Giù le mani dai romanzi? Sì, anche la Francia, terra del libero pensiero e della tolleranza all’insegna della ragione, la nobile patria di Voltaire e Houellebecq, sembra destinata a piegarsi alle regole (ruffiane) del politicamente corretto, aprendo ad uno scontro generazionale.
Il teatro dello scontro è il premio Goncourt, il più importante, capace di consacrare carriere e segnare successi internazionali. Al centro c’è il romanzo Que notre joie demeure, firmato da Kevin Lambert che ha dichiarato via social network di essersi avvalso della consulenza di una poetessa haitiana per scongiurare “le trappole degli autori bianchi” quando si trovano a dover descrivere e dare voce a personaggi di colore. Sì, Lambert si è avvalso di lettori sensibili – sensitive readers – una pletora di lettori selezionati per la loro particolare attenzione alle tematiche lgbtq, razza e sessualità, con il compito di rileggere un manoscritto andando alla ricerca di possibili offese contro le minoranze, contribuendo a “migliorare” i testi per non offendere nessuno e aumentarne l’inclusività. E anche la commerciabilità in epoca social.
Approccio softcore in punta di piume
Chiariamoci. Se si trattasse di una norma di legge, di un regolamento di uso civile o di qualsivoglia aspetto della vita quotidiana, sarebbe un intento meritorio, teso a eliminare ogni forma di discriminazione; ma nel momento in cui si parla di fiction e letteratura, ha davvero senso questo approccio softcore in punta di piume? Arrotondare gli spigoli, azzerare lo scontro, abbellire il gergo dei personaggi significa sterilizzare la prosa o – viceversa – avvicina nuovi lettori e fa in modo che nessuno possa sentirsi offeso?
In questo discorso non c’è spazio per il celebre e ipervenduto Il mondo al contrario del generale Roberto Vannacci che dopo aver furoreggiato su Amazon, sarà presto in libreria, destinato a numeri da record. Senza entrare troppo nel merito, in questo caso si tratta di un’opera che professa un manifesto di pensiero che accusa la società di essere cedevole verso le minoranze. Ma nel caso della narrativa, che senso ha?
Cancel culture anche su Greci e Romani
Nel suo bel saggio – Chi ha paura dei Greci e dei Romani? Dialogo e cancel culture (Einaudi) – Maurizio Bettini ci ricorda che in America i classici greco-latini sono al centro di un feroce dibattito e accusandoli di sessismo e suprematismo bianco, c’è chi li vorrebbe fuori dalle università, nel segno di un movimento che ha preso il nome di decolonizing classics. E in questo mondo che corre da una notizia all’altra, rammenta che quando fu necessario tradurre la poesia recitata da Amanda Gorman durante l’insediamento di Joe Biden, alcune case editrici boicottarono traduttori maschi e caucasici, reputandoli aprioristicamente inadatti al compito di dar voce ad una poetessa di colore. Sia come sia, favorevoli o contrari, questa polemica è viva e racconta la nostra società e le sue controversie. Chiamato in causa, Kevin Lambert ha affermato che “la lettura sensibile, contrariamente a quanto dicono i reazionari, non è censura” ma, volente o nolente, il suo libro è già un caso letterario che presto approderà anche da noi (con relative polemiche).