Pioggia, Sicilia fragile. I fiumi senza manutenzione diventano ‘pazzi’
Primapioggia,Sicilia fragile. I territori diPalermo,Catania,SiracusaeRagusasono i più esposti ai temporali previsti oggi. Situazioni che mettono a dura prova la tenuta dei fiumi e delle piane. Queste le aree piùvulnerabili, perché grandi quantità di acqua possono causareesondazionie allagamenti. Le “piogge sono sempre più concentrate nel tempo, con eventi sempre più tendenti al catastrofismo”, spiega GiuseppeAmato, dirigente nazionale diLegambientee membro del direttivo dell’associazione regionale, che parla di “effettidirompentisul territorio, a cui si aggiunge uno stato complessivo dei fiumi che è deipeggiori. Ci sono opere realizzate nel tempo lungo i fiumi, anche in prossimità dei centri abitati, che non sonoquasi maisoggette amanutenzione“, avverte. SecondoLegambientec’è un problema di mancatapianificazione. Per esempio, “se si segue su Google Maps il corso del fiumeDittaino– dice Amato – un affluente delSimeto, ci sono interi tratti regimentati da argini e altri pezzi chenon sono trattatiper nulla. Così il fiume non funziona”. Leggi anche –Interventi da sei milioni di euro per la sicurezza di quattro fiumi Tra il 2007 e il 2014 ilCommissariodi governo contro il dissesto idrogeologico dellaRegioneSiciliana, figura che coincide con il presidente della Regione, ha impegnato823 milioni di europer 507 progetti finanziati con fondi europei. Di questi, finora solol’11 per cento risulta concluso. L’86 per cento degli interventi è in corso, il tre per cento da avviare. Lamanutenzionedi aree a rischio frana, corsi d’acqua e invasi a rischio di esondazione passa anche da qui. Ma ci sono molteautoritàin gioco. Le dighe, per esempio. “Sono deiconsorzidi bonifica,dell’Enel,dell’Esa, diSiciliacque– prosegue Amato – e non si capisce bene con chi parlare e come vengonomantenute. E ci sono dighe non sottoposte a controllo. L’Autorità di bacino è una cosaeccezionale. Ma dal punto di vista teorico. Opera sui fiumi un tratto sì e uno no”. Quel che servirebbe, invece, è unapianificazionedell’intervento che riguardituttoil corso d’acqua, da monte a valle, considerando le possibilipienedovute alle piogge improvvise e copiose. Leggi anche –Alluvioni, in Sicilia 400 mila persone a rischio. Fiumi e dighe osservati speciali “Ifiumi, se fossero naturali – spiega il consigliere di Legambiente – non avrebbero alcun bisogno di esserepuliti. Il fiume funziona per i fatti suoi”. Questo però fin quando l’area di esondazione non è “occupata dacostruzionipiù o meno grandi o più o menoabusive– avverte Amato – daponticon una ‘luce’ inferiore alla portata di piena del fiume e altre situazioni che sifrappongonoabbastanza pesantemente” allo scorrere delle acque. “Oggi invece abbiamo tratti di fiumi che sono trattati comecanali, sia a valle che a monte. Di rado il fiume è quello naturale. È un grancaos. In alcuni tratti il fiume scorre a grande velocità trascinando tutto quel che trova, comerifiutie bombole di gas. Poi incontra un tratto ingombro divegetazionefluviale, che deve fare il suo lavoro naturale, cioè rallentare le acque, ma trova un carico di ben maggiore potenza rispetto al solito”. Qualche volta i corsi d’acqua vengono ripuliti “in modoobbrobrioso– osserva Amato – facendo entrare leruspenel letto del fiume e tirando via tutto, compresa vegetazione e depositi del materasso fluviale. L’acqua arriva con un corso molto veloce e fadanno“. Secondo Legambiente è quel che è avvenuto con il crollo del ponte ferroviario delle 13 luci, sul fiumeSosio, la scorsa primavera. Leggi anche –“Trappole” contro la plastica nei fiumi, via libera al programma della Regione In Sicilia ci sonodecine e decinedi punticriticicome quello sul Sosio. AEnna, per esempio. La città antica è in montagna “e dovremmo stare ben tranquilli – dice Amato – perché l’acqua scendevelocementea valle. Ma nella parte centrale del fiume San Giovannello, ci sono fenomeni diaccumuloormai secolare. C’è addirittura una vecchiadiscaricache oggi scivola sempre più. Gli interventi si stanno facendo a valle, a Enna bassa. A monte, dove c’è il rischio crollo e si vede, l’acqua ha giàscavatoe non si sta intervenendo”. Paradossi sui quali si accumulano ritardi erischiin una Sicilia bocciata in sicurezza. “Se proprio dobbiamo dare un voto, io dico quattro, ma è un voto di bontà”, dice l’ambientalista. “Anziché prevedere65 milioni di europer l’inutilissima e dannosissima digaPietrarossa– continua – se quei fondi si spendessero perrinaturalizzarei fiumi, ci salveremmo per vent’anni da una serie di eventidisastrosi“. Ma di fondi allaSiciliane servirebbero tanti. Per la sicurezza idrogeologica “ci vorrebbe un altropiccolo Pnrr– conclude Amato – di qualchecentinaia di milionidi euro per tante piccole opere da fare con manodopera locale, a vantaggio dei siciliani. Intanto, possiamo inventarci unsantoprotettore delle alluvioni”.