In Sicilia economia debole, spiega Istat. Un flop la politica di Coesione

LaSiciliaresta una regione dall’economia debole. Lo ha certificato pochi giorni fa ilrapporto Annuale Istat 2024, ma lo aveva fatto anche il9° rapporto sulla coesione economica, sociale e territorialepubblicato dallaCommissione europealo scorso marzo. Negli ultimi 16 anni, Covid-19 compreso, la Sicilia non è mai riuscita ad accorciare ildivariocon ilNord Italia. Piuttosto, spiega Istat, lecongiunture economichehanno contribuito a consolidarlo e/o aumentarlo nel tempo. Non va meglio inEuropa, perchè nonostante la pioggia di miliardi arrivati negli ultimi 20 anni daiprogrammi della politica di coesione, ilPil pro capiteè rimastoinferioredi quasi il 60% rispetto la media Ue. Così – numeri alla mano – la nostra regione si avvicina più ai territori della Romania. Stando al 9° rapporto sulla coesione, la Sicilia è più vicina ai valori economici delle regioni dell’Est europeoperPil pro capite. Il che suonerebbe certamente come un ritardo considerato, ad esempio, laRomaniaè entrata nella Comunità Europa appena nel 2007. Il paragone non è un caso, lo vedremo. L’economia in Sicilia è debole e rallentata dallalentezzadella spesa deifondi Fsedella programmazione 2021-2027. Grazie ai quasi5,8 miliardi di euro disponibili, nessun progetto e stato concluso e nessuno liquidato nonostante l’approvazione del programma risalga al2022(datiOpencoesione). Per un’analisi nazionale, basta richiamare nuovamente il Rapporto Annuale 2024 di Istat. “La forza economica dei territori, intesa dall’istituto come la capacità diprodurre ricchezza, viene analizzata guardando alla presenze diimprese,dimensioneeoccupazionegenerata. Laspecializzazione settoriale, illivello di produttivitàe lasoliditàdelle attività rispetto aglishock avversi. Messi insieme questi elementi mostrano, appunto, una Sicilia agliultimi postitra le regioni italiane per forza economica. Leggi anche –Economia: la Sicilia sta in piedi sui mattoni. Il Nord-est l’area più ricca Utilizzando il criterio scelto dell’Istituto nazionale di Statistica, la Sicilia rientra nel range“abbastanza debole”o“molto debole”per forza o robustezza della propria economia. Una condizione rappresentata dai colori che variano dal giallo scuro, all’arancione, al rosso. La Sicilia non è quindi una regione, nè ha province, economicamente“abbastanza forti”e“molto forti”, che invece sono colorate di giallo chiaro, verde scuro o chiaro. Nellacartografiaproposta da Istat lapenisolasispaccacome nella più classica della rappresentazioni degli ultimi 170 anni: dalLazio in sugiallo e verde (pochi arancioni chiari) vanno per la maggiore, mentre dalLazio in giùgiallo scuro, arancione e rosso colorano tutte le zone fino alla Sicilia appunto. Le province “molto deboli” si trovano quasi tutte nelMezzogiornoed è evidente. ASudsono il 56,7%, nelleIsolesono il 40% secondo Istat. In Sicilia solo nelle province diCataniaePalermo, entrambe città metropolitane, si osserva una situazioneleggermente migliore(arancione chiaro),“abbastanza debole”. Mentre nel resto della regione è tutto un predominare di arancione scuro, quindi di un’economia“molto debole”.Caltanissettaè l’unica provincia inrossoche certifica latotale assenzadi robustezza economica. Leggi anche –Sicilia, nel 2022 “record di denatalità”. Lo spopolamento nel censimento Istat Il Fondo di coesione è nato nel 1994 per permettere di finanziare lacrescitadelle regioni europee che hanno un Pil pro capite fino al90% inferiorerispetto la media degli stati europei. La Sicilia fa parte dei“territori della coesione”e nonostante iflussi miliardari di finanziamentodegli ultimi decenni anni ha ancora un Pil pro capite piùbassodel59,2%rispetto la media degli altri territori. L’isola non è sola, parità di condizioni ci sono appunto in Romania. Leggi anche –Infrastrutture, Regione: