Ventiquattro milioni di euro andranno al Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura, istituito dalla legge 108 del 1996. Lo ha annunciato il ministero dell’Economia e delle Finanze: per il fondo, che aiuta aziende e famiglie in difficoltà con eccessiva esposizione debitoria ad accedere al credito bancario, si tratta di una dotazione maggiore del totale delle somme erogate nel 2018, ferme a 18 milioni. Il dato viene dal rapporto sulla gestione del fondo presentato lo scorso 4 ottobre e reso disponibile pochi giorni fa. E fotografa un sistema che in Italia è gestito a livello nazionale da 122 enti, divisi tra 89 consorzi di piccole e medie imprese (i confidi), che si occupano della valutazione del rischio e dell’accesso al fondo per le aziende, e 33 associazioni e fondazioni che supportano nel percorso per l’ottenimento del credito le famiglie. In Sicilia sono presenti 14 confidi e tre Fondazioni. E a Messina la Fondazione antiusura Padre Pino Puglisi è tra gli enti più attivi in Italia.
Messina, maggior rischio usura
Con circa 35 casi annui, la Fondazione messinese opera quasi esclusivamente in provincia. Un territorio che il rapporto del Mef definisce “tra quelli a maggior rischio in Italia”, basandosi su un indice elaborato dal sociologo Maurizio Fiasco. Insieme alla città, nelle ultime posizioni nazionali ci sono anche Catania e Caltanissetta. “Non ci stupisce trovare Messina in fondo alla graduatoria”, commenta Ferdinando Centorrino, vicepresidente della Fondazione Pino Puglisi ed esperto di credito bancario. “La nostra città negli ultimi anni ha subito un tracollo economico, lo spopolamento e l’emigrazione dei giovani. Anche i miei figli sono andati via”, dice Centorrino. La media dei finanziamenti erogati tramite la Fondazione è “di 19 mila e 500 euro su un massimo previsto dal nostro accordo con Unicredit di 30 mila. E abbiamo una media di insolvenza del 10 per cento”. Il dato – con finanziamenti annui in tutta Italia secondo il Mef di cinque milioni di euro – pone Messina tra le città con il maggior numero di casi (e oltre mezzo milione di euro erogati), con una percentuale d’insolvenza minore rispetto alla media nazionale.
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Insolvenza più bassa della media
Secondo il rapporto, nel 2017 l’insolvenza media rilevata tra i privati che hanno avuto accesso al fondo è stata del 12 per cento. Il dato si innalza al 22 se si considerano i finanziamenti gestiti dai confidi. “La differenza si spiega con il rischio maggiore delle aziende – spiega Centorrino -. Nel nostro caso per mantenere l’insolvenza a livelli bassi utilizziamo il cardine centrale del nostro lavoro: le relazioni. Al di là della possibilità del fondo di garanzia, per accedere a un credito devono sussistere dei presupposti che l’istituto accetta (e che verifichiamo prima internamente) indicando soluzioni alternative, laddove possibile. Nei casi in cui è necessario accedere al fondo stiamo sempre ben attenti a non farlo diventare un ulteriore motivo di fragilità economica. Insomma: la possibilità di un fondo di garanzia non può aggiungere debito a debito”, ribadisce il vicepresidente della Fondazione Padre Pino Puglisi.
La fiducia costruita in anni a contrasto del “credit crunch”
La situazione messinese rispecchia in pieno il “credit crunch” descritto nel rapporto, la stretta creditizia dovuta al calo dell’offerta da parte delle banche e la diminuzione degli impieghi bancari, in presenza di una potenziale domanda di finanziamenti insoddisfatta. “Qualche anno fa Messina era una città più viva, con più facilità di accesso al credito bancario e minor rischio di ricorrere a finanziamenti o all’usura. Le disposizioni della Banca d’Italia impedirebbero questi meccanismi di sovraindebitamento, ma è evidente che gli operatori dei finanziamenti più che guardare alla situazione pensano subito alle provvigioni, con cifre che si sommano e diventano enormi per i cittadini. Abbiamo avviato un rapporto con Unicredit (quando ancora era Banco di Sicilia) che, grazie alla fiducia costruita negli anni, ci consente un rapporto di moltiplicazione di quattro a uno: per ogni euro garantito riusciamo a ottenerne quattromila”. La fiducia ottenuta va però mantenuta, ed è alla base dell’operato della Fondazione. “Il nostro maggior impegno va oltre il fondo. Ogni giorno cerchiamo di dare consigli sulla cultura economica e finanziaria alle persone che lo richiedono, usufruendo del fondo solo nei casi in cui non si può accedere al finanziamento per altre vie. E con interventi di accompagnamento specifiche. Il fondo di garanzia serve solo per quei creditori in situazioni borderline”, conclude il vicepresidente della Fondazione antiusura Padre Pino Puglisi.