Lavoro e giovani millennials, incertezze crescenti. Soprattutto per chi vive nel Mezzogiorno d’Italia. Lo dice l’Istat nel suo rapporto sui giovani e la transizione verso l’età adulta. Uno studio nel quale si sottolinea che per i millennials e per i post millennials, ovvero per Istat tutti i nati tra il 1987 e il 2003, c’è un “decadimento qualitativo delle opportunità di occupazione”. In particolare in quelle regioni, come la Sicilia, dove è maggiore il calo demografico o il livello di Pil pro capite. Meno popolazione, un sistema produttivo debole e minore ricchezza hanno un impatto molto significativo sul benessere dei giovani che oggi hanno tra i 20 e i 36 anni. Il sentimento di “insicurezza verso il proprio futuro” nel 2021 interessa infatti oltre un giovane meridionale su cinque. Si sfiora il 22 per cento al Sud contro il 15 per cento del Centro-nord. La quota è più contenuta in Piemonte (12,3 per cento) e Veneto (14,9 per cento), più ampia in Calabria (25,1), Sicilia (27,9 per cento), Sardegna (22 per cento) e Puglia (21,6 per cento). Di fatto, con meno opportunità lavorative, la permanenza in famiglia e i percorsi di istruzione si prolungano.
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Millennials insoddisfatti della situazione economica
Se la carenza di opportunità lavorative stabili e di buona qualità “nel Mezzogiorno non è di certo una novità”, ricorda l’Istat, la situazione fra i millennials appare più grave. Il tasso di attività tra i 20-34 enni, già basso nella generazione precedente (60,3 per cento per i nati tra il 1967 e il 1983) si riduce ulteriormente al 54,4 per cento per i millennials del Sud. Il tasso di occupazione al Sud passa al 41,6 per cento dal 45,3 per cento del Centro-Nord. Resta molto elevato il tasso di disoccupazione: 23,6 per cento, contro il 9,1 per cento nel Centro-nord. I giovani ne risentono fortemente. Oltre uno su due (51,5 per cento) è insoddisfatto della situazione economica. Questo valore non raggiunge invece il 41 per cento nel Centro-nord. Oltre un terzo dei giovani millennials considera inoltre peggiorata la situazione economica. Oltre un giovane meridionale su cinque (21,8 per cento; 15 per cento nel Centro-nord) si dice insicuro verso il proprio futuro.

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Tasso di occupazione: Italia penultima in Ue
Negli ultimi anni si sono avvertiti gli “effetti strutturali – scrive l’Istituto di statistica – di una lunga fase di stagnazione economica, cui si sono succedute in rapida sequenza le ripercussioni critiche di due eventi di portata storica. La Grande crisi del 2008 – che ha avuto effetti protratti fino almeno al 2015 – e la Pandemia da Covid-19″. Questo ha inciso sui divari territoriali del mercato del lavoro. Nel 2022 il tasso di occupazione rilevato fra i giovani italiani (33,8 per cento) è di 15,4 punti inferiore rispetto alla media Ue27. Ciò colloca l’Italia nella penultima posizione – prima della sola Grecia – per quota di occupati sulla popolazione 15-29 anni. “Tale parametro risulta invariato su base decennale (era del 33,8 per cento anche nel 2010), arco di tempo in cui il divario con l’Europa si è ampliato (era -11,7″). Inoltre, nel 2022 l’Italia presenta un numero di giovani disoccupati relativamente consistente. È pari al 18 per cento del totale, che la colloca “nei primi posti di questa non invidiabile graduatoria (terza dopo Grecia e Spagna). In questo caso, il trend discendente su base decennale (-2,6 per cento) è stato inferiore a quello medio Ue (-6,2 per cento)”, evidenzia l’Istat.

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I Neet: giovani che non studiano e non cercano lavoro
Il tasso di occupazione dei giovani del Sud è più basso di 24,3 punti rispetto al resto del Paese. Il tasso di occupazione è anche molto basso fra le giovani donne del Mezzogiorno: 31,7 per cento (59,3 per cento nel Centro-nord), in ulteriore calo rispetto al periodo-base (nel IV trimestre 2004: 32,8 per cento). Tra le regioni più in ritardo, l’Istat elenca la Calabria (tasso di occupazione 35,8 per cento; 27,4 per cento femminile), la Sicilia (37,2 per cento; 27,5 per cento) e la Campania (39,4 per cento; 31,3 per cento). Tutte le regioni meridionali si collocano al di sotto della media nazionale; tutto il Centro-nord (eccetto il Lazio) al di sopra. Istat evidenzia come le “difficoltà oggettive a collocarsi utilmente nel mercato si traducono tipicamente in una minore propensione a cercare lavoro“. Anche per questo è molto più ampia la quota nei Neet (Not in education, employment or training), i giovani che non studiano, non lavorano e non si formano. Sono il 43,1 per cento dei 20-29 enni inattivi del Mezzogiorno (poco meno di 478 mila unità) contro i 26,5 per cento del Centro-nord (circa 350 mila giovani).