Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, per la Sicilia solo primati negativi
Siciliani “tagliati fuori” da un mercato del lavoroalquanto ostile, soprattutto nei confronti delle donne.Occupazione irregolare dilagantee, per chi il lavoro ufficialmente ce l’ha,poche certezze e scarsa soddisfazione per le mansioni svolte. Sono questi alcuni dei dati che emergono dalRapporto Bes pubblicato dall’Istatnella parte dedicata al lavoro e alla conciliazione dei tempi di vita: dal report, per la nostra Isola, emergono solo primati negativi. Nel 2023 la Siciliaha registrato un tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro pari al 32,6%: un valore dieci volte superiore a quello della provincia di Bolzano (3,5%) e più che doppio rispetto alla media nazionale (14,8%). In Valle d’Aosta, Veneto e Trentino Alto Adige il valore non raggiunge il 7%. In Sicilia iltasso di occupazione nella fascia 20-64 anni è al 48,7% a fronte del 66,3% nazionale(anno 2023). Per le donne, soprattutto se madri, è ancora notte fonda: alla nostra regione, infatti, va la maglia nera per il rapporto tra il tasso di occupazione (25-49 anni) delle donne con figli in età prescolare e delle donne senza figli: il valore relativo al 2023 mette in evidenza la situazione di evidentesvantaggio occupazionale per le madri ed è infatti il più basso registrato in Italia (61%)contro l’87,2% della Valle d’Aosta, l’83% Molise, e l’80,9% dell’Emilia Romagna. Il12% degli occupati in Italia ha fatto ricorso nel 2023 al lavoro da casa, anch’esso riconducibile alla dimensione della conciliazione in termini di flessibilità e risparmio nei tempi di spostamento casa-lavoro. Si tratta di un valore molto più alto di quelli pre-pandemici, che permette di ipotizzare che questa modalità lavorativa potrebbe aver assunto carattere strutturale. Manon in Sicilia, dove la percentuale si attesta al 6,9%(mentre in Lombardia supera la media nazionale arrivando addirittura al 15, 6%). La quota di part time involontario che a livello nazionale è appena sotto il 10%, in Sicilia sale al 14,8%: ancora una volta, il valore più alto d’Italia. Dati ancor più sconfortanti riguardanol’occupazione irregolare: a livello nazionale l’Istat registra un trend di progressiva riduzione del tasso del lavoro non regolare (dall’11,3% del 2021 al 10,8% del 2022). A livello territoriale, invece, l’ultimo dato disponibile è relativo al 2021: la Sicilia è, dopo la Calabria (20%), la regione che registra la presenza più elevata di lavoro non regolare (16%). Nel Mezzogiorno la percentuale si attesta al 15,6% contro l’8,9% del Nord e l’11,7% del Centro. “Ilricorso al lavoro non regolareda parte di imprese e famiglie – scrive l’Istat – è untratto distintivo che da sempre contribuisce a caratterizzare il mercato del lavoro italiano. Sono definite non regolari le posizioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale e contributiva e quelle relative alle attività illegali, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative”. Lavoro irregolare, aggiungiamo noi, significa anche zero diritti per i lavoratori e pensioni più povere. Chi ha un’occupazione in Sicilia viene magari considerato fortunatoma non necessariamente si reputasoddisfatto. I numeri parlano chiaro: nella nostra Isola il tasso disoddisfazione per il lavoro svolto si attesta al 45% a fronte di una media nazionale del 51,7%. Agli antipodi troviamo Valle d’Aosta e provincia autonoma di Trento (rispettivamente 61,7% e 61,1%). La regione più insoddisfatta in assoluto si trova guarda caso ancora una volta al Sud ed è la Campania con un tasso del 41,2%. Chi ha un’occupazione, inoltre, spesso non si sente in una botte di ferro e non solo ha paura di perdere il proprio lavoro mateme anche di non riuscire a trovarne un altro simile: a confermarlo, secondo l’Istat, è l’indicatore sulla percezione di insicurezza dell’occupazione che in Sicilia si attesta al 6,4%. Si tratta del secondo valore più alto a livello nazionale dopo l’8,8% della Basilicata. LaSicilia registra la percentuale più elevata di lavoratori con contratto a terminedaalmeno 5 anni: nel 2020, ultimo dato disponibile,erano il 27,9%(media Italia al 18,1%). Tra il 2019 e il 2020, solo il 18% dei lavoratori siciliani ha visto trasformato il proprio contratto a tempo indeterminato: dato distante dal 31,1% del Veneto, dal 28,6% della Lombardia e dal 26,3% del Piemonte. L’Istituto nazionale di Statistica rileva, infine, che nella nostra Penisola, anche nel 2023,è aumentata la quota di occupati sovraistruiti, ovvero con un titolo di studio superiore a quello più richiesto per svolgere la professione esercitata: la Sicilia, in questo caso, con il 27,6%, si mantiene in linea con il dato nazionale (27,1%).