“I vantaggi, per la Sicilia e per l’Italia intera, derivanti dal Ponte sullo Stretto sono noti da tempo, a prova di smentita. Al contrario, purtroppo non è chiara a nessuno l’utilità del nuovo studio di fattibilità voluto dal ministro Giovannini, se non per quelle finalità dilatorie che hanno caratterizzato il dibattito sull’opera in questa legislatura”. La lettura dell’assessore regionale alle infrastrutture e ai trasporti Marco Falcone è netta. Infatti sulla questione sembra di essere in una commedia: ponte sì ponte no, ponte forse ponte come. Sembra paradossale, ma ancora è tutto sospeso. Come nel gioco dell’oca, il ponte fa due o tre passi avanti e poi torna alla casella iniziale.
Il rischio “opzione zero”
Adesso aspettiamo per i prossimi mesi il pronunciamento del ministero delle infrastrutture sulla fattibilità dell’opera, sulla opportunità di farlo a campata unica o a più campate. Ma c’è anche la possibilità che scatti l'”opzione zero”, ovvero che l’idea venga bocciata del tutto. Nel frattempo il calendario corre, e si avvicinano le elezioni politiche, previste per l’inizio del prossimo anno. E con le elezioni, si sa, tutto si ferma e torna alla casella iniziale. Come nel gioco dell’oca, appunto. Eppure dieci anni fa tutto era pronto per il progetto esecutivo, poi il governo Monti, in piena crisi, decise di azzerare il finanziamento di due miliardi e non se ne fece nulla, per l’ennesima volta.
Leggi anche – Ponte sullo Stretto, Confindustria Sicilia: no equilibrismi, Governo decida
I numeri del Ponte
Eppure, secondo gli studi dello stesso ministero guidato da Enrico Giovannini, il ponte servirebbe alla Sicilia e al sud Italia. I dati ministeriali dicono che l’opera sarebbe utilizzata da 11 milioni di passeggeri l’anno, da circa 800 mila mezzi pesanti per il trasporto merci e da 1,8 milioni di mezzi leggeri, per lo più automobili. Numeri di tutto rispetto, tali da rendere l’infrastruttura, secondo i sostenitori, pienamente sostenibile anche economicamente. “Il ponte intercetterebbe anche il gigantesco traffico merci delle navi mercantili che provengono dal canale di Suez”, dice l’ingegnere Luigi Bosco, già presidente dell’Ordine professionale di Catania, assessore nella giunta Bianco e assessore regionale nel governo Crocetta.
Leggi anche – Ponte sullo Stretto, Musumeci: “Siamo pronti a finanziarlo parzialmente”
“Incapaci di rappresentare interessi della Sicilia”
“Il progetto a unica campata che era pronto nel 2010 – spiega Bosco – era stato accettato dalla comunità scientifica. Erano state esaminate e considerate superabili le criticità legate alla natura geologica dell’area e alla possibilità di forti terremoti, alla resistenza ai venti, all’impatto ambientale. Anzi alcune soluzioni ingegneristiche previste per l’opera sono attualmente utilizzate per la costruzioni di ponti in varie parti del mondo”. Dal punto di vista politico Bosco non nasconde che via sia una certa opposizione “ideologica” in ambienti della sinistra. Per riuscire a realizzare l’opera dice che intanto “serve un ministro che abbia carattere, competenza e determinazione, anche se questa è una condizione necessaria ma non sufficiente”. Bosco individua però un grande problema nella “incapacità della deputazione siciliana di rappresentare gli interessi della Sicilia”.
Leggi anche – Ponte sullo Stretto, Musumeci: “Chiedere finanziamento all’Ue”
Sicilia e Calabria pronte ad acquisire il progetto
A livello nazionale è stato detto che i fondi del Pnrr non erano utilizzabili per la costruzione del ponte, costo stimato 8,5 miliardi, perché tutte le opere finanziate con quelle risorse devono necessariamente essere completate entro il 2026. Tempi incompatibili con la realizzazione di un’opera tanto complessa. Marco Falcone però non è d’accordo: “L’occasione del Pnrr non è stata colta per una scelta politica di Roma che penalizza l’intero Mezzogiorno. Noi abbiamo rilanciato mettendoci a disposizione per recuperare il progetto: Sicilia e Calabria potrebbero acquisirlo dai privati, come Stato e Regione hanno già fatto per la Ragusa-Catania, e aggiornarlo”. Tuttavia, secondo Falcone poi “servirebbe un Governo nazionale costituito da forze tutte ‘Sì ponte’ per mandare in gara un’opera che diventerebbe un’attrazione mondiale e una calamita per i traffici commerciali del Mediterraneo”. Sotto l’aspetto della sostenibilità economica, l’assessore regionale dice che “l’opera si ripagherebbe in pochi lustri soltanto con il risparmio dei costi dei pedaggi, oltre 300 milioni l’anno, che oggi gravano sulle nostre collettività per tenere in piedi un collegamento via traghetti vecchio più di un secolo”.