Una delle più antiche varietà di grano duro siciliano, il Perciasacchi, potrebbe essere minacciata dalla concorrenza di aziende esterne all’Isola. E persino da multinazionali, che potrebbero approfittare delle novità nella normativa per mettere in commercio prodotti molto simili. “In questo momento ci sono ben quattro varietà di grano turanico, molto simile al Perciasacchi, in corso d’iscrizione presso il Registro delle varietà vegetali del ministero dell’Agricoltura”, dice a FocuSicilia Paolo Caruso, agronomo e consulente esterno del dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell’Università di Catania. Il Perciasacchi è iscritto al Registro nazionale delle varietà da conservazione, e come tale può essere coltivato esclusivamente in Sicilia da un numero ristretto di agricoltori “custodi”. I quali sarebbero messi in estrema difficoltà se l’autorizzazione di varietà simili andasse a buon fine. “Come faranno a mantenere il proprio prodotto sul mercato, davanti a una tale concorrenza?”, si chiede Caruso. Per l’esperto “urge una risposta immediata”, visto che i produttori siciliani “non possono buttare al vento decenni di sacrifici”.

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Un problema di tassonomia
Alla base della querelle c’è un problema di tassonomia. Il Registro delle varietà vegetali è basato sul concetto di specie. Sia il Perciasacchi che il cosiddetto turanico – o Korashan, dal nome della regione del Medio Oriente in cui la varietà avrebbe avuto origine, tra Iran, Turkmenistan e Afghanistan – appartengono alla specie Triticum turgidum. Quest’ultima si divide in due sottospecie: Triticum turgidum durum e Triticum turgidum turanicum. Al momento della sua iscrizione, nel 2014, il Perciasacchi fu considerato appartenente alla sottospecie Durum, ma rilievi più recenti hanno determinato che esso appartiene di fatto al Turanicum. “Sono state effettuate delle indagini molto accurate, da parte del Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore della Regione Siciliana e dall’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo”, precisa Caruso. Per gli esperti, l’iscrizione della specie dovrebbe comportare anche quelle delle sottospecie, come già avviene con altri vegetali. Per esempio il riso, per il quale esiste un solo registro varietale – Oryza sativa – che include le varietà di sottospecie Japonica e Indica.
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Le regole sulla coltivazione
“Quel che è certo è che il Perciasacchi è una varietà locale da conservazione, e può essere coltivata esclusivamente nella zona di iscrizione, come avviene per il grano Russello e il Tumminia”, spiega Caruso. La normativa prevede che la produzione sia limitata all’areale, mentre la lavorazione e la commercializzazione del prodotto possono avvenire anche altrove. “Ciò spiega in parte come sementi siciliane siano arrivate su altri territori, dove evidentemente sono state seminate”, osserva l’agronomo. Malgrado le sanzioni previste siano salate, infatti, capita che ci siano produttori che coltivano le varietà locali “fuori zona”. “Un comportamento assurdo, visto che tra l’altro espone a seri rischi legali”, aggiunge Caruso. Tornando al Perciasacchi, i produttori siciliani autorizzati a coltivare questa varietà sono meno di trenta, e producono quasi tutti in regime di agricoltura biologica. “Immaginate cosa potrebbe accadere se una multinazionale mettesse sul mercato un prodotto simile. I ‘piccoli’ non potrebbero mai reggere”, denuncia Caruso.

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Multinazionali in agguato
Al momento, il prodotto è venduto tra gli 80 centesimi e l’euro al chilo, ma il prezzo è soggetto a forti oscillazioni e non sempre, negli anni passati, ha permesso ai coltivatori di andare in pari. I produttori, inoltre, devono fare i conti con i rincari di energia e materie prime, e da qualche mese con le tensioni generate dal conflitto in Ucraina. Il pericolo che si aggiunga anche la concorrenza sleale da parte di produttori esterni, spiega Caruso, è concreto. “Il Perciasacchi, per le sue particolari caratteristiche, è considerato una delle migliori alternative ad alcune farine di largo consumo commercializzate da multinazionali”. Non è un caso, spiega l’agronomo, che una delle quattro richieste di iscrizione di grano turanico presenti nel database del Sian, il Sistema informativo agricolo nazionale del ministero dell’Agricoltura, venga proprio da una multinazionale. “Non si può permettere che coltivatori che hanno investito tempo, denaro ed energie per custodire questa varietà siano travolti sul mercato”, dice l’agronomo.
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Le richieste al Ministero
A complicare la situazione, nel 2019, è arrivata l’istituzione del Registro volontario dei grani turanici. Tale registro non è di facile reperimento e le sue funzioni non sono chiare, visto che tuttora le varietà di grano Khorasan continuano ad essere iscritte al database del Sian sotto l’elenco specie vegetali. Gli esperti temono che possa facilitare ulteriormente tentativi di concorrenza sleale da parte di produttori di turanico. La questione, posta all’attenzione dell’assessorato regionale all’Agricoltura, ha portato nel settembre 2021 a una richiesta di chiarimenti al Ministero. “È evidente che il potenziale commerciale ed economico che il grano Perciasacchi riscuote oggi attrae nuovi interessi commerciali legati al grano turanico o Khorasan”, si legge nella lettera firmata dal dirigente generale dell’assessorato Dario Cartabellotta. Il registro volontario del turanico, prosegue il dirigente, “provocherebbe un danno ai produttori locali a scapito degli investimenti fatti per valorizzare le varietà locali”, fornendo di fatto “uno strumento per aggirare le prescrizioni”.

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“Lavoro dei produttori a rischio”
Da qui la richiesta di istituire un tavolo tecnico “al quale partecipino portatori di interesse delle filiere locali delle varietà da conservazione, al fine di individuare ambiti e prescrizioni per la gestione del germoplasma italiano afferente ai grani turanici”. Fuori dai tecnicismi, di trovare una soluzione affinché il Perciasacchi, tutelato sulla carta, non sia travolto da surrogati prodotti in quantità notevolmente maggiore e magari a prezzo più basso. “Al momento non abbiamo avuto risposa dal ministero sulla richiesta di un tavolo tecnico”, dice a FocuSicilia il dirigente Cartabellotta. A rischio c’è “il lavoro di tanti produttori locali”, visto che l’apertura ai grani turanici “crea un problema di mancata valorizzazione dell’identità”. Il pericolo è che la categoria del turanico “assorba” il Perciasacchi, “offuscando il grande lavoro che fanno i nostri produttori”. Grazie a lori questo grano antico siciliano ha assunto notorietà nazionale. “Vederselo copiato, e copiato in malo modo, non sarebbe una bella cosa”, conclude il dirigente.
Scusate un po ma però se sti custodi dovevano conservare durum e oggi si accorgono che c’anno turanicum forse hanno sbagliato lavoro….
Di che si stanno a lamentà? O al solito pretendano privilegi che non meritano…
A curare i campi dovete stare che sicuro ne tengono bisogno!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!