In Sicilia, nel 2022, coltivare un ettaro di grano è costato circa 400 euro in più che nel 2021. In termini percentuali, un rialzo tra il 50 e il 60 per cento, dovuto all’aumento dell’energia, dei carburanti e dei concimi. È quanto ha calcolato un gruppo di produttori locali consultato da Paolo Caruso, agronomo e consulente esterno del dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell’Università di Catania. Intanto i prezzi rimangono fermi, in attesa della fine della trebbiatura in corso in questi giorni. “La borsa merci di Foggia, tra i riferimenti principali per calcolare il prezzo del grano nel Mezzogiorno, non aggiorna i listini da due settimane”, dice Caruso. La sospensione delle contrattazioni del grano, spiegano dalla Camera di Commercio di Foggia a FocuSicilia, è “una consuetudine consolidata da decenni”, e il prossimo listino potrebbe essere pubblicato “già mercoledì 22 giugno”. “Nel frattempo, però, c’è il rischio che i produttori locali siano esposti a speculazioni sulle scorte di grano presenti in magazzino”, osserva Caruso.
Leggi anche – Grano, la guerra spaventa ma il clima di più. Coldiretti: “Scorte a rischio”
Come nasce il prezzo
A differenza di altri tipi di prodotto, il prezzo del grano non è fissato a livello nazionale. Esistono alcuni punti di riferimento – la già citata Borsa di Foggia in Italia, il Chicago Board of Trade a livello internazionale – ma la decisione finale è affidata all’accordo tra privati. Accordo su cui pesano fattori contingenti, spiega Caruso, “come la necessità di vendere le scorte per fare spazio al nuovo raccolto, vista l’assenza di centri di stoccaggio dedicati in Sicilia”. Tale urgenza, aggiunge l’agronomo, potrebbe aprire il fianco a speculazioni economiche. “I coltivatori, pressati dalla necessità di vendere e privi di riferimenti, potrebbero accettare un compenso troppo basso dai compratori”. Restare con i magazzini pieni di invenduto e non riuscire a stoccare il nuovo raccolto, d’altra parte, rappresenta un pericolo persino maggiore. “Per questo il rischio di speculazioni è concreto”.
Leggi anche – Agricoltura, dalla ricerca uno strumento contro la crisi: il progetto Mixwheat
Grani antichi, rese dimezzate
Se il prezzo del grano ha grosso modo dei punti di riferimento, per i grani antichi la situazione si complica ulteriormente. Le 54 varietà autoctone siciliane – che coprono circa il due per cento delle coltivazioni regionali, con circa cinquemila ettari su 260 mila complessivi seminati a grano – hanno una resa più che dimezzata rispetto alle varietà “normali”. Il prezzo di vendita è giocoforza più alto, ma in mancanza di un sistema ufficiale di rilevazione, fissarlo è molto complicato. “Spesso i produttori chiamano pochi addetti ai lavori per sapere l’andamento dei prezzi”, ammette Caruso. I seminatori coordinati dall’agronomo hanno fissato una soglia di prezzo minima. “Per un’azienda con una resa media intorno a 1,5 tonnellate per ettaro, vendere il grano a meno di 90 centesimi o un euro al chilo diventa antieconomico”.
Leggi anche – Agricoltura, cinque miliardi l’anno sospesi tra ambiente ed economia
Speculatori in azione
Una situazione inedita, visto che negli anni passati i circa 200 produttori siciliani “potevano beneficiare di un conto economico abbastanza favorevole, in virtù del ridotto impiego di input”. Le cose sono cambiate con la crisi economica, l’aumento dell’energia e delle materie prime, che come detto hanno fatto lievitare i prezzi per tutto il settore. “Per fare un esempio, il prezzo del gasolio agricolo l’anno scorso era di circa 70 centesimi al litro, adesso è arrivato a 1,6 euro al litro”, spiega Caruso. A pesare sono anche i rincari di fertilizzanti e concimi, il cui componente principale, l’urea, viene prodotto da Cina, Ucraina e Russia e ha subito un balzo dall’inizio della guerra tra Mosca e Kiev. Un quadro complicato da tanti fattori, insomma, nel quale i produttori siciliani “rischiano di rimanere schiacciati”.
Leggi anche – Concimi, la guerra in Ucraina minaccia l’agricoltura siciliana. “Costi triplicati”
Voci sotto la trebbia
Per evitare questo rischio, alcuni seminatori hanno dato vita a iniziative spontanee. Come il progetto “Voci sotto la trebbia“, dove numerose realtà del Mezzogiorno condividono i prezzi praticati “per sopperire alla mancanza di informazioni che si riscontra durante il periodo del raccolto, quando le borse merci sospendono i lavori per almeno 15 giorni”. Consultando la mappa digitale presente sul blog, risulta che il frumento siciliano attualmente è venduto tra i 50 e i 55 centesimi al chilo. “Si tratta di una quotazione attendibile per il grano duro, la varietà più coltivata sull’Isola, mentre per i grani antichi, come detto, il prezzo è circa il doppio”, spiega Caruso. Per l’agronomo l’esperimento di “Voci sotto la trebbia” è interessante e andrebbe implementato coinvolgendo più produttori. La battaglia sul prezzo, infatti, è centrale per il futuro del settore. “Sbagliare i conti equivarrebbe a un passo falso difficilmente rimediabile e aprirebbe la strada a business antitetici all’agricoltura e speculatori di vario genere”.