A oltre due anni dallo scoppio della pandemia, il 26,9 per cento dei giovani siciliani ritiene la didattica a distanza (Dad) responsabile di aver peggiorato la propria formazione, mentre il 36,2 per cento ha evidenza dei molti disagi psico-sociali che essa ha provocato agli studenti. Sono stati presentati oggi a Catania, in occasione dell’edizione siciliana della “Fiera Didacta Italia”, i dati del decimo Rapporto di ricerca realizzato dall’Osservatorio “Generazione Proteo” dell’Università degli Studi Link, che ha visto intervistati centinaia di studenti della regione Sicilia di età compresa tra i 16 e i 19 anni. I risultati, che offrono un focus specifico nel territorio sul mondo della scuola e sulle trasformazioni in atto in ambito formativo e relazionale nel post-pandemia, si inseriscono nella cornice del Rapporto di ricerca dell’Osservatorio, che ha tracciato l’identikit di circa cinquemila studenti italiani. Ne esce un panorama complesso: si reclama più tecnologia e capacità di ascolto, gli insegnanti sono promossi in quanto a competenze e preparazione, ma non certo sull’utilizzo degli strumenti digitali. Il ritorno in presenza segna la riconquista piena delle relazioni: migliorano i rapporti con docenti (33,9 per cento) e compagni di classe (48,5 per cento).
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Didattica a distanza e disagio psicologico
Per effetto della didattica a distanza, è cresciuto il disagio psicologico: a due anni dallo scoppio della pandemia, il bilancio dei giovani siciliani non lascia spazio a dubbi: oltre un intervistato su quattro (26,9 per cento) la ritiene responsabile di aver peggiorato la propria formazione, mentre il 36,2 per cento ha evidenza dei molti disagi psico-sociali che essa ha provocato agli studenti. Di qui dunque la richiesta, formulata da un intervistato su tre (33,5 per cento), di investire i fondi del Pnrr destinati alla scuola principalmente in attività di supporto psicologico agli studenti, dato che supera in maniera significativa il sentire comune emerso dal Rapporto nazionale (26,3 per cento). Le difficoltà sperimentate con la Dad trovano conferma nei sentimenti che hanno accompagnato il ritorno a scuola dei giovani siciliani, che è stato vissuto principalmente all’insegna dell’emozione (29,3 per cento), nonché come una vera e propria forma di liberazione (24,4 per cento). In linea con il dato nazionale, oltre la metà degli intervistati ritiene imprescindibile che nel post-pandemia la scuola riacquisti definitivamente la propria dimensione “in presenza” (56,1 per cento).
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Gli studenti siciliani credono nella laurea
Gli insegnanti, al giudizio degli intervistati, vengono promossi su competenze e preparazione ma bocciati su tecnologie. Se da un lato i giovani siciliani ne premiano senza dubbio la preparazione (52 per cento buono; 26,3 per cento ottimo) e le competenze didattiche (48,3 per cento buono; 9,5 per cento ottimo), emergono per contro giudizi più critici circa la padronanza delle tecnologie (27,1 per cento insufficiente; 54,1 per cento sufficiente) e la capacità di ascolto (27,6 per cento insufficiente; 42,2 per cento sufficiente). Nel complesso, il 33,7 per cento ritiene che gli insegnanti più bravi lo siano per una propria vocazione personale, mentre il 24,5 per cento li percepisce stressati. Per il 10 per cento essi sono oppressi da troppa burocrazia. La ricerca mette infine in luce la ferma convinzione degli studenti intervistati circa l’importanza della laurea nel mondo del lavoro, segnalata dal complessivo 67,3 per cento dei giovani. Per il 36,8 per cento, la preparazione universitaria è imprescindibile per qualsiasi lavoro futuro. Tale convinzione trova conferma nella netta propensione degli studenti siciliani a intraprendere gli studi universitari dopo la maturità (73,9 per cento), con un significativo distacco rispetto al dato nazionale (47 per cento).
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La scuola come luogo di dialogo e partecipazione
“Per i giovani siciliani – dichiara Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio Generazione Proteo – la scuola è soprattutto sinonimo di conoscenza, ma anche un luogo di dialogo e partecipazione, elementi che rivestono un ruolo cruciale nelle valutazioni che gli studenti esprimono sui propri insegnanti. A pesare sul giudizio dei giovani è in primis la necessità di sentirsi parte integrante del processo di formazione e apprendimento, da strutturare sempre più all’insegna del learning by doing”. Il condirettore della ricerca, Marica Spalletta, ha aggiunto che “i giovani siciliani attribuiscono grande importanza al valore della conoscenza e sono desiderosi di investire nella propria formazione universitaria. Credono nella scuola come luogo di dialogo, socialità e partecipazione e sollecitano i propri insegnanti a un ‘upgrade’ che consenta loro di rispondere più efficacemente ai tempi che cambiano”.