Ipoveri a Cataniachiedono aiuto allo Stato, ma spesso lo trovano soltanto nelle parrocchie. Nel 2023 sono state 8.535 le persone che si sono rivolte a 41 parrocchie della rete Caritas. Di queste, la maggior parte sonoitaliane, senza lavoro, in difficoltà a procurarsi il cibo e a pagare le bollette.Donne e uomini rimasti vittima “dell’innalzamento dei costi dei beni di prima necessità e dell’energia”, che per andare avanti sono costretti a farsi aiutare, dalle parrocchie ma anche da “associazioni ed enti del terzo settore sulterritorio diocesano“. È quanto emerge dall’ultimo report “Un cuore che vede dove c’è bisogno d’amore”, realizzato dall’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse di Caritas Catania.I dati sono stati illustrati nei giorni scorsi dall’associazione diocesana, e fotografano una situazione drammatica. Come detto, la maggior parte degli utenti è italiana (90%), e deve fare i conti con la disoccupazione (80%). I problemi principali sono l’acquisto degli alimenti (95%) e ilpagamento delle bollette(40%). Senza dimenticare “lapovertà educativa“. Leggi anche –Divario Nord-Sud: un veneto guadagna il 28% più di un siciliano Le41 parrocchieche hanno partecipato alla rilevazione, precisano daCaritas Catania,sono circa un terzo di quelle attive sul territorio. I dati complessivi dellapovertà ai piedi dell’Etna,dunque, sono ancora più alti, come emerge dal report presentato dalla stessa associazione diocesana lo scorso maggio. Dal quale emergevanooltre 350 mila interventi erogati nel corso del 2023, quasi 120 mila in più rispetto al periodo pre-Covid.I dati presentati nelle scorse ore,sottolineano dall’associazione, sono ancora piùaderenti alla realtà. Le parrocchie infatti “rappresentano un’ideale punto di osservazione”, operando in prima linea su “vaste zone del territorio cittadino e dei comuni limitrofi”. I cittadini vengono aiutati “grazie agli aiuti delBanco Alimentare,al supporto di altri enti benefici, alle donazioni economiche”. Quanto alla Caritas Diocesana “solitamente viene coinvolta per gliinterventi più complessicome il pagamento delle bollette”. A ciascuno il suo compito, insomma. Anche perché gli aiuti non si limitano all’aspetto alimentare ed economico. Leggi anche –Al Sud è allarme “povertà sanitaria”. Ma la Sicilia fa meglio del Piemonte Tra iservizi offerti,infatti, ci sono anche “gli oratori persport e attività ricreative,l’accompagnamento per il doposcuola e il potenziamento, l’assistenza agli anziani e ai detenuti, i farmaci,l’assistenza domiciliare, la distribuzione di indumenti, il supporto ai ricoverati“. Caritas ricorda anche il lavoro di enti e associazioni del terzo settore, che offrono “dormitori, case di accoglienza, iniziative per i minori, corsi di formazione per gli adulti,sportelli di orientamento al lavoro,la consulenza legale per italiani e stranieri”. Compiti che lo Stato, evidentemente, non riesce a coprire da solo. Un deficit che stride con i risultati economici degli ultimi mesi, fa notare l’arcivescovo di Catania Luigi Renna,commentando il report. “L’aumento della povertà della famiglia nonostante la crescita del Pil, ci deve far pensare a quantoi meccanismi dell’economia non riescono ad essere pienamente orientati all’inclusione“. Per il vescovo “solo la politica può mettere argine ad una logica di mero profitto”, ma sui territori occorre “andare oltre l’impegno caritativo“. Leggi anche –Povertà e disuguaglianze: il benessere è ancora lontano in Sicilia Una visione sposata dai vertici diCaritas Catania,a partire dal direttoredon Nuccio Puglisi.“L’Osservatorio, se da un lato ci consegna l’annuale registro delle nostremancanze che si concretizzano e si incarnano nell’osservabile indigenza che fa da perimetro alla nostra vita sociale e urbana,dall’altro ci ricorda di che cosa potremmo essere capaci se tutti – non ciascuno da solo, ma ognuno con tutti gli altri – dessero il proprio contributo ad un progetto di comune dignità”. A ribadire il concetto è anche la referente dell‘Osservatorio delle Povertà e delle RisorseCarmela Impeduglia.“A questa complessità è necessario rispondere superando la frammentazione delle iniziative e implementando una tenace e mirata strategia di rete, con un approccio sistemico, capace di restringere laforbice tra vulnerabilità e opportunità“. Da qui la necessità di “investire sulle persone e sulle corresponsabilità ‘ri-generative’”, conclude la referente dell’Osservatorio, mettendosi al lavoro sui territori “in modo dasviluppare un coraleimpegno per l’inclusione“.
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