Legge 104, arrivano nuove regole e un assegno da 400 euro | La Riforma Locatelli diventa un aiuto concreto
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In Italia ci sono milioni di persone che ogni giorno assistono genitori, partner, figli o familiari non autosufficienti. Lo fanno spesso rinunciando al lavoro, alle relazioni sociali e, non di rado, alla propria salute. Eppure, nonostante il loro ruolo cruciale nel sistema di welfare, i caregiver familiari restano in gran parte invisibili per lo Stato. È in questo vuoto normativo che si inseriscono le anticipazioni del cosiddetto DDL Locatelli, la futura riforma dedicata proprio a chi si prende cura di una persona fragile. Una riforma attesa da anni, ma che – è bene chiarirlo subito – non è ancora ufficiale: il testo sarà presentato solo dopo l’approvazione della legge di bilancio 2026.
Nonostante il carattere ancora ufficioso, le prime informazioni permettono di capire la direzione che il Governo vorrebbe imboccare. Si punta a creare una classificazione nazionale dei caregiver, un’idea mai formalizzata prima, e a introdurre un assegno economico che potrebbe rappresentare un primo riconoscimento concreto. Ma il quadro, per molti, lascia ancora ampie zone d’ombra e solleva non pochi dubbi.
Le quattro fasce dei caregiver: ecco come verrebbero classificati e chi riceverà il contributo
Il DDL prevede di suddividere i caregiver in quattro categorie basate sulla convivenza e sul numero di ore settimanali dedicate all’assistenza. Una distinzione che, nelle intenzioni, dovrebbe rendere più chiaro il livello di impegno richiesto e riconoscere formalmente la differenza tra chi offre supporto saltuario e chi invece assiste il familiare a tempo pieno.
La fascia più alta è quella del “caregiver convivente prevalente”, cioè chi presta almeno 91 ore settimanali di assistenza continuativa. È a questa categoria che sarebbe destinato l’assegno economico trimestrale, pari a 1.200 euro ogni tre mesi, cioè circa 400 euro al mese. Un contributo importante, ma rivolto solo a una piccola fetta degli assistenti familiari.
La riforma fisserebbe criteri di accesso molto stringenti: ISEE massimo di 15.000 euro e redditi da lavoro non superiori a 3.000 euro annui. Requisiti che rischiano di tagliare fuori la stragrande maggioranza dei caregiver, considerando che molti lavorano saltuariamente, con contratti brevi o part-time, per sostenere economicamente la famiglia. Si stima infatti che i beneficiari effettivi potrebbero essere appena 50.000, un numero irrisorio se confrontato con gli oltre sette milioni di persone che prestano assistenza in Italia.

Assegno, criteri e limiti: cosa funziona e cosa manca nella bozza di riforma
Un segnale positivo c’è: l’assegno non verrebbe conteggiato nell’ISEE, evitando di penalizzare eventuali altre prestazioni percepite dal nucleo familiare. Tuttavia, al di fuori del contributo economico destinato ai caregiver più impegnati, la riforma – almeno nella sua versione preliminare – sembra non prevedere ulteriori sostegni concreti. Le altre tre fasce otterrebbero un riconoscimento formale, ma nessun aiuto economico diretto.
A mancare completamente, almeno per ora, sono interventi sui servizi territoriali: assistenza domiciliare, sollievo, supporto psicologico, percorsi socio-sanitari integrati. Esattamente ciò che le associazioni chiedono da anni. Perché, senza un reale potenziamento dei servizi, l’intero sistema di cura continuerà a poggiare sulle spalle delle famiglie, da sole, senza strumenti adeguati.
È per questo che, mentre cresce l’attesa per il testo ufficiale, aumentano anche le preoccupazioni di chi spera in una riforma davvero strutturale. Il rischio, come temono molti caregiver, è che si arrivi a un riconoscimento simbolico che però non cambia davvero la vita quotidiana di chi assiste una persona fragile 24 ore su 24.
Tutto rimandato, dunque, alla fase post–legge di bilancio. Quando il DDL approderà in Parlamento, potrà essere modificato
