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Minori poveri, “mai così tanti dal 2014”: 1,3 milioni (anche tra i figli di lavoratori)

InItalia, dal 2014, non ci sono mai stati tantiminorenniinpovertà assoluta,quasi 1,3 milioni, il 14% del totale. E non fa poi molta differenza se siano figli di persone“in cerca di occupazione”(20,7%),“operai o assimilati”(16,5%) o“in altra condizione”(15%). Segno che la crisi grava su tutte le famiglie, e che persino chi ha un lavoro non può dirsi al sicuro dallospettro della povertà.È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Istat sulla povertà in Italia, pubblicato nelle scorse ore. La percentuale diminori poveriscende notevolmente tra i figli di“persone ritirate dal lavoro”(5,7%),“dirigenti, quadri o impiegati”(2,8%) e“imprenditori e liberi professionisti”(1,7%). I dati, però, sono drammatici anche per il resto dei giovani. Secondo i tecnici dell’Istituto nazionale di statistica la povertà “è all’11,8% fra igiovanidi 18-34 anni (pari a circa 1 milione 145 mila individui, stabile rispetto al 2022)”, mentre si conferma al 9,4%, anch’essovalore massimo della serie storica,per i 35-64 enni”. Il tutto, paradossalmente, nell’anno che segnaottimi risultati sull’occupazione. Leggi anche –Divario Nord-Sud: un veneto guadagna il 28% più di un siciliano Il 2023, infatti, ha confermato “l’andamento positivo delmercato del lavoro(+2,1% di occupati in un anno), registrato anche nei due anni precedenti”. Malgrado ciò, sottolineano dall’Inps, “l’impatto dell’inflazioneha contrastato la possibile riduzione dell’incidenza difamiglie e individui in povertà assoluta“. I numeri di questi ultimi, infatti, restanomolto alti.Lo scorso anno gli esperti stimano “poco più di 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta con un’incidenza, pari all’8,4% rispetto al totale dellefamiglie residenti,sostanzialmente stabile rispetto al 2022″. Complessivamente sono in povertà assoluta “quasi 5,7 milioni diindividui, pari al 9,7% del totale degliindividui residenti, come nell’anno precedente”. La crescita incontrollata dei prezzi ha colpito “proprio lefamiglie meno abbienti“, le cui spese “non hanno tenutoil passo dell’inflazione“, e nel corso dell’anno “hanno subito un calo dell’1,5%”. Fuori dal linguaggio burocratico, sempre più persone hanno dovutorinunciare agli acquistiper mancanza di denaro. Una situazione chesi ripercuote anche sui figli. Leggi anche –Al Sud è allarme “povertà sanitaria”. Ma la Sicilia fa meglio del Piemonte A pagare sono soprattutto i ragazzi delMeridione. Lo storicodivario tra Nord e Sud,infatti, è stato rafforzato dalla crisi. “L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene più alta nelMezzogiorno(oltre 859 mila famiglie, 10,2%,), seguita dalNord-ovest(8%, 585 mila famiglie) eNord-est(7,9%, 413 mila famiglie), mentre ilCentroconferma i valori più bassi (6,7%, 360 mila famiglie)”. Anche per quanto riguarda le famiglie “soltanto” povere, “il 38,7% risiede nelMezzogiorno(41,4% nel 2022) e il 45% alNord(42,9% nel 2022). Il restante 16,2% risiede nelCentro(15,6% nel 2022)”. Nessun dubbio, sul fatto che sia ilSudstia peggio, anche seun dato appare in controtendenza.L’intensità della povertà assoluta – che misura “quanto poveri sono i poveri” – risulta “in aumento alNord(arriva a 18,6% dal 17,6% del 2022, con un incremento maggiore nelNord-est,dove arriva al 18% dal 16,5% del 2022), e nel Centro (18%, dal 17,1% del 2022)”. Al contrario, “si riduce nelMezzogiorno(17,8% dal 19,3% del 2022, in manierapiù accentuata nelle Isole)”. Leggi anche –Povertà e disuguaglianze: il benessere è ancora lontano in Sicilia Troppo poco, però, per parlare di un segnale di ripresa. A confermarlo èSave The Children, che integra i dati sulla povertà minorile. “Più di unadolescentetra i 15 e i 16 anni su quattro indifficoltà economiche(28,1%) afferma che non concluderà la scuola e andrà a lavorare, a fronte dell’8,9% deicoetanei più abbienti“. Anche lavorando, scrive l’associazione, “il 67,4% degli adolescenti in condizione di deprivazione materiale teme che non riuscirà aguadagnare abbastanza,rispetto al 25,9% deicoetanei più benestanti“. Ci sono anche altre preoccupazioni. “Il 67,3% di non riuscire a trovare unlavoro dignitoso,al riparo dallosfruttamento(contro il 35,8% delle fasce più abbienti)”. Save The Children suggerisce alcuniinterventi, tra cui“congedi più lunghi per i padri”(così da permettere alle madri di rientrare prima nel mondo del lavoro),“sostegni regolari per i neogenitori”,nonché“mense e tempo pieno”.“Non possiamo accettare che le condizioni materiali creino unafrattura così profondanella nostra società”, concludono dall’associazione.

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