Nubifragi, la Sicilia come Valencia? Non è impossibile. I tre fattori di rischio

Nubifragi, la Sicilia come Valencia? Non è impossibile. I tre fattori di rischio

Ilnubifragioche ha messo in ginocchio il territorio diValencia, in Spagna– con un bilancio di oltre 150 morti, purtroppo ancora provvisorio – potrebbe avvenire anche inSicilia. E le conseguenze sarebberoimprevedibili, perché difendersi da una tale massa d’acqua è molto difficile. Per dare un’idea, il temporale che ha colpito Catania il 19 ottobre – con le immagini delrider travolto in via Etneache hanno fatto il giro del web – ha rovesciato sulla città 44 millimetri d’acqua (dati delSias, Servizio agrometeorologico siciliano). A Valencia, secondo l’Agenzia meteorologica di Stato,sono caduti in poche ore 300 mm, con punte di quasi 500, “quanto può piovere in un anno intero”. Un fenomeno eccezionale, che però potrebbe avvenire anche da noi, diceLuigi Pasotti, meteorologo Sias.“Anche nella nostra storia ci sono stati episodi estremi, come l’alluvione della piana di Catania del 1951, o di Giampilieri del 2009”. Anche in Sicilia, insomma, potrebbero incrociarsi quelle che ilministero dell’Ambientedefinisce le trecomponenti del rischio climatico:“pericolosità, vulnerabilità, esposizione”. Leggi anche –Clima, Palermo e Catania impreparate. Vulnerabili agli eventi estremi Per Pasotti l’approccio nei confronti difenomeni complessicome quelloavvenuto in Spagnadev’essere prudente, ma qualche considerazione è già possibile. “Si è trattato sicuramente un fenomeno eccezionale, ma la fragilità di quel territorio era nota. Già in precedenza, nellaregione di Valencia,si erano verificate alluvioni, al punto che era stato deviato il fiume per ridurre rischio”. Allo stesso tempo, ribadisce l’esperto, l’ultimo evento “ha avutoun’intensità inedita“, e guardando al passato “è stato superiore a tutti quelli registrati di recente”. Perché si verifichi una“tempesta perfetta”di questo genere, osserva il meteorologo, è necessaria la coincidenza di diversi fattori. “Per fortunanon accade facilmente,altrimenti saremmo semprein balìa di eventi di questo tipo“. Il cambiamento climatico, in particolare il riscaldamento delle acque, potrebbe aver avuto un ruolo. “Oggi sicuramente ilmar Mediterraneofornisce più calore ai bassi strati dell’atmosfera. Un fattore che potrebbe potenziare questifenomeni temporaleschi“, ipotizza il meteorologo. Leggi anche –L’Italia perde terreno: 120 mila ettari di suolo cementificati in 16 anni Tutta colpa del“climate change”, insomma? Troppo presto per dirlo. “Verosimilmente c’è un impatto del riscaldamento globale sullafrequenza di fenomeni temporaleschidi questa portata, anche se dal punto di vista della storia meteorologica è difficile accertarlo perché raramente disponiamo di dativecchi di più di un secolo“, spiega Pasotti. I dati più recenti, tuttavia, sembrerebbero andare in questa direzione. “Un impatto sembra esserci, posto che fenomeni estremi si verificano con unritmo sconosciuto nel recente passato,basti pensare alrecente uragano Boris in Europao all’uragano Elena negli Stati Uniti“. Eventi di portata catastrofica, di fronte ai quali anche nazioni attrezzate come gli Stati Uniti faticano a intervenire. Il pensiero torna alla Sicilia, dove spesso bastano poche ore di pioggia intensa permettere in ginocchio l’Isola.“Di fronte a una situazione come quella che si è verificata in Spagna, chiunque sarebbe in difficoltà. Tuttavia si può sempre fare qualcosa per limitare i danni, per esempio concomunicazioni tempestivealla popolazione, perché stia al sicuro”. Leggi anche –Clima impazzito, città a rischio: 175 eventi estremi in Sicilia in 12 anni Secondo laPiattaforma nazionalesull’adattamento ai cambiamenti climatici – promossa dalministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energeticae realizzata dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – il rischio climatico “si basa su tre componenti fondamentali:pericolosità, esposizione e vulnerabilità“. Fuori dal linguaggio tecnico, i rischi derivano dall’interazione tra i fenomeni estremi (pericolosità), lasituazione del territorio(vulnerabilità) e la presenza di persone in strada (esposizione). A Valenciasi sono incrociati questi tre fattori,osserva Pasotti. “Si è verificato un evento eccezionale, in un territorio vulnerabile e con molte persone esposte, che si trovavano cioè per strada”. Quest’ultimo punto è quello più discusso, visto che alcuni osservatori parlano diritardi nella comunicazioneda parte delle autorità spagnole. “Ecco perché, probabilmente, occorre investire non soltanto sullamessa in sicurezza dei territori,ma anche su sistemi di comunicazioneadeguata delle allerte“, conclude il dirigente Sias.