oltre un miliardo dai Fondi di sviluppo e coesione Per comprendere come stia l’economia in Sicilia, analizzando il Pil pro capite attraverso un paragone europeo, basti osservare che a parità di superfice territoriale laregione rumenachiamata delSud-Est(con sei distretti al suo interno) ha una percentuale di Pil pro capite del60,3%inferiore rispetto la media Ue. Quasi uguale a quello siciliano (59,2%). E ancora ilSud-est Oltenia, che insieme alla Muntenia, sempre in Romania, è una delle regioni meridionali più importanti, ha una percentuale di57,3%. Dopo diversi anni di politica di coesione, dunque, la Sicilia è più vicina allecapacità economicheeproduttivedi regioni come quelle della Romania e rischia anche direstare indietro. In base ai dati del 9° rapporto, l’isola come in realtà in resto d’Italia, non è in fase dicrescitadel Pil pro capite come invece ècertificatato(rappresentato nel grafico in basso) per tutti i paesi proprio dell’Europa orientale e dell’estremo Nord. “Più buio di mezzanotte non può fare”. O forse sì. Osservando sempre i dati inseriti nel rapporto della coesione economica, lacrescitadel Pil pro capite in Sicilia “è ancorainferiorealla media dell’UE e inferiore alla media degli stati membri”. Il detto è particolarmente antipatico, ma racconta bene il risultato raccolto dalla Sicilia dal 2000 al 2021 (ancora tabella in alto). Il report europeo analizza iprogressidella programmazione di coesione economica dividendoli quasi in decenni. Fin dai primi anni del 2000 e fino al 2008 (periodo della Grande recessione) i territori del Sud Italia hanno disatteso anche ilmodello economicoche prevede, scientificamente, una maggiorecapacità di risalitaper le economie che partono da unPil pro capite basso. Andiamo nel dettaglio. Leggi anche –L’economia in Sicilia resiste alla crisi: più 3,7% nel 2022. Il report Banca d’Italia Tra il 2001 e il 2008, quasi tutte le regioni europee hanno registrato una crescita del Pil pro. Nel complesso, la crescita è statasuperiorealla media sia nei territori europei meno sviluppati che nelleregioni in espansione, con tassi di oltre il 5% all’anno in molte nazioni dell’Est. Non una novità, ma un’esattaprevisione economica, appunto, legata alla naturale crescita del Pil nelle regioni svantaggiate. Tuttavia “le regioni delSud Italianon hannoseguitoquesto modello di recupero, ma hanno già registrato un calo del Pil pro capite negli anni 2000, anche se il loro Pil pro capite era benal di sottodella media dell’Ue”, scrive il 9° rapporto. Dopo la Grande recessione non è andata meglio. Leggi anche –Sicilia, nel 2022 lavoro in crescita del 2%. Ma il livello pre-Covid resta lontano Riferendosi al mancatoperiodo di ripresadi alcune regioni europee dopo la crisi economica del 2009 (Grande recessione), il report sulla coesione è arrivato a questa conclusione: “Complessivamente, 10 anni dopo la Grande recessione, quasi tutte le regioni hanno registrato unacrescitadel Pil pro capite, sebbene a untasso inferiorerispetto al periodo precedente alla recessione”. Tassi di crescita elevati sono stati ripristinati nella maggior parte delleregioni orientalidell’Europa. In molti territori aSud, specialmente inPortogalloeSpagna, i tassi di crescita si sono ripresi, ma inGreciae in molteregioni italianela crescita è rimastabassa. Compresa laSicilia. “Oltre un quarto della popolazione dell’Ue, a 10 anni dal 2009 viveva ancora in regioni dove ilPil realepro capite non era tornato ailivelli pre-crisi. Questo include l’intera popolazione diGreciaeCipro, l’80% degliitalianie un terzo deglispagnoli, ma anche il 75% della popolazionefinlandesee oltre un terzo di quellaaustriaca” spiega il documento. Il report analizza anche il periodo post Covid-19. Una fase profondamente negativa: un altra congiuntura economica da cui l’economia in Sicilia deve ancorariprendersi.