Petrolchimico in Sicilia, non solo Eni: le idee di Legambiente per una nuova era

Sullatransizione energeticala Sicilia rischia la “desertificazione industriale“, visto che la conversione avanza lentamente e l’Isola, a partire dal polopetrolchimico di Siracusa,continua apuntare sul fossile,“che a sua volta è causa del cambiamento climatico”. La dichiarazione di interesse strategico nazionale diIsab (ex Lukoil)e degli impianti di depurazione Priolo Servizi e Ias non basta. Sul depuratore Ias, in particolare, è nata “unalunga vicenda giudiziaria“, che al momento “sembra lontana dall’essere risolta”. A metterlo nero su bianco èLegambiente Sicilia,che ha proposto alcune idee per una aprire nuova era dei siti industriali siciliani nel corso di un incontro a Melilli. Il tema èpiù che mai attuale.Nelle scorse settimane Eni-Versalis – uno dei “grandi utenti” del depuratore Ias con Isab, Sasol, Sonatrach e altri – ha annunciato che “cesseranno le attività degli impianti cracking a Brindisi e Priolo, e del polietilene a Ragusa“, così da realizzare “nuovi impianti coerenti con la transizione energetica e ladecarbonizzazione dei vari siti“. Leggi anche –Eni, Filctem Sicilia: tutti in piazza in caso di ridimensionamento di Versalis L’azienda ha garantito che latrasformazione“porterà unimpatto positivo dal punto di vista occupazionale“, contrastando “le inevitabili conseguenze negative” dovute alla crisi del settore. Rassicurazioni che non sono bastate ai sindacati, a partire daFilctem Cgil,che ha invocato la piazza ricordando cheEni-Versalis “non ha crisi di mercato”e che un disimpegno da Siracusa e Ragusa rischia di dare il colpo finale a “un sistema gracile, già provato dallecondizioni geopolitiche,daicosti dell’energia,dalle alterate condizioni di mercato e dal mancato avvio dei processi di transizione che stanno già assestando duri colpi al tessuto occupazionale”. Preoccupazioni condivise anche daglienti locali,come l’amministrazione di Ragusa,secondo cui “il territorio è sicuramente a credito con Eni e con la comunità nazionale per losfruttamento del sottosuoloe l’utilizzo fin dagli inizi del secolo scorso, del suo capitale umano ed ambientale”. Una tesi sposata anche daLegambiente,che illustra la strategiaper lariconversione dei sitiindustriali. Leggi anche –Petrolchimico, alle vittime dell’amianto spettano i benefici contributivi Anche secondo l’associazione, infatti, “i territori che da decenni stannopagando un caro prezzoin termini di salute, ambiente, opportunità negate per la presenza di impianti industrialifortemente inquinanti ed energivori“. La crisi invocata daEni-Versalisrappresenta “un banco di prova” per le istituzioni, chiamate a “dotarsi finalmente di unapolitica industriale che guardi al futuro“. Legambiente traccia una strategia in quattro punti. Il primo passo è quello di “dichiarare strategiche le bonifiche deiSiti di interesse nazionalesiciliani”. Una scelta che permetterebbe “la riconversione ecologica di vaste aree da destinare ad aree di accelerazione per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili“. Il secondo passo sarebbero “adeguate misure di accompagnamento al lavoro”, senza dimenticare “la formazione di nuove e necessarie competenze”. Misure costose, per le quali il Governo dovrebbe“trovare risorse adeguate”,anche chiedendo all’Europa di estendere “i benefici delJust Transition Fund,previsti ad oggi solo per ilSulcis in SardegnaeTaranto in Puglia“. Leggi anche –Depuratore di Priolo, dalla Regione nove milioni per la messa in sicurezza Il terzo punto prevede di “riconvertire l’interocomparto industriale metalmeccanicodalleattività della filiera petroliferaa quella relativa all’assemblaggio degliimpianti eolici offshore“. Una virata verso le rinnovabili, insomma, ma anche verso “servizi marittimi (rimorchiatori d’altura) ditrasporto, installazione, manutenzione e vigilanza“. Infine, come quarto punto, Legambiente propone di “realizzare impianti industriali dell’economia circolare“, entrando nel dettaglio delle attività, “produzione dicompost e biometano,estrazione dellematerie prime critichedai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, trattamento dei prodotti assorbenti per le persone, etc.”. Senza dimenticare gli “impianti diproduzione di idrogeno verde,prodotto da fonti rinnovabili, per abbattere le emissioni climalteranti dei cicli produttivi più energivori”. Passi da attuare in modo rapido, concludono dall’associazione, per evitare lospopolamento industriale e sociale.“In termini di lotta alla crisi climatica fare lentamente la transizione ecologica equivale a perdere. E chi ne farà lespese maggioria breve termine saranno lefasce più deboli della società“.