Formazione, non è solo un problema per i giovani: dopo i 25 anni la fa solo il 4%

Formazione, non è solo un problema per i giovani: dopo i 25 anni la fa solo il 4%

Dopo i 25 anni solo il 4% della popolazione attiva è impegnata in attività di istruzione “formale”. Eppure i giovani che non lavorano, che non studiano, che non si formano sono la vulgata comune in riferimento ai cosiddetti “Neet“, acronimo di “Not engaged in Education, Employment or Training” e che sta a indicare coloro che sono inattivi su ogni fronte. Nell’ultimo Rapporto 2023 sulla situazione del Paese, realizzato daIstat,i “Neet” sono del resto quasi un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni, il32 percento. Una percentuale chein Sicilia sale al 37%, con le conseguenti difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, comelamentato spesso anche dalle imprese. Maunnuovo studio Istatmostra come in Italia il problema della formazione sia ben più radicato.Nel 2022, poco più di un terzo degli individui tra i 25 e i 64 anni ha partecipato ad attività di istruzione e formazionedi qualunque tipo, formale o meno. Un tasso di partecipazion più basso di quello medio europeo di quasi 11 punti percentuali. Leggi anche –Sicilia, il lavoro c’è, la formazione no: Confindustria etnea riparte dai giovani Il problema, conferma Istat, è naturalmente radicato trai giovani, con il 31% di coloro che hanno tra i 18 e i 24enni che non partecipano ad alcun percorso di istruzione o formazione, contro il 20,2% della media europea. Inoltre il10,2% dei giovanitra i 18 e i 24 anni, nel 2022, non è più inserito in un percorso formativo pur avendo raggiunto al più un titolo secondario di I grado. Ma il dato mostra comein questa fascia d’età siano il 49 per cento i giovani impegnati in attività formative “formali”. Un dato cheprecipita al 4 per cento nella fascia tra 25 e 64 anni. Sia per i giovanissimi che per i lavoratori fino a 64 anni si tratta comunque di dati molto inferiori alla media europea, rispettivamente del 64,3% e del 6,3%. Anche tenendo conto delle attività non formali, ovvero l’acquisizione di competenze con modalità non frontali seguendo magari un corso apposito, la sproporzione tra chi ha tra i 18 e i 24 anni e chi appartiene alla popolazione “attiva” tra i 25 e i 64 anni è degna di nota. Le attività di apprendimento informale coinvolgono il 42,2% dei neo maggiorenni, mentre solo il 34,1% di chi ha tra i 25 e i 64 annisi impegna ad acquisire nuove competenze.Leggi anche –Cerco lavoro. Le posizioni richieste al Sud. Un’assunzione su 4 è in Sicilia In questo quadro, che vede l’Italia indietro rispetto all’Europa, si inseriscono inoltre marcate differenze territoriali tra le varie aeree del Paese in termini di partecipazione ad attività formative, formali e non formali.Se l’Italia è indietro di 11 punti rispetto all’Europa, altrettanti separano il Nord-est dal Sud (39,7% e 28,3% rispettivamente, se si considerano attività formali e non). Un gap che, sottolinea Istat, è anche “effetto della diversa struttura per età della popolazione e della situazione occupazionale”. La popolazione più giovane determinanel Sud una maggiore partecipazione ai corsi formali di istruzione (8,2% contro il 7,2% del Nord), mentre la maggiore offerta formativa e i più alti tassi di occupazione determinano nel Nord-est una maggiorepartecipazione alle attività non formali (23,9% al Sud e 36,4% nel Nord-est), sebbene tra i giovani 18-24enni il gap sia minore (37,4% rispetto a 44,0%). In sintesi: al Sud ci sono più giovani, e per la partecipazione alle attività formali il Sud si avvicina più del Nord ai livelli europei, mentre il Nord-est è più vicino alla media europea per la partecipazione ad attività formative non formali. Leggi anche –Lavoro e Its Academy. In Sicilia il 79,3% è occupato a un anno dal diploma Nel dettaglio regionale, questo si traduce inun primato della Calabria nella partecipazione ad attività di istruzione formale (9,4%)che si contrappone, in questa stessa regione, al minimo di partecipazione in attività non formali (21,9%). Al contrario in Trentino-Alto Adige alla ridotta quota di partecipazione in attività formali (6,8%) si contrappone la massima in quelle non formali (39,6%). Ciò si osserva nonostante l’uscita precoce dal sistema di istruzione nel Sud risulti decisamente più frequente che al Nord: tra i giovani 18-24enni, il 13,6% è già uscito da un percorso formativo pur avendo conseguito solo un diploma di scuola secondaria di I grado, quota che nel Nord si attesta a poco più dell’8%. D’altro canto, la percentuale di giovani 18-34enni in istruzione terziaria negli ultimi 12 mesi – massima nel Centro dove supera il 25% –al Sud è superiore di 2 punti percentuali a quella del Nord-est (22,3% e 20,4%). Leggi anche –Il lavoro digitale chiama, in Sicilia la formazione professionale non risponde Secondo Istat “manca una motivazione forte alla partecipazione:quasi l’80% dei 25-64enni che non si formano non ha interesse a farloe per gli altri sono spesso i costi elevati a frenare la partecipazione (nel 23,7% dei casi contro il 13,7% della media Ue27)”. La situazione si aggrava per chi ha in famiglia persone con un basso titolo di studio: il livello di partecipazione ad attività di formazione è 25,6% nel caso i genitori abbiano un basso livello di istruzione, ma sale al 66,3% per chi ha almeno un genitore con titolo terziario. A pagare le conseguenze di un Paese e di un sistema del Lavoro non orientato alla formazione sono però soprattutto per gli stranieri. Secondo Istati nati all’estero partecipano con minore frequenza ad attività di istruzione e formazione rispetto ai nati in Italia(26,9% e 35,3% rispettivamente), soprattutto se arrivano nel nostro Paese dopo aver compiuto 10 anni di età (24,2%). Coloro che arrivano in Italia in età precoce mostrano infatti un’attitudine a partecipare analoga a quella di coloro che nascono in Italia (38,4%), evidenza che risulta confermata anche a parità di età e di livello di istruzione dei genitori.