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Nella discarica di Motta tornano i rifiuti. Inceneritori entro il 2027 (forse)

Secondo i comitati No Discarica di Motta e Misterbianco, la discarica in questi giorni avrebbe "ricominciato ad emettere fetori". Il sito era stato chiuso a giugno dopo una sentenza del Cga. La questione della distanza minima e i progetti della Regione sui termovalorizzatori

La discarica di Motta S. Anastasia riapre e la battaglia non finisce. L’azienda proprietaria, la Oikos Spa, “è tornata alla carica con un ricorso contro l’ultima sentenza del Cga”, riferiscono i comitati No Discarica di Misterbianco e Motta S. Anastasia. Secondo i rappresentanti dei cittadini, la discarica in questi giorni avrebbe “ricominciato ad emettere fetori“. Il sito era stato chiuso a giugno in seguito alla sentenza del Cga che aveva dichiarato illegittimo il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per il sito. Su ricorso dell’azienda e in seguito al deposito di una cauzione da un milione di euro, il 26 ottobre il Cga ha consentito temporaneamente la ripresa dell’attività. Questo, in attesa che il ricorso venga discusso nel merito. Gli effetti della sentenza di giugno vengono cautelarmente sospesi e così la discarica può riaprire. La sentenza che portò alla chiusura si basava su due due elementi. L’esistenza di una particella di terreno su cui sorge la discarica che non era stata inclusa nell’Autorizzazione ambientale e il mancato rispetto della distanza minima obbligatoria di tre chilometri dal centro abitato di Motta S. Anastasia.

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Le proteste storiche dei comitati No Discarica

Il deposito cauzionale di un milione di euro, con fideiussione, è necessario “a titolo di risarcimento dell’eventuale danno ingiusto che fosse cagionato dalle stesse attività qui consentite”, scrivono i giudici del Cga. Per i comitati si tratta di somme che l’azienda potrà recuperare “in pochi giorni di riapertura“. Basteranno, infatti, scrivono, “13 mila metri cubi a 79 euro a tonnellata” per superare il milione di euro. Con il residuo utilizzo del sito che si trova in contrada Valanghe d’Inverno, sarà possibile “sotterrare altri 240 mila metri cubi“. Tra le altre questioni da risolvere, c’è quella dei lavoratori. I comitati esprimono “solidarietà” e precisano che questi “sarebbero comunque riconvertiti alla bonifica post mortem cui è tenuta la Oikos”. Assicurano inoltre che “dopo ben due vittorie al Tar di Catania e al Cga di Palermo, con con ogni campagna di mobilitazione creativa e popolare” continueranno “ad essere vigili e pro-attivi” e a “vincere in ogni sede opportuna”. La prossima ragione politica di scontro potrebbe essere la distanza degli impianti dai centri abitati più vicini.

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La distanza minima tra impianti e centri abitati

La “questione dei tre chilometri” riguarda la distanza minima che le discariche e gli impianti di trattamento dei rifiuti devono avere dai centri abitati. Prima erano cinque chilometri, poi nel 2012 una legge regionale accorciò la distanza portandola a tre chilometri. La discarica di Valanghe d’Inverno si trova a una distanza minore dall’abitato di Motta. Diverse associazioni ambientaliste tra cui Wwf, Legambiente, Italia Nostra e gli stessi comitati No Discarica riferiscono che l’assessore regionale dell’Energia, Roberto Di Mauro, avrebbe definito “un grave errore” il divieto di costruire impianti entro i tre chilometri dai centri abitati e che la norma avrebbe bloccato diverse proposte d’impiantistica avanzate in Commissione tecnico-scientifica, quella che rilascia le autorizzazioni ambientali. Si teme quindi che la prescrizione possa essere abolita. “Buon senso vorrebbe – aggiungono gli ambientalisti – che questa distanza non debba essere assoluta, ma debba invece dipendere dalla natura dell’impianto”. Impianti inquinanti e odorigeni come discariche e termovalorizzatori dovrebbero essere realizzati lontano dai cittadini. Altre tipologie, come gli impianti di valorizzazione del secco, “che hanno impatto quasi zero, possono essere situati dovunque”, spiegano le associazioni.

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I termovalorizzatori in Sicilia entro il 2027

Gli impianti sono indispensabili e la scelta è tra differenziare, seppellire o incenerire. La differenziata è svolta con buoni risultati da 270 Comuni siciliani su 391, che hanno superato il 65 per cento. Ma questo non basta a compensare l‘enorme quantità di rifiuti indifferenziati prodotti da Palermo, Catania e Messina: il 50 per cento dell’Isola. Le discariche restano sfruttatissime e anche per questo il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha anticipato l’uso del primo lotto della settima vasca nella discarica di Bellolampo, anche se non è ancora stata ufficialmente consegnata. Poi ci sono gli inceneritori. Ad aprile, l’assessore Di Mauro dichiarò a FocuSicilia che entro la fine di questa legislatura, quindi entro il 2027, nell’Isola potranno essere realizzati uno o due termovalorizzatori. “I recenti indirizzi espressi dalla Regione siciliana in tema di Rifiuti e di inceneritori – fanno muro gli ambientalisti – sono in totale contrasto con le indicazioni della Comunità europea, della Corte dei Conti e del Pnrr. Persino la Danimarca sta dismettendo quel tipo di impianti”. Un mese fa, il presidente della Regione, Schifani, ha avuto rassicurazioni dal ministro dell’Ambiente, Fratin: poteri speciali proprio per realizzare i termovalorizzatori in maniera più veloce rispetto all’ordinario. Si attende la norma.

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Agostino Laudani
Agostino Laudani
Giornalista professionista, nato a Milano ma siciliano da sempre, ho una laurea in Scienze della comunicazione e sono specializzato in infografica. Sono stato redattore in un quotidiano economico regionale e ho curato la comunicazione di aziende, enti pubblici e gruppi parlamentari. Scegliere con accuratezza, prima di scrivere, dovrebbe essere la sfida di ogni buon giornalista.

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