Imprese “bio”, il Mezzogiorno supera il Centro Nord. Effetti positivi sul lavoro

L’economia “bio”“può essere una potente chiave di sviluppo”, e ilSude leIsolesembrano averlo capito meglio delCentro Nord:nel Mezzogiorno il 23,6 per cento delle aziende adotta infatti unapproccio sostenibile,contro il 19,7 per cento del Settentrione. Gli effetti sono positivi sulla produzione, ma anche sul lavoro. A dirlo è uno studio promosso daIstituto Tagliacarne, il centro studi delle Camere di commercio,eSvimez,Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.Il risultato conseguito dal Sud Italia è frutto di una strategia coltivata negli anni precedenti nella qualesostenibilità fa rima con innovazione.Quasi il 60% delle imprese, infatti, “ha investito o investirà in tecnologie 4.0 tra il 2017 e il 2024, contro il 56,3% del Centro Nord”. Importante ilrapporto con le realtà localipiù all’avanguardia. Su questo fronte la metà delle imprese di Sud e Isole “ha adottato unmodello diopen innovation,aperto a collaborazioni con Università, clienti e fornitori per unacrescita strutturata del territorio e delle filiere produttive, contro il 46,1% del Centro Nord”. Leggi anche –Sostenibilità, Sicilia seconda solo alla Lombardia. I dati Cribis-Sicindustria Un’azienda, si legge nello studio, può essere definita “bio” quando“utilizza risorse biologiche,inclusi gli scarti,nelle proprie produzioni”.Altra caratteristica di queste realtà è “investire in green e innovazione”. Su questo fronte, “il 63,4% delle imprese bio delMeridioneha investito tra il 2017 e il 2024 in processi e prodotti a maggior risparmio energetico, idrico e/o aminore impatto ambientale(contro il 37% delle non bio). In linea con quanto si è verificato nelCentro-Nord(63,2%, contro il 35,2% nelle non bio)”. Quanto alcomparto ricerca e sviluppo,“il 57,3% di queste imprese meridionali ha investito o investirà, contro 45,3% delle non bio”. L’impiego delle risorse, del resto, paga. “Lerealtà imprenditorialiche hanno già puntato tra il 2017 e il 2021 sul digitale dichiarano di avere ottenuto unamaggiore produttività(28%), unamigliore qualitàdei prodotti eminori scarti(24,4%), una maggiore velocità nel passaggiodal prototipo alla produzione(23,2%), nuove funzionalità del prodotto derivanti dall’Internet of things(22%)”. Leggi anche –Sostenibilità: Eni e Sicindustria incontrano le imprese del territorio Innovazione e ricerca e digitale,del resto, sono fondamentali per la transizione ecologica. Le motivazioni che spingono le imprese del Sud e delle Isole a investire in questa direzione sono diverse. Si tratta di “rispondere alle regole e alle normativeimposte a livello nazionale ed europeo” (56,1%), “aumentare la propriacompetitività” (52,4%), “reagire all’aumento dei prezzi delle materie prime ed energetiche” (30,5%) e “contrastare l’inquinamento e ilcambiamento climatico” (29,3%). Oltre a rendere le aziende biologiche più performanti e sostenibili, queste scelte portano aeffetti positivi anche sui lavoratori.Sia dal punto di vista sociale che da quello professionale, sottolineano gli esperti nello studio. “Il 61% delleimprese bio del Mezzogiornoha avviatopercorsi formativi per i propri dipendentinel biennio 2017-2019, e ha intenzione dicontinuare le attività di formazioneanche nel biennio 2022-2024 (57% nelle non bio meridionali)”. Una quota che si presenta “anchepiù elevata nel Centro-Nord(62,5% contro il 54,7%)”. Leggi anche –Sostenibilità, per il 2030 la Sicilia è al passo sul “goal” dei rifiuti A commentare i risultati della ricerca è ildirettore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito.Lafiliera della bioeconomia“si pone come un prezioso asset” per il Mezzogiorno, anche perché valorizza “segmenti diversi della catena produttiva, come quello dell’agricoltura,che costituisce tradizionalmenteun’eccellenza del territorio“. Ecco perché le imprese biologiche dovrebbero essere “al centro di policy di rilancio della crescita per il Sud, anche attraversopolitiche di incentivazione mirate”. Sulla stessa linea ildirettore generale di Svimez Luca Bianchi,secondo cui “si conferma quanto rilevato in questi anni circa lepotenzialità di sviluppo offerte dai nuovi settori dell’economia circolaree della bioeconomia, in particolare per il Mezzogiorno”. Una strategia che per realizzarsi pienamentenon può prescindere dagli investimenti statali,nel Sud come nel Nord. “Le importanti esperienze oggi presenti siano accompagnate dapolitiche industriali e di filierafunzionali a renderle più solide e a favorirne la crescita anche dimensionale”.