Laide, la meretrice di Iccara: la leggenda della bellezza che sfidò gli dèi

Golfo di Carini (Wikimedia Commons-Flickr-Rino Porrovecchio) Focusicilia.it
Dalla Carini antica ad Atene, la storia di Laide, la cortigiana siciliana la cui bellezza divenne mito, leggenda e maledizione.
Le leggende siciliane sono intrecci di storia, mistero e poesia che attraversano i secoli, mescolando realtà e mito in un racconto senza tempo.
Ogni borgo, ogni pietra, custodisce un frammento di meraviglia: amori impossibili, eroi caduti, donne bellissime e vendicative, santi e spiriti che ancora popolano la memoria collettiva dell’isola.
Queste storie, tramandate oralmente, sono l’anima più autentica della Sicilia, dove il confine tra sacro e profano si dissolve sotto la luce del Mediterraneo.
Quella che raccontiamo è una delle leggende a molti sconosciuta, ma nota ai siciliani che amano le tradizioni e le storie legate alla propria terra.
La leggenda nasce in Sicilia
Nel cuore della guerra del Peloponneso, quando le città siciliane si schierarono con Sparta contro Atene, anche l’antica Iccara, oggi Carini, fu travolta dal fuoco della conquista. Le truppe ateniesi guidate da Nicia la misero a ferro e a fuoco, deportando i suoi abitanti come schiavi. Fra loro c’era Laide, una giovane di straordinaria bellezza, destinata a un destino che avrebbe superato i confini del mito.
Condotta ad Atene e acquistata da un anziano imperatore bizantino, Laide non divenne mai una semplice schiava. La sua bellezza, luminosa e disarmante, la rese sua sposa. Ma la leggenda racconta che nessuna gabbia, neppure dorata, poté contenere la sua natura libera e sensuale. Divenne così una delle più note cortigiane dell’antichità, capace di incantare filosofi, artisti e nobili con il suo fascino magnetico e il suo spirito indomito.
Laide, la bellezza maledetta
La fama di Laide attraversò Atene come un incendio. Ogni uomo la desiderava, ogni donna la temeva. I più potenti si inginocchiavano ai suoi piedi, offrendo gioielli e ricchezze per una sola notte. Ma dietro il suo splendore si nascondeva la consapevolezza del tempo che scorre, nemico implacabile di chi vive di bellezza. Quando lo specchio le restituì la prima ruga, la leggenda dice che Laide lo infranse in preda alla follia, quasi a voler distruggere l’immagine che l’aveva resa immortale e prigioniera al tempo stesso.
La sua fine fu crudele quanto la sua vita intensa: durante una visita al tempio di Afrodite in Tessaglia, fu aggredita e uccisa dalle mogli dei suoi amanti, divorate dall’invidia. Da allora, quel luogo fu chiamato il tempio dell’Afrodite Assassina. Eppure, il mito di Laide sopravvisse ai secoli, tanto che in Sicilia il termine “laida” o “ladia” divenne sinonimo di donna brutta o malridotta, quasi un contrappasso linguistico per chi osò incarnare la perfezione. La leggenda di Laide continua a vivere come un monito: la bellezza assoluta è un dono che può trasformarsi in condanna, e nessuno, neppure chi nasce splendente come un mito, può sfuggire all’ironia del destino.