L’Italia ha bisogno degli stranieri. Per invertire una curva demografica in calo da molti anni, e per evitare che l’economia si fermi per mancanza di manodopera. A dirlo sono i numeri. Tra il 2020 e il 2021, i cittadini stranieri sono cresciuti di oltre 132 mila unità. Nello stesso periodo, però, gli italiani sono diminuiti di oltre mezzo milione. È quanto si legge nel XII rapporto annuale su “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia”, realizzato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il calo va avanti dal 2014, “con una contrazione, su tutto il periodo, pari a 1,4 milioni di residenti (meno 2,3 per cento)”. Una tendenza accelerata anche dalla pandemia, che “ha determinato una marcata accelerazione delle tendenze demografiche già in atto”. Gli italiani diminuiscono e gli stranieri aumentano, insomma, ma non abbastanza per soddisfare la richiesta di manodopera qualificata nel nostro Paese. Un esempio è l’Etna Valley di Catania, dove molte aziende – a partire da StMicroelectronics – faticano a trovare lavoratori specializzati. A riconoscerlo è la stessa premier Giorgia Meloni, che a dicembre 2022 ha emanato un Dpcm nel quale si legge che “sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro […] i cittadini stranieri residenti all’estero in una quota complessiva massima di 82.725 unità”.

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Il decreto flussi del Governo
Come detto, non si tratta soltanto dei “lavori che gli italiani non vogliono più fare”. Il decreto, infatti, entra nel dettaglio delle figure professionali richieste. Degli 80 mila stranieri “autorizzati” per quest’anno, 44 mila sono ammessi “per motivo di lavoro subordinato stagionale nei settori dell’agricoltura e turistico-alberghiero“. Contratti di poche settimane per lavorare nei campi o nelle attività ricettive, insomma. Ma ci sono anche 38.705 lavoratori ammessi per “motivi di lavoro subordinato non stagionale”. I loro contratti, in altre parole, dureranno più di qualche mese, e la loro manodopera è richiesta “per i settori dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare e della cantieristica navale”. Mansioni più specialistiche, essenziali per l’economia italiana. Inoltre sono previste quote per lavori più “elitari”, dall’impresa alla finanza, fino alla creatività e alla tecnologia. L’articolo cinque del Dpcm prevede infatti una quota di 500 lavoratori stranieri compresi tra “imprenditori”, “liberi professionisti”, “titolari di cariche societarie di amministrazione”, “artisti di chiara fama o di alta e nota qualità professionale” nonché “cittadini stranieri che vogliono costituire start up innovative“.
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Le comunità straniere più popolose
Anche in questi settori, dunque, l’Italia ha bisogno di “aiuto” dall’estero. Quanto alla situazione attuale, la presenza di cittadini stranieri nel Paese è abbastanza variegata. Secondo il rapporto del ministero del Lavoro, al 2021 la comunità straniera più rappresentata in Italia è quella romena (un milione e 76 mila residenti). A seguire, si legge ancora nel documento, la comunità albanese (421 mila) e quella marocchina (414 mila). Anche la popolazione straniera è soggetta a oscillazioni, dovute a fattori contingenti. Tra il 2020 e il 2021, per esempio, si riduce la presenza della comunità romena (meno sei per cento), mentre si rileva un incremento delle comunità albanese (più 2,7 per cento) e marocchina (più 3,5 per cento). Quella dei cittadini spagnoli, benché più modesta nei numeri, cresce del 25,7 per cento. Incrementi significativi, osserva il ministero del Lavoro, si registrano anche per la comunità cinese (14,4 per cento) e per quella del Bangladesh (13,8 per cento). Viceversa, cala la presenza polacchi (meno 10,3 per cento) e bulgari (meno 11,1 per cento).

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Exploit di assunzioni nel 2021
Il report fornisce ulteriore dettagli sui numeri e sui principali settori di impiego. Tra il 2020 e il 2021 “il numero di contrattualizzazioni destinate agli stranieri è complessivamente cresciuto di 8,6 punti percentuali”, aumento “pari al 10,1 per cento per gli Extra UE e pari al 4,7 per cento per gli Ue”. A livello settoriale, l’industria italiana ha visto crescere le assunzioni di filippini (più 51 per cento), peruviani (più 48 per cento) ed ecuadoregni (più 40,4 per cento), mentre nelle costruzioni sono amentate le contrattualizzazioni di pakistani (più 99,4 per cento), tunisini (più 69,5 per cento), peruviani (più 68,7 per cento) e ghanesi (più 66,2 per cento). Per quanto riguarda il commercio e le riparazioni, crescono le assunzioni di filippini (più 36,9 per cento), ecuadoregni (più 35,5 per cento), peruviani (più 26,5 per cento), bangladesi (più 25,3 per cento) e srilankesi (più 24,4 per cento). Infine, per le altre tipologie di servizi, l’aumento riguarda per lo più bangladesi (più 27,1 per cento) e ghanesi (più 22,9 per cento), mentre calano egiziani (meno 10,3 per cento), ucraini (meno 10,1 per cento), peruviani (meno 7,1 per cento) e moldavi (meno 6,5 per cento).