Dalla stima – si tratta chiaramente di un calcolo orientativo – emerge una spesa massima annua che potrebbe sfiorare gli undici milioni di euro. Parliamo delle Province in Sicilia e di quanto costerebbero le persone a loro guida. Gli enti interessati sono le tre Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina e gli altri sei attuali “Liberi consorzi comunali”, ridenominati ‘Province’, nell’impianto del nuovo testo legislativo. Al di là del rispetto o meno dello statuto siciliano, quello che sicuramente dovrebbe essere ristabilito è un controllo politico e quindi una serie di figure che ricoprano certi ruoli. Gli organi istituzionali delle Città metropolitane saranno il presidente, la Giunta metropolitana e il Consiglio metropolitano, mentre per i Liberi consorzi la guida sarà affidata a presidente della Provincia, giunta provinciale e consiglio provinciale. Le funzioni sono le stesse già stabilite dalla Lr 15/2015 e l’elezione degli organi avverrò a suffragio universale e diretto, contestualmente sia per il presidente della Provincia che per il Consiglio, con uno sbarramento del cinque per cento, le quote di genere e altre regole già affermate nei sistemi elettorali dei Comuni e della Regione.
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Oltre 300 politici, pagati come nei Capoluoghi
Il disegno di legge prevede un numero di consiglieri e di assessori proporzionato alla popolazione residente. Saranno 36 consiglieri in caso di popolazione superiore al milione di abitanti, 30 se gli abitanti sono meno di un milione, 24 fino a 500 mila abitanti. Gli assessori sono assegnati sempre in funzione della popolazione e non superano il 25 per cento dei consiglieri: nove se la popolazione è superiore al milione di abitanti, sette se è inferiore, sei se è inferiore ai 500 mila abitanti. Stimando il numero di soggetti politici che potranno così essere eletti e in base alla popolazione riferita al 2019, ci saranno 246 consiglieri provinciali, 61 assessori e naturalmente nove presidenti. Quanto costeranno i 316 nuovi politici? “Ogni giunta provinciale potrà determinare i propri compensi – spiega l’assessore regionale delle Autonomie locali, Andrea Messina – ma si può prendere come riferimento la tabella degli ultimi adeguamenti disposti per gli amministratori comunali con la Legge di bilancio nazionale 2022”. Così facendo, per il presidente della Città metropolitana e della Provincia, figure che possono essere equiparate al sindaco del Capoluogo, sarebbero necessari tra 11 mila e 13 mila euro lordi al mese. Per gli assessori, il compenso varia tra i 6.000 e i 7.100 euro lordi mensili. Ai consiglieri potrebbero andare gettoni di presenza tra 53 e 92 euro, con un tetto mensile ai compensi che non potrebbe superare i 2.700 euro.

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Approvazione ed elezioni possibili già quest’anno
La copertura finanziaria che sarebbe “a carico dei bilanci degli enti, così come avviene per i Comuni”, assicura Messina, il quale conferma pure che “il Governo ha già inviato tutta la documentazione in Commissione all’Ars per poter iniziare l’iter”. Il testo di legge prevede come prima finestra utile per le elezioni già la fine di quest’anno e mette in preventivo, per la consultazione elettorale, un costo di cinque milioni di euro. Tuttavia, tutto dipende da cosa accadrà nel parlamento nazionale con la legge Delrio sull’assetto degli enti sovracomunali. “Se abrogano la Delrio entro aprile o maggio – ipotizza Messina – potremmo provare ad approvare la nostra per ottobre o novembre, altrimenti non ci sono più i tempi. Stiamo aspettando notizie da Roma, tutte le Regioni in questo momento sono bloccate”. Quanto all’opportunità di avviare un percorso di modifica costituzionale dello Statuto siciliano così da ridenominare i Liberi consorzi, come suggerito dal docente di Diritto pubblico dell’Università di Palermo, Giuseppe Lauricella, secondo Messina “i tempi sarebbero interminabili, la denominazione statutaria non la possiamo abrogare e per questo la manteniamo, chiamando nella nuova legge ‘Province’ i ‘Liberi consorzi’. Si tratta di una denominazione, non cambia la sostanza delle cose”.
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Quanto incide il costo politico sui bilanci degli enti
Una volta portato a compimento l’iter della legge, si avrebbe quindi un costo una tantum di cinque milioni di euro per sostenere la spesa elettorale e un costo annuo di 11 milioni di euro per sostenere la parte politica delle ricostituite Province. Per capire quanto costi restituire la guida politica ai nuovi enti, basta considerare l’ammontare delle spese (per cassa) delle tre Città metropolitane e dei sei Liberi consorzi comunali, così come gestiti attualmente, secondo i bilanci consuntivi 2021. Il totale nei nove enti raggiunge circa 1,7 miliardi di euro. La spesa per la politica inciderebbe quindi per lo 0,6 per cento. Secondo Giuseppe Sangiorgi, presidente del comitato nazionale Pro Province, il disegno di legge Schifani va “accolto con soddisfazione”, anzi riconosciuto “come l’unica cosa seria che la politica abbia potuto produrre negli ultimi dieci anni, cioè da quando alcuni partiti, senza un progetto politico valido e nell’indifferenza di tutti, dal 2012 hanno approvato, dietro le spinte qualunquiste, demagogiche e dell’antipolitica, norme scellerate che hanno decretato la soppressione o trasformazione degli enti. Però, nel 2011 il debito pubblico era di 1.850 miliardi di euro, senza le Province siamo arrivati a 2.750 miliardi di euro. Il problema non era nelle Province, la spesa fuori controllo è altrove, dove nessuno guarda”.