Secondo trimestre 2019: occupazione con segno positivo. Lo dicono i dati elaborati da Istat, ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Inps, Inail e Anpal sulle tendenze dell’occupazione riguardante il secondo trimestre 2019. Il tasso di occupazione destagionalizzato si porta al 59,1% (+0,3 punti in confronto al trimestre precedente). Ferma è la quantità di “Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno” (cioè il volume delle ore lavorate), che però cresce dello 0,4 per cento anno su anno. Il contesto di riferimento racconta di un sostanziale ristagno dell’attività economica: “Se nelle dinamiche congiunturali l’aumento dell’occupazione è più accentuato nel Mezzogiorno (+1,1 per cento) in confronto al Nord e al Centro (+0,4 per cento e +0,3 per cento, rispettivamente), nei dati tendenziali alla crescita nel Nord e più lievemente nel Centro (+0,7 per cento e +0,1 per cento, rispettivamente) si contrappone, per il terzo trimestre consecutivo, il calo nel Mezzogiorno (-0,3 per cento)”, si legge nel rapporto.
Lavoro, avanti adagio
Il tasso di occupazione destagionalizzato tocca il 59,1 per cento (+0,3 rispetto al trimestre precedente) e i settori maggiormente beneficiati in termini di posti di lavoro sono l’industria e i servizi. Rispetto al primo trimestre 2019, si registra una crescita delle posizioni lavorative dipendenti: quelle a tempo indeterminato sono 134 mila in più, mentre quelle a tempo determinato subiscono una flessione (-45 mila). Avanza il lavoro indipendente: rispetto al periodo gennaio-marzo, si registrano 17 mila occupati in più (pari allo 0,3 per cento), anche se il dato tendenziale è ancora negativo (-0,4 per cento). Piccoli passi avanti per l’occupazione tra i 15 e i 34 anni: +0,3 per cento su base congiunturale e +0,1 per cento rispetto allo scorso anno. I dati nazionali finiti sotto la lente di ingrandimento del rapporto dimostrano che “l’aumento dell’occupazione rispetto a tre mesi prima riguarda entrambe le componenti di genere, mentre quello su base annua interessa soltanto le donne a fronte della stabilità per gli uomini”. Inoltre “la diminuzione del numero dei disoccupati e del relativo tasso è più accentuata per la componente femminile in entrambi i confronti; se le donne presentano una sostanziale stabilità tendenziale e congiunturale dell’inattività e del relativo tasso, per gli uomini i due indicatori aumentano rispetto a un anno prima mentre scendono su base trimestrale”.
Sicilia: il gap da colmare
In attesa di conoscere nel dettaglio i dati territoriali per analizzare il quadro siciliano, si può partire da una considerazione: nel corso del 2018 sono emersi segnali di indebolimento delle condizioni occupazionali (-3 per cento) a fronte di un miglioramento che ha riguardato sia il Paese che il resto del Mezzogiorno. La Banca d’Italia conferma che, alla fine dello scorso anno, in Sicilia il numero degli occupati era inferiore a quello del periodo pre-crisi. Insomma, il gap da sanare è notevole. Il rapporto evidenzia ad esempio che il settore dei servizi, che nel 2018 ha conosciuto altrove un incremento di occupati, in Sicilia non ha mostrato progressi. “Si è ridotta l’occupazione per le donne dopo quattro anni di incrementi, mentre quella maschile è rimasta pressoché stabile”, scrive BankItalia.
Incentivi come trampolino di lancio
Nel 2018, le assunzioni nette sono state di poco inferiori all’anno precedente e “il saldo dei rapporti a tempo indeterminato è tornato positivo, sospinto anche dalle trasformazioni dell’elevato numero di contratti avviati in precedenza e favorito dagli sgravi contributivi”. La semina ha dato i primi frutti se si considera che un quinto delle nuove assunzioni e delle trasformazioni a tempo indeterminato sono legati agli incentivi occupazione Sud (già presenti nel 2017) e che il 2 per cento ha usufruito dei nuovi sgravi previsti dalla legge di bilancio 2018 per i neoassunti di età non superiore ai 35 anni (è di 7 invece la media nazionale). Dati alla mano, il decreto dignità, con l’introduzione di limitazioni al prolungamento dei rapporti a tempo determinato con la stessa impresa, avrebbe agevolato l’aumento delle trasformazioni ma con il combinato disposto del rallentamento ciclico avrebbe frenato le assunzioni a termine (“Il cui incremento aveva fornito il principale contributo alla crescita dell’occupazione dipendente nel 2017”). Il tasso di disoccupazione si mantiene al 21,5 per cento: un valore che doppia quello nazionale del 10,6 per cento. C’è poi il capitolo Neet: giovani tra i 15 e i 34 anni che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione. La quota record isolana è del 41,8 per cento, il tasso più alto d’Italia. Da questi dati definitivi dello scorso anno, insomma, si deve ripartire per risalire la china, consapevoli che la Sicilia parte dalle retrovie.