ed è in grado di svolgere un’attività lavorativa”, favorendo allo stesso tempo “l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.
Leggi anche – Lavoro, in Sicilia 27 mila assunzioni ad aprile. Lo studio di Assoesercenti
Sindacati “spaccati” sul decreto
Misure che, come detto, sono state accolte in modo diverso dai sindacati. A bocciarle in modo netto è la Cgil. “È chiaro che con un’inflazione così alta e una riduzione così forte del potere di acquisito delle famiglie qualsiasi taglio del cuneo fiscale, anche di un solo euro, è benvenuto”, commenta il segretario regionale Mannino. Allo stesso tempo “la stima di 100 euro in più in busta paga non è credibile”, e secondo le simulazioni di Cgil “gli aumenti andranno dai 20 ai 50 euro al mese, e solo per sei mesi”. Il sindacato contesta anche il modo in cui sono state reperite le risorse. “Parliamo del taglio del Superbonus e del reddito di cittadinanza, quindi di misure a favore delle fasce più deboli. Se aggiungiamo l’aumento del precariato, il giudizio non può non essere negativo”. Opposta la valutazione della Ugl. “Questo decreto introduce misure importanti. Il taglio del cuneo, per esempio, mette più soldi in tasca ai lavoratori, dando una spinta all’economia”, spiega il segretario regionale Messina. Quanto all’estensione dei contratti a termine, “va detto che siamo uno dei Paesi in cui la contrattazione collettiva è più avanzata, dunque la tutela per i lavoratori è garantita nella maggior parte dei casi. Inoltre il Governo ha promesso di potenziare i controlli, anche incrociando le banche dati Inail e Inps. Su questo vigileremo”, conclude Messina.