“Se l’Etna continua così siamo rovinati. Non si può produrre senza vendere”: il grido di allarme è forte e chiaro, e a lanciarlo è Renato Maugeri, imprenditore agricolo, produttore di agrumi e responsabile del settore agrumicolo di Confagricoltura Catania. Maugeri si riferisce ai danni causati dalla frequente e massiccia ricaduta di lapilli e cenere vulcanica sulle coltivazioni del versante est e sud est dell’Etna, la zona più spesso colpita dalla pioggia di materiale prodotto dai parossismi del vulcano a causa dei venti prevalenti da ovest.
Lesioni ed escoriazioni
La cenere infatti provoca danni agli agrumi in qualsiasi fase di sviluppo siano, dal frutticino appena spuntato al frutto già maturo, sia per l’impatto meccanico delle particelle più grandi, i lapilli, sia perché la cenere fine sui frutti si arroventa con il sole, mentre il vento fa sfregare fra di loro gli agrumi provocando escoriazioni alla buccia. “Le lesioni sulla buccia sono come piccole ferite – spiega Maugeri – che danneggiano lo strato di oli essenziali che proteggono il frutto. Una volta staccato dall’albero l’agrume deperisce e marcisce rapidamente”.
Tra le piante segnate dal vulcano
Siamo andati a intervistare Maugeri nel suo fondo di Riposto, tra aranci, mandarini, nova e limoni. Tutte le piante mostrano i segni dell’attività vulcanica, e in molte parti hanno tanta cenere su foglie e frutti. Guarda il video
L’allarme di Maugeri riguarda centinaia di produttori e una superfice coltivata ad agrumi di circa duemila ettari, ma nei comuni di solito più colpiti da cenere e lapilli gli agrumeti sono alle quote più basse, più vivine al mare, mentre più a monte ci sono frutteti e vigneti, come nel caso di Milo, uno dei territori in assoluto più devastati dal materiale vulcanico. I comuni interessati, secondo Maugeri sono Mascali, Giarre, Riposto, Sant’Alfio, Milo, Zafferana, Santa Venerina, Acireale. “Subiamo la caduta di cenere da febbraio, addirittura in una settimana è ricaduta per sei giorni. Abbiamo già perso la raccolta dei mandarini e ora stiamo perdendo quella dei pregiati limoni verdelli”.
Danno commerciale
Oltre al danno diretto sui frutti infatti, Maugeri parla della diffidenza dei commercianti all’ingrosso, che non vogliono più rischiare di comprare un prodotto potenzialmente danneggiato, che potrebbe marcire dopo pochi giorni “magari quando è già sugli scaffali dei supermercati, con contestazioni e danni gravissimi per il richiesto ritiro dei frutti”. Infatti, di solito gli agrumi, come altre categorie di produzione, vengono venduti in anticipo, “a colpo”, quando sono ancora immaturi sugli alberi. Quest’anno non succede: “Nessun commerciante verrà da me o andrà da un altro produttore di questa zona, nessuno si assumerà un rischio così alto, che per altro nessuna compagnia assicura”.
Aiuti strutturali
Alla luce dei danni già subiti, e con l’assoluta impossibilità di prevedere il comportamento dell’Etna, Maugeri fa appello alle istituzioni non per avere dei sussidi per la campagna in corso, ma perché la zona più colpita venga delimitata e “dichiarata zona svantaggiata, in modo da risarcire anche se parzialmente i produttori, con tutte le agevolazioni previste per Imu, costo del lavoro, riduzione delle tasse”.
“Se l’Etna non smette, smettiamo noi”
Una misura molto utile potrebbe anche essere una convenzione tra lo Stato e le compagnie di assicurazione, per fare in modo che si possano definire polizze a protezione di chi produce e di acquista il prodotto, con la garanzia pubblica. Perché alla fine sull’Etna non abbiamo modo di intervenire, quindi bisogna conviverci. “L’Etna è stata molto generosa con noi, tanto da donarci uno dei territori più fertili al mondo – conclude Maugeri – ma se dovesse continuare con questa attività saremo costretti a smettere di fare l’agricoltura di qualità che abbiamo sempre fatto e che facciamo”.