Se sei un cameriere, un muratore o un programmatore informatico, in questo momento in Sicilia ci sono aziende che ti stanno cercando. Quelle citate sono solo alcune delle figure professionali in assoluto più richieste per le quasi 66 mila assunzioni che si prevede 16 mila imprese facciano da qui a marzo, secondo le stime del sistema Excelsior di Unioncamere e Anpal. Assunzioni spesso problematiche: molte figure restano “di difficile reperibilità” persino nel 60 per cento dei casi: non si trovano perché non esistono candidati adeguatamente formati e pronti a lavorare. È il segno evidente di uno scollamento tra la domanda e l’offerta di lavoro. Diverse le cause. Tra queste, l’orientamento che non sempre è efficace nel guidare le scelte, l’impostazione del sistema della formazione professionale regionale che costa oltre 80 milioni di euro e che a volte non è in linea con le esigenze delle imprese e poi, fattore non meno importante, le aspirazioni e le scelte dei ragazzi e delle loro famiglie, scelte che talvolta, come testimoniano gli operatori del settore, non si basano sulle reali opportunità del mercato del lavoro bensì sulle professioni classiche e che hanno maggior appeal tra i più giovani.


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Romano (Arché): “Servono bandi come l’Avviso 33”
Emilio Romano è il presidente di Arché, uno dei maggiori enti di formazione in Sicilia, e presidente di Forma.re, un’organizzazione datoriale che rappresenta gli enti di formazione siciliani. “C’è effettivamente – conferma – una sofferenza nel ritrovare le figure professionali che servono alle imprese. Ci troviamo per esempio con la maggior parte delle ragazzine che sognano di fare le parrucchiere o le estetiste e vengono qui già con quest’idea. Facciamo tanta fatica a portarle da un’altra parte. In questo momento il 70 per cento è fatto da corsi del benessere. Stiamo lanciando percorsi interessanti come termoidraulici e meccanici, elettricisti, panificatori, pasticceri, cuochi. Tutti lavori che danno occupazione”. Più complicate le figure specialistiche. “Se servono operatori delle macchine – prosegue Romano – non ci sono corsi specifici, però magari un ragazzino di informatica può essere condotto attraverso una formazione ulteriore”. Emerge comunque la necessità di connettere maggiormente gli enti di formazione al mondo produttivo. “Serve un’analisi dei fabbisogni dinamica – aggiunge Romano – con avvisi pubblici della Regione, con cui l’impresa può cercare ad esempio i falegnami per l’intarsio, in accordo con gli enti di formazione. Un paio di bandi l’anno, con una struttura come quella dell’Avviso 33, lanciato dall’allora assessore Lagalla, che funziona perché facilita l’incontro tra impresa e mondo della formazione. Mi chiedo però: le imprese hanno voglia di investire sulla formazione? Se vogliono, hanno mille possibilità”.

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Scandurra (Eris): “I ragazzi fanno sempre le stesse scelte”
“Sono 23 le figure professionali che noi ogni anno presentiamo ai ragazzi, con tanti percorsi nuovi. Quest’anno abbiamo elettricista, termoidraulico, operatore del mare, operatore informatico, anche operatore agricolo, tutti mestieri dove i ragazzi potrebbero trovare facilmente lavoro, oltre che rivalutare le nostre origini”, spiega Carmen Scandurra, coordinatrice regionale delle attività di orientamento di Eris, altro grande ente di formazione siciliano. La Regione detta le linee guida che regolano il mondo dell’istruzione e della formazione professionale e definisce il catalogo delle figure professionali. “I ragazzi però puntualmente fanno sempre le stesse scelte – riconosce Scandurra – tra operatore del benessere, acconciatore o estetista, ristorazione. Settori però saturi, mentre altri settori restano privi di ragazzi formati per quei lavori. Il mercato del lavoro cerca altro, ma non rispetto alle figure del catalogo: rispetto alle scelte dei ragazzi. Non è la formazione che non è in condizione di formare i ragazzi. C’è per esempio il campo della meccanica e dell’elettromeccanica dove la richiesta è molto elevata”. Il problema avrebbe origine nella scelta scolastica dei ragazzi: “Le scuole secondarie di primo grado non aiutano – ammette l’esperta di Eris – e noi percepiamo una certa mancanza di disponibilità verso la formazione professionale. I ragazzi tendono a iscriversi al percorso statale, che non prepara sicuramente tecnici specialisti e operai. Inoltre, i corsi partono a dicembre, tre mesi dopo la scuola. Credo che anche questo abbia la sua influenza per le famiglie. Il sistema andrebbe rivisto”.

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Scuderi (Asef): “Mettere tutti intorno a un tavolo”
“Io ho cercato di fare opera di sensibilizzazione, dobbiamo iniziare a ragionare in un modo diverso”, esorta Benedetto Scuderi, presidente di Asef (Associazione datoriale enti di formazione e agenzie per il lavoro), rilanciando il suo invito affinché “i tre attori si mettano al tavolo: la Regione che ha i finanziamenti, le imprese e le gli enti formazione. Ognuno però si deve assumere le proprie responsabilità rispetto al sistema”. A cominciare dalla Regione che, per Scuderi, dovrebbe “garantire finanziamenti e avvisi in modo più praticabile” e proseguendo con l’imprenditore che “deve dire cosa vuole, cosa gli serve”. A quel punto il formatore “fa le proposte, che poi verranno accettate, però l’imprenditore deve assumere l’impegno. Se ha bisogno di dieci elettricisti, li assumerà con codeste modalità, dopo averli visti in aula e scelti durante il percorso formativo”. Tutto questo oggi non avviene “perché il sistema non è agibile – spiega Scuderi – c’è una moltitudine di norme, di vincoli. Continuando a mettere regole una dietro l’altra, senza più riuscire a controllarle, il sistema si ingarbuglia. Ci vuole buon senso. Sappiamo che il nuovo assessore sta prendendo visione”, conclude il presidente Asef.