Manca l’olio in Sicilia. Anche gli ulivi soffrono la siccità. Catania perde l’80%

Manca l’olio in Sicilia. Anche gli ulivi soffrono la siccità. Catania perde l’80%

“Sicilia dabollino rossoanche per l’olivicoltura. La mancanza dipioggeda oltre un anno, con lunghe e ripetuteondate di caloredurante il corso dell’anno hanno influito in tutt’uno nei cicli produttivi delleproduzioni agroalimentari isolane. Da 50 anni non si ricorda in Sicilia una stagione come questa”. È quanto afferma Giosuè Catania, presidente facente funzioni dell’organizzazione di agricoltoriCia Sicilia Orientale, nella veste anche di presidente APO, la cooperativa di olivicoltori operante in Sicilia. Insomma, anche il settore delle olive è in difficoltà in Sicilia a causa della siccità prolungata e così anche la produzione d’olio per il 2024 ne risente. Ad oggi, la produzione inSicilia ha subito un calo del 50-60%circa rispetto alla campagna precedente (che già era stata di per sé insufficiente).Cataniaè la provincia più penalizzata estesa al basso Ennese con una percentuale pari a meno80%. Le aree situate alle falde del vulcanoEtnasino ad un’altitudine che sfiora i 1000 metri mostrano una produzione di poco inferiore al 50%, mentre nelle aree delsiracusanoe delragusanola perdita è del 60%, con punte di – 40/50 % nelle zone di alta collina e di montagna. In generale, la Sicilia potrebbe attestarsi su una produzione di 16/18 mila tonnellate a fronte delle 35.000 tonnellate della campagna 2023/24. Leggi anche –Slow Food Catania, “passeggiata sensoriale” per riscoprire l’olio dell’Etna “L’aumento delle temperature e la mancanza di precipitazioni hanno creato condizioni distress idricoper gli olivi, che sacrificano la produzione, soffrono lo scompenso climatico e lo stress idrico e ne mostrano i segni con un evidente squilibrio fisiologico – continua Giosuè Catania –. Nonostante siano considerate piante che resistono e crescono anche in zone aride, oggi assistiamo ad unessiccamento delle chiomedovuta alla mancanza della pur sempliceumiditàfino ad oltre un metro di profondità”. Leggi anche –Prezzi, dal 2019 “aumenti astronomici” su olio, pasta, pomodoro e uova. I dati “Dovremmo ricordare – sottolinea Catania – anche come la situazione sia resa ancora più drammatica dall’assenza di acqua negliinvasile cui condotte, vecchie e colabrodo, in pessimo stato manutentivo disperdono oltre il 50 % delle riserve idriche”. Ed anche laddove è stato possibile garantire l’irrigazione di soccorsocon riserve aziendali già andate esaurite il quantitativo di prodotto dagli ulivi è molto ridotto rispetto ad una normale campagna agraria. Sono, infatti, le elevate temperature a determinare unaprecoce maturazione dei frutticinisino a renderli raggrinziti e in gran parte non convenienti per la raccolta. Drammaticità ancora più tangibile per leolive da tavola– evidenzia Giosuè Catania, a capo anche di una OP di Olive da Mensa – per la cui produzione sono necessarie continue fasi di irrigazione per l’ingrossamento delle drupe da poter lavorare in salamoia”. Leggi anche –Siccità, l’idea degli ingegneri siciliani: puntare sulla crisi per finire 46 dighe “Non sembra migliore lasituazione nazionale– aggiunge Giosuè Catania – per questo si deve ripensare unnuovo piano di sviluppo dell’olivicoltura italiana e sicilianache sia in grado di affrontare le criticità esistenti e dare valore alle potenzialità attraverso gli strumenti a disposizione per la crescita del settore e previsti dalle normative vigenti. Un Piano Olivicolo che a partire dallaSicilia(la prima regione per numero di produzioni certificate) affronti gli aspetti legati alla produzione favorendo l’aggregazionedel prodotto, punti ad un rapporto proficuo con laricerca e l’innovazioneper mitigare gli effetti delle mutazioni climatiche, investa sulle promozioni e sulla educazione al consumo”. Leggi anche –Olio, vino e grani duri: le eccellenze di Sicilia su cui Farinetti vuole investire L’olio extravergine d’oliva rappresenta ancora solo il4-5% dei consumi mondialied esiste quindi unbuon margine di crescita del mercatosoprattutto in paesi dove non c’è ancora tradizione di consumo. Per crescere bisogna affrontare diversinodicome laframmentazioneaziendale; il peso deicostiproduttivi; il mancatoinvestimentoper la messa a dimora di nuove superfici (come accade in altri Paesi) e la forte dipendenza dalleimportazioni) in modo da garantire una presenza pianificata su un mercato di qualità dell’olio extra vergine d’oliva italiano. Riconoscibile come grande patrimonio di Biodiversità e di produzioni certificate. “In un contesto economico profondamente cambiato – conclude Giosuè Catania – diventa necessario mettere mano ad unastrategia di programmazionea medio e a lungo termine che affronti i limiti strutturali di un comparto olivicolo/oleario che rimane uno degli assi portanti dell’economia del nostro Paese”.