Imu, in Sicilia costa il 7% del Pil pro capite. Sulle case di lusso si risparmia
A giugno milioni di famiglie italiane hanno pagato l’anticipo dell’Imu,Imposta municipale per il possesso di fabbricati, ma c’è chi ha sborsato di più e chi ha risparmiato un bel po’, solo perragioni territoriali.In Sicilia l’Imu nei capoluoghi costa in media 1.420 euro l’anno. In termini assoluti c’è chi paga di più, ma rispetto al Pil pro-capite, che in Sicilia supera di poco i20 mila euro l’anno, è il quarto dato più alto in Italia (7%). Sono i dati delreport Imu 2024 realizzato dal Centro studi del sindacato Uil.In termini assoluti varie città dell’Isola figuranotra i capoluoghi meno costosi del Paese,Messina(519 euro l’anno),Caltanissetta(549 euro),Enna(574,5 euro),Palermo(681 euro) eRagusa(682 euro). A livello nazionale la“classifica” dell’Imunelle regioni è guidata dallaCampania, dove l’imposta è costata 1.830 euro l’anno il 9% del Pil pro-capite. SeguonoSardegna(1.985 euro, 8%) ePuglia(1.600 euro, 7%). Le regioni in cui l’imposta è più bassa sono inveceLombardia(1.785 euro, 4%),Valle d’Aosta(1.420 euro, 3%) e ilTrentino Alto Adige(1.090 euro, 2%). Leggi anche –Imu, Siracusa la più cara. Ma il costo medio in Sicilia è inferiore all’Italia Le differenze dipendono dalladiversa situazione degli Enti locali,che si finanziano anche grazie a questa imposta. “L’Imu rappresenta una delle principali tasse immobiliari in Italia, applicata a unavasta gamma di proprietà,incluse seconde case, immobili di lusso, pertinenze e altre categorie immobiliari come terreni edificabili e immobili commerciali”, ricordano i tecnici dell’Uil. Sono escluse le prime case, a patto che non rientrino nellecategorie catastali A1, A8 e A9,non siano cioèabitazioni signorili, ville e castelli.Quanto alle modalità di calcolo, “il pagamento dell’acconto si basa sullealiquotee sulledetrazionistabilite dai Comuni per l’anno precedente”. L’incognita però riguarda ilsaldo, previsto per il 16 dicembre 2024, visto che esso “includerà eventuali aggiustamenti basati sullenuove aliquote deliberate dai Comunie pubblicate sul sito delMinistero delle Finanze“. Gli abitanti di Comuni con problemi di cassa, insomma, potrebbero essere chiamati apagare di più,generando “differenze sostanzialinella pressione fiscale“. Leggi anche –Comuni siciliani, la crisi è strutturale. Anci: “I decreti non bastano” A incidere, naturalmente, è anche ilvalore degli immobili.Un fattore che contribuisce a spiegare la presenza di molte “siciliane” tra le città meno care. Secondo Uil, infatti, “nelSud Italiae nelleIsole,i costi medi dell’Imu (per tutte le città, capoluoghi compresi, ndr) sonoinferiori rispetto al Nord,pari rispettivamente a 982 euro e 829 euro annui”. Una differenza che per i tecnici “è indicativa del diversovalore degli immobilinelle varie aree del Paese”. NelNord Ovestinfatti “il costo medio annuo dell’Imu è di 1.027 euro annui” mentre nelNord Est“sale a 1.060 euro” e nelCentro“si attesta a 1.144 euro”. Come detto l’imposta varia in base tipo di proprietà.Quelli di lusso pagano di più, ma anche in questo caso ci sonoforti oscillazioni.In Sicilia, per esempio, tre città figurano tra i capoluoghi meno costosi d’Italia per questa categoria. Si tratta diCaltanissetta(1.315 euro l’anno),Ragusa(1.083 euro l’anno) eMessina(1.018 euro l’anno).Case dello stesso valore,in altre zone del Paese, pagano imposte ben più alte. Le città più care sonoGrosseto(6.828 euro l’anno),Milano(5.966 euro l’anno) eRoma(5.774 euro). Leggi anche –Catasto, con la revisione “più equità e nuove opportunità per le aree interne” Valori che dimostrano “notevoledisparità tra le diverse zonedel Paese”, ribadisce Uil. Una situazione che andrebbe superata, scrive la segretaria confederale del sindacato,Vera Buonomo.“Il nostro rapporto mette in luce la necessità urgente di unariforma strutturale del catastoper garantire unatassazione più equa sugli immobiliin Italia. Questa riforma, spesso annunciata ma mai attuata, è fondamentale percorreggere gli squilibriattuali”. Il pericolo, sottolinea la segretaria, è che la toppa sia peggiore del buco, proprio sul fonte dell’equità. “La riforma deve essererealizzata con attenzione,assicurando che non si traduca in un aumento del carico fiscale complessivo generalizzato, ma piuttosto sia finalizzata a una redistribuzione più giusta delle imposte sugli immobili”. Per questo qualsiasi intervento normativo dovrebbe tenere conto “dellespecificità economiche delle diverse regioni,correggendo ledisparità esistenti,assicurando che il prelievo fiscale sia proporzionato al valore reale degli immobili e allacapacità di ciascun contribuente“.