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Mandorle, con il Covid scendono i prezzi. Sicilia primo produttore in Italia

L'Isola raccoglie cinque mila tonnellate l'anno. Duro colpo al settore nel periodo della pandemia, ma c'è anche chi ha avviato l'attività in questi mesi

Può essere sgranocchiata, mangiata come dolce, persino bevuta. In estate diventa l’ingrediente della famosa granita siciliana. La strada che porta la mandorla al nostro palato è molto lunga. Secondo l’Istat la coltivazione in Sicilia nel 2020 copre oltre 31 mila ettari, per circa cinque mila tonnellate raccolte. Dati che pongono l’Isola al primo posto tra le regioni produttrici in Italia, seguita a grande distanza da Puglia, Calabria e Sardegna. A livello nazionale la produzione supera le otto mila tonnellate, per un giro d’affari nella grande distribuzione, scrive il Sole24 Ore, di oltre 130 milioni di euro. La provincia siciliana più attiva nella coltivazione delle mandorle è Siracusa, con 153 mila quintali di produzione. Seguono Agrigento, con 135 mila quintali, e Caltanissetta, con 75 mila quintali.

Il Consorzio di Avola

A riunire produttori delle tre province il Consorzio della mandorla di Avola, con circa quattro mila ettari di terreni e una produzione annua media di otto mila tonnellate di mandorle in guscio. A differenza della mandorla californiana, spiega Corrado Bellia, direttore del Consorzio, il frutto siciliano ha una resa molto bassa. “Parliamo di 200 grammi su un chilogrammo di prodotto in guscio”. Molto alta, invece, è la qualità. Come dice il direttore del Consorzio, la mandorla siciliana “è più salutare delle concorrenti estere”, anche in considerazione dei mezzi di raccolta “totalmente manuali. All’estero è stato tutto motorizzato”. Fattori che incidono sul prezzo del prodotto. Prima della pandemia un chilo di mandorle in guscio poteva essere venduto a due euro e 30 centesimi, per una resa di circa cinque mila euro ad ettaro. Il prodotto sgusciato era venduto a circa dodici euro al chilo. Con la pandemia il prezzo è crollato a un euro al chilo, e le contrattazioni con i rivenditori locali si sono pressoché azzerate.

La storia del “Mandorletto”

C’è pure chi durante la pandemia ha deciso di avviare una nuova produzione. Come Antonio Scuderi e Luigi Adornetto di Maletto, paesino sulle pendici dell’Etna. Nel catanese, gli ettari dedicati alla coltivazione del mandorlo sono 2.500, e i quintali raccolti oltre 31 mila. Maletto è noto come “paese della fragola”, ma ha una storia importante anche nella coltivazione del mandorlo. “In passato quest’albero è stato una grande risorsa per l’economia della città”, racconta Scuderi. Una tradizione che i due amici hanno deciso di recuperare, a partire dall’anno scorso. “Abbiamo piantato i mandorli su un terreno incolto di mia proprietà. Ripulito, effettuato il drenaggio, messo a dimora gli alberi”. Il terreno copre più o meno tre ettari e le piante sono circa milleduecento. Essendo totalmente profani del mondo dell’agricoltura, ammette Scuderi, i primi mesi non sono stati semplici. “Ma poi le soddisfazioni sono arrivate”.

Una scelta innovativa

Secondo l’imprenditore malettese, la loro coltivazione si differenzia dalle altre per la scelta di piantare gli alberi sulla “sciara”, un terreno incolto di tipo vulcanico. Con tutte le difficoltà del caso. “Tutti ci dicevano che sarebbe stato impossibile, che le piante non avrebbero attecchito”, racconta. Invece la produzione è andata oltre le aspettative. Il mandorlo ha radici forti, capaci di farsi strada anche in luoghi impervi. E proprio il terreno, secondo i produttori, ha dato al prodotto una marcia in più. Un “sapore deciso”, come lo definisce Scuderi. Alcuni agronomi consultati dai due sostengono che tale caratteristica sia dovuta proprio al terreno “poco sfruttato e ricco di sali minerali”. Il risultato è un prodotto messo in vendita a un prezzo che va dai 18 ai 20 euro al chilo. Un ettaro di terreno può dare un margine di guadagno dai 10 mila ai 13 mila euro.

Produrre in pandemia

Non poco, per un’azienda appena nata, ma non abbastanza per coprire l’investimento iniziale. “Siamo nati proprio durante il periodo della pandemia, con tutte le difficoltà del caso”, racconta Scuderi. La commercializzazione del prodotto ne ha risentito spiega il titolare. “Le nostre mandorle non vanno nella grande distribuzione, ma verso una clientela selezionata che è stata proprio quella più colpita”. Ristoranti, pasticcerie, bar che utilizzavano il prodotto sono rimasti chiusi. Anche per il Consorzio di Avola i tempi sono duri. Oltre a colpire il settore in sé, ricorda Bellia, la pandemia si è abbattuta sull’indotto. A partire dalla confetteria, che assorbiva quasi metà della produzione “con richieste dall’estero, soprattutto dalla Francia”. Il primo lockdown è intervenuto proprio nella stagione dei matrimoni, “facendo venire meno la richiesta”. Come accennato i prezzi si sono abbassati fino a rendere quasi insostenibile la vendita. Unica consolazione, il fatto che il prodotto in guscio “può essere conservato a lungo, in attesa di tempi migliori”.

Prospettive di crescita

Non è semplice uscire da una una crisi così imponente. Il “Mandorletto” ha deciso di investire questi mesi per fare un ulteriore salto di qualità. “Metteremo a dimora altre cinquecento piante e stiamo valutando di acquisire altri terreni”, annuncia Scuderi. Inoltre si lavora per perfezionare il confezionamento e rafforzare la presenza sul web. Tra i progetti all’ordine del giorno, anche quello di una fattoria didattica. “Troppo spesso l’agricoltura è vista come un qualcosa di faticoso, che non offre soddisfazione né margini di guadagno”. Secondo l’imprenditore non solo non è così, si tratta di un settore che richiede competenze alte e diversificate, “tecniche, agronomiche, informatiche”. Anche il Consorzio della mandorla di Avola ha messo in campo diverse iniziative, “a partire dall’incremento delle vendite online”. Non sono mancati, comunque, richieste di emendamenti all’ultima legge di Bilancio. “Per sostenere una categoria non solo pressata dalla crisi, ma devastata da una concorrenza micidiale dall’estero”. La speranza è che il 2021 sia l’anno della rinascita. “La strada è lunga, lo sappiamo. Ma speriamo di tornare a fiorire, come i nostri mandorli”.

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Valerio Musumeci
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci, giornalista e autore. Nel 2015 ha esordito con il pamphlet storico-politico "Cornutissima semmai. Controcanto della Sicilia buttanissima", Circolo Poudhron, con prefazione della scrittrice Vania Lucia Gaito, inserito nella bibliografia del laboratorio “Paesaggi delle mafie” dell'Università degli Studi di Catania. Nel 2017, per lo stesso editore, ha curato un saggio sul berlusconismo all'interno del volume "L'Italia tradita. Storia del Belpaese dal miracolo al declino", con prefazione dell'economista Nino Galloni. Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Agata rubata", Bonfirraro Editore.

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