Discoteche aperte, sì, ma dimezzate. Il governo Draghi ha aggiornato le regole sanitarie per i settori cultura, spettacolo e sport. Le “piste” riapriranno, dopo oltre un anno di fermo, con una capienza del 50 per cento al chiuso e del 75 per cento all’aperto. “È un piccolo passo avanti, ma certamente non basta”, commenta a FocuSicilia Antonio Messina, presidente regionale di Silb, il Sindacato locali da ballo aderente a Fipe Confcommercio. Le nuove indicazioni del governo sono più espansive rispetto a quelle del Comitato tecnico scientifico, che aveva suggerito di riaprire le discoteche con una capienza del 35 per cento al chiuso e del 50 per cento all’aperto. “In quel caso sarebbe convenuto non aprire del tutto”, dice Messina. “Anche con i nuovi numeri, però, sarà difficile recuperare le spese. Speriamo che sia solo il primo passo per liberarci, come già avvenuto per altri settori”.
Le decisioni del governo
Nell’ultimo Consiglio dei ministri, infatti, il governo ha approvato un decreto legge che dall’11 ottobre porta al 100 per cento la capienza per gli spettacoli aperti al pubblico in teatri, cinema, sale da concerto, locali di intrattenimento e musica dal vivo. “Non capisco che differenza ci sia con le sale da ballo, dove anzi il contatto è meno diretto che al cinema”, osserva Messina. Anche per le competizioni sportive sono state fissate regole meno stringenti, con una capienza del 60 per cento al chiuso e del 75 per cento all’aperto. Ogni settore, però, fa storia a sé. “Per la discoteca gli spazi all’aperto nella stagione invernale sono impraticabili”, dice il presidente regionale di Silb. Il sindacato, spiega, si è battuto a livello nazionale per superare il limite del 35 per cento. “Le aperture concesse dal governo, però, sono ancora troppo timide”.
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Costi di gestione insostenibili
Al punto da far sospettare “un certo accanimento” visto che anche la riapertura al 50 per cento “è difficilmente sostenibile sul piano economico”. Il sindacalista fa l’esempio di un locale con una capienza di 200 persone. “Dovrebbe riaprire con massimo 100 persone. Significa che dovremmo più che raddoppiare il biglietto, e ancora non avremmo la certezza di recuperare le spese”. Nell’era pre-Covid, spiega, un ingresso in una discoteca siciliana costava in media dagli otto ai dieci euro. “Se lo portassimo a 20, una coppia dovrebbe spendere 40 euro per entrare nel locale. Sono prezzi che normalmente si fanno per il Capodanno, non per la bassa stagione”. Con costi del genere, prosegue Messina, è molto probabile che la gente preferirebbe fare qualcos’altro. “Ecco perché il governo dovrebbe sforzarsi di più”.
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La posizione della Siae
A criticare le scelte dell’esecutivo, nelle scorse ore, era stata anche la Siae, la Società italiana degli autori e degli editori, che si occupa di riscuotere i diritti musicali. Per Siae il limite del 35 per cento per i locali da ballo sarebbe stato “difficile da motivare” anche alla luce dei risultati delle vaccinazioni. Diverso il discorso per la capienza del 50 per cento. “Manca il via libera al 100 per cento per le discoteche e tuttavia con il 50 per cento si può ricominciare”. Per sbloccare la situazione, prosegue la società, bisogna puntare sulla scienza. “È necessario un rigoroso rispetto delle norme di sicurezza, senza se e senza ma, e un sostegno all’ulteriore rafforzamento e all’implementazione della campagna vaccinale”. Un presidio indispensabile per ricominciare a lavorare e a vivere, aggiunge la società, insieme a strumenti come il green pass.
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I dubbi sul green pass
Proprio sulla certificazione verde, invece, si concentrano i dubbi della categoria. Messina è netto: “A cosa è servita, se poi le riaperture restano così limitate?”. Quella del green pass, spiega, era stata una scelta condivisa da diverse organizzazioni sindacali, compresa la Silb. A distanza di alcuni mesi, però, non sembra dare i risultati sperati. “In Francia, Spagna e Grecia le discoteche non sono state chiuse così a lungo, e hanno riaperto in estate. In questo modo quei Paesi hanno avuto un vantaggio enorme sul piano turistico”. Chi viene in Italia, ricorda Messina, ci viene anche per divertirsi. Quest’estate, però, ha trovato una situazione un po’ diversa. “Se mandiamo i turisti a letto con le galline, senza dargli la possibilità di ascoltare un po’ di musica o fare quattro salti dopo cena, poi non ci lamentiamo del calo delle presenze”.
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Impatto su ristorazione e turismo
Anche le attività dell’indotto hanno subito le chiusure, aggiunge il sindacalista, a partire dalla ristorazione. La categoria più danneggiata, però, resta quella delle discoteche. Soltanto in Sicilia il settore ha riportato perdite superiori ai 50 milioni di euro, con quasi due anni di lavoro persi. “Non abbiamo mai riaperto, a parte la breve pausa dell’estate 2020, che non ci ha permesso di recuperare”. La crisi ha già portato alla chiusura del 30 per cento delle discoteche siciliane, ricorda Messina, “e la situazione potrebbe peggiorare, se non verranno fatte scelte sensate a livello governativo”. Le decisioni prese finora “dimostrano scarsa consapevolezza delle dinamiche di impresa”, e hanno favorito gli abusivi e la concorrenza sleale. “Quest’estate si è ballato nei lidi, per strada, nelle case private. Ovunque, tranne che nelle discoteche”.
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Meno ristori, più riaperture
Da qui l’agitazione della categoria, che per Messina “non può accontentarsi di piccole concessioni”. L’insoddisfazione è forte anche sui ristori. “Sono stati del tutto insufficienti, considerato anche che il nostro settore ha una tassazione tra le più alte in Italia”. I gestori delle discoteche, spiega, devono pagare i diritti Siae ogni 15 giorni, a cui si aggiungono costi fissi, affitti, utenze, rifornimenti, personale. A inizio settembre il governo ha cercato di mettere una toppa, attivando un fondo da 140 milioni per le imprese colpite dalle chiusure anti-Covid, con la possibilità per le discoteche di ricevere contributi a fondo perduto fino a 25 mila euro. “Il contributo migliore, però, sarebbe darci la possibilità di ripartire come si deve”, conclude il presidente regionale di Silb.