Più pensioni che stipendi. I conti non tornano, ma le banche ci guadagnano

Più pensioni che stipendi: a l momento è così solo nel Mezzogiorno d’Italia ma presto,entro il 2028secondo le tendenze, sarà così in tutto il Paese. L’Italia è destinata, e presto, a essere unPaese di pensionatie per questo avereseri problemi a far quadrare i conti pubblicie a mantenere, nei prossimi decenni, ilivelli di ricchezzasin qui raggiunti. In particolar modo in particolar modo a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e di assistenza alle persone.A guadagnarci saranno solo le banche, vedremo perché. Anche in questi giorni il governo Meloni sta valuntando un nuovo cambio dei parametri per andare in pensione. Si allungano sempre più e così per igiovanidi oggi, che magari entrano anche tardi nel mondo del lavoro, soprattutto al Sud, la pensione diventa un miraggio mentre sono costretti a lavorare fino a tarda età per pagarla agli altri. I numeri sono parte di uno studio sul tema dellaCgia di Mestreche ha elaborato i dati dell’Inps e dell’Istat. Gli ultimi dati disponibili che consentono di effettuare un confronto tra il numero dei lavporatori attivi e quello delle pensioni agli italiani sono riferiti al2022. In quel periodo risultavano 23,1 milioni di lavoratori tra autonomi e dipendenti contro 22,8 milioni di pensionati. Certo, dicono dalla Cgia di Mestre, le cose in questi due anni sono cambiate. Ècresciutoil numero deglioccupati. C’è però un ma da considerare. Perché, si legge sul documento, “è altrettanto ragionevole ritenere che anche il numero dellepensionicorrisposte in questo ultimo anno e mezzo sia cresciuto, addirittura in misura superiore all’incremento dei lavoratori attivi”. Leggi anche –Lavoro in Sicilia: cresce ma è maschio, debole, soggetto a inflazione ed espatri Come dicevamo è ilMezzogiornoche riceve più pagamenti dall’Inps, ma ci sono due considerazioni da fare in merito: una riguarda la tipologia di pensioni e l’altra il perché se ne erogano così tante. Non si tratta solo di pensioni divecchiaia o anticipate. Tanti sono i trattamenti sociali o di inabilità, come la cartaDedicata a teappena rinnovata anche per quest’anno. Per quanto riguarda il perché questo stato di cose, secondo gli esperti di Cgia Mestre, è frutto diquattro fenomeni strettamente correlatifra di loro: ladenatalità, il progressivoinvecchiamentodella popolazione, un tasso dioccupazionemolto inferiore alla media UE e la presenza di troppi lavoratori irregolari. “La combinazione di questi fattori ha ridotto progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, – scrivono – ingrossato la platea dei percettori di welfare. Un problema che non riguarda solo l’Italia; purtroppo, attanaglia tutti i principali paesi del mondo occidentale”. Leggi anche –Lavoro: nel 2023 in Sicilia cresce, ma il tasso di occupazione non tocca il 45% Il fenomeno, che al momento attanaglia solo una parte del Paese, entro poco tempo rappresenterà una vera asfissia per tutti. Secondo le previsioni Unioncamere, “entro il 2028 sono destinati a uscire dal mercato del lavoro perraggiunti limitidi età 2,9 milioni di italiani, di cui 2,1 milioni sono attualmente occupati nelle regioni centrosettentrionali”. Ad oggiLecce, Napoli, Messina, Reggio Calabria e Palermosono le realtà più “assistite”. Lecce quella più “squilibrata”. Le uniche realtà territoriali del Mezzogiorno che registrano una differenza anticipata dalsegno piùsonoCagliari e Ragusa. Al Nord sono 11 le realtà che registrano già oggi più pensioni che lavoratori attivi. In pratica tutte le province dellaLiguria(Genova, Imperia, La Spezia e Savona), tre su otto delPiemonte(Alessandria, Vercelli e Biella) e poiSondrio, Gorizia, Rovigo e Ferrara. Leggi anche –Banche, 2023 da sogno: 43 miliardi di utili e niente tassa sugli extraprofitti Ma chi ci gudagna ad avere una Italia in cui ci sono più pensioni che stipendi? Lo scrivono a chiare lettere dal centro studi della Cgia di Metre:con più anziani vantaggi solo per le banche. “Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da anziani rischia diridimensionare il giro d’affaridel mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Per contro, invece, le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi; con una maggiorepredisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi, suscitando la contentezza degli istituti di credito”.