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Etna, la cenere diventa davvero risorsa. Tutto pronto per il riuso agricolo

Una azienda di Giarre si dice pronta a liberare i comuni etnei dai milioni di metri cubi di materiale vulcanico caduto in questi mesi per utilizzarlo in agricoltura. L'operazione è a costo zero per le amministrazioni. Progetto già presentato a tre Enti del versante orientale

Sembra davvero l’uovo di colombo. Finalmente un progetto concreto per il riutilizzo virtuoso in agricoltura ed edilizia della cenere vulcanica che da sette mesi continua a cadere sui centri etnei, prendendo di mira soprattutto quelli del versante est. Una ricaduta continua che ha reso drammatica la situazione di alcuni territori della fascia ionica, con le amministrazioni comunali in ginocchio per mancanza di fondi e la necessità di ripulire gli spazi urbani anche per motivi di sicurezza legati alla viabilità e alla salute dell’apparato respiratorio. Le proteste dei sindaci per chiedere l’intervento della Regione e dello stato centrale si sono susseguite nei mesi scorsi, ma adesso, almeno una parte del problema pare possa essere risolta a costo zero.

Zafferana Etnea, Milo, Santa Venerina

“Sarei felicissimo se riuscissimo a fare partire questo progetto, e sono sicuro del risultato”, dice entusiasta Alfio Trovato, 50 anni, fondatore della Tas Srl di Giarre, che ha presentato un progetto dettagliato a tre dei comuni più bersagliati dalla ricaduta di cenere e lapilli: Zafferana Etnea, Milo e Santa Venerina. Un progetto che prevede la pulizia del materiale vulcanico già nelle aree di stoccaggio dove i comuni l’hanno depositato in attesa della rimozione o smaltimento, e l’asporto a carico della ditta, quindi a costo zero per le amministrazioni. “Questo è solo il primo passo – aggiunge Trovato – in futuro, se il nostro esperimento funzionerà sono certo che saranno trovati altri mille campi di applicazione, e la cenere dell’Etna diventerà davvero una risorsa per i comuni, che potranno venderla in modo da recuperare i costi anche dello spazzamento e stoccaggio”.

Riduzione del consumo di suolo

Il riutilizzo proposto dalla Tas ai comuni è possibile grazie alla recente modifica della legge che considerava la cenere vulcanica un rifiuto e adesso la classifica invece come materia prima. In dettaglio, spiega Trovato, la cenere vulcanica, dopo una adeguata pulizia e selezione in base alle dimensioni, può essere reimpiegata nelle miscele di terra e altri materiali necessari per l’impianto di nuovi vivai. In sostanza può sostituire in parte l’utilizzo della cosiddetta “terra vegetale” (lo strato più superficiale e fertile della crosta terrestre che arriva circa al metro di profondità), usata insieme ad altri elementi per comporre il materiale con caratteristiche necessarie per le nuove piante. Di solito la terra vegetale (locale, o comunque ricavata in Sicilia) viene mescolata ad argilla, fibra di cocco e torba (quest’ultima di provenienza dal nord Europa). Tutto materiale che ha un costo di produzione e viene acquistato da chi prepara i composti. In questo caso, è l’idea di Trovato, la cenere, anche se necessita di trasporto e lavorazione, è molto più economica. Nello stesso tempo, dice Trovato, “risolviamo un problema ai comuni a costo zero e riutilizziamo un materiale che già ci troviamo riducendo il consumo di suolo che avremmo dovendo ricavare la terra vegetale”.

Leggi anche – Etna, agrumeti devastati dalla cenere: “Si dichiari la zona svantaggiata”

Sviluppo, posti di lavoro, ecosostenibilità

Gli fa eco Salvatore Castorina, ingegnere di Zafferana Etnea e attivo collaboratore nel progetto: “Da un problema nasce l’opportunità di creare sviluppo e posti di lavoro”. Nel territorio interessato ci sono milioni di metri cubi di materiale vulcanico stoccati in aree pubbliche e private, quindi le amministrazioni in alcuni casi devono anche pagare l’affitto per il deposito della cenere. “Si tratta di un progetto pilota – aggiunge Castorina – che può portare a grandi sviluppi nel pieno rispetto della sostenibilità e dell’economia circolare. In questo casa nessuno perde e tutti i soggetti guadagnano, anche l’ambiente”. La ditta ha anche presentato delle analisi dettagliate di un campione di cenere vulcanica per dimostrare che l’uso non è nocivo ma anzi è vantaggioso per le piante, sempre usato in miscela con altri materiali. “Ci sono problemi di sicurezza legati alla produzione di polveri quando si pulisce la cenere nelle aree di stoccaggio – spiega Castorina – ma abbiamo i macchinari che vaporizzano acqua durante le fasi di pulizia evitando il fenomeno”.

Anche nei supermercati

Si parla di progetto pilota, ma Alfio Trovato racconta che in realtà l’uso del materiale vulcanico è stato già sperimentato con successo, e le soluzioni sono “potenzialmente migliaia”: “Variando le miscele si può ottenere il terriccio per le esigenze di qualsiasi tipo di pianta. Potremmo anche produrre un composto da vendere nei supermercati per i vasi domestici”. Inoltre altre applicazioni sembrano possibili nel campo dell’edilizia: “Per esempio si può usare come isolante termico o per realizzare intonachino dell’Etna di colore grigio scuro, una finitura elegante e bellissima. Abbiamo già preso contatti e siamo in trattative con aziende del nord Europa”. Trovato si dice pronto a recuperare fin da subito i milioni di metri cubi di cenere e lapilli stoccati nei comuni etnei, aspetta solo il via delle amministrazioni. “Sarebbe importante partire immediatamente. La richiesta dei vivai, soprattutto della costa tirrenica messinese, è altissima. Il materiale però deve essere fornito a breve, in modo che a marzo le aziende lo abbiano già in sede, pronto per l’uso.

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Turi Caggegi
Turi Caggegi
Giornalista professionista dal 1985, pioniere del web, ha lavorato per grandi testate nazionali, radio, Tv, web, tra cui la Repubblica e Panorama. Nel 1996 ha realizzato da Catania il primo Tg online in Italia (Telecolor). È stato manager in importanti società editoriali e internet in Italia e all’estero. Nel 2013 ha realizzato la prima App sull’Etna per celebrarne l’ingresso nel patrimonio Unesco. Speaker all’Internet Festival di Pisa dal 2015 al 2018, collabora con ViniMilo, Le Guide di Repubblica e FocuSicilia. Etnalover a tempo pieno.

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