Matteo Messina Denaro, considerato il capo di Cosa Nostra, è morto questa notte. Era malato da tempo, e le sue condizioni erano apparse critiche già al momento dell’arresto, lo scorso 16 gennaio, in una clinica oncologica di Palermo, “La Maddalena”. Messina Denaro, 61 anni, era in “coma irreversibile” da giorni all’interno del reparto detenuti dell’ospedale dell’Aquila. Inseguito da numerosi mandati di cattura e condanne all’ergastolo per associazione mafiosa, omicidi, attentati, detenzione e trasporto di esplosivo, Messina Denaro aveva costruito, partendo da Castelvetrano e Partanna, un’enorme rete di interessi economici criminali.
L’impero criminale, e quello economico
Considerato l’erede di Bernardo Provenzano e coinvolto nei più gravi fatti criminali degli ultimi trent’anni, comprese le stragi del 1992 di Falcone e Borsellino, ha subito sequestri il cui valore raggiunge i 3,5 miliardi di euro. Latitante dal 1993, L’Fbi lo ha inserito tra i dieci maggiori ricercati del mondo, la rivista Forbes nella classifica dei più ricchi del pianeta: tra i primi 400 del mondo e il nono in Italia. Viaggiava in Porsche in Sicilia, ha fatto affari nell’eolico, negli uliveti, nella viticultura, nei villaggi turistici e nei resort, nel traffico dei reperti archeologici, nel mondo delle costruzioni. Tra i numerosi sequestri di beni riconducibili alla famiglia mafiosa, nel 2014 uno da 20 milioni di euro a complessi aziendali e attività agricole e commerciali, nel 2018 di 60 milioni di euro a Savalle, ritenuto uno dei tesorieri del superlatitante, nel 2022 di un milione di euro a una ditta agricola in cui sono state trovate armi e munizioni.