I Comuni credono troppo poco nelle attività di Protezione civile e di conseguenza spendono pochissime risorse per le dotazioni dei volontari, per acquistare vestiario, attrezzature, mezzi di soccorso o per redigere i piani di intervento da tenere pronti nel caso si verificasse un’emergenza o una calamità naturale. Lo testimoniano i dati dei bilanci comunali pubblicati da Openpolis: tra i Comuni capoluogo siciliani, solo Agrigento ha speso 5,1 milioni di euro nel 2020 in attività di Protezione civile, oltre 90 euro per ogni cittadino. Ma è l’eccezione nell’Isola, perché gli altri si sono mantenuti molto al di sotto: dai nove euro pro capite di Messina (spesa totale 2,1 milioni di euro), agli otto pro capite di Ragusa (spesa totale 585 mila euro) ai 7,7 euro pro capite di Palermo (spesa totale cinque milioni di euro), per arrivare per esempio a Trapani con 6,3 euro pro capite, ma nel 2017, ultimo bilancio disponibile. Qui però il Comune vuole recuperare: mette infatti nel Preventivo 2022 ben 17 euro pro capite e impegna risorse per 1,1 milioni di euro.
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“Distratte” anche le città del Nord Italia
Non se la passano meglio, stavolta, i Comuni del Nord o del Centro Italia: Milano ha una spesa pro capite di 2,55 euro, per una somma complessiva di 3,4 milioni di euro investiti in Protezione civile. Bologna, tra le città colpite dall’ultima drammatica alluvione, nel 2021 aveva speso 457 mila euro, poco più di un euro per ciascun cittadino. Bari, gemella di Catania per numero di abitanti, aveva speso 4,3 milioni di euro, 13,8 euro pro capite: sono pochi ma sempre più del capoluogo etneo che di euro ne ha destinati invece 1,3 milioni, 4,2 pro capite. Con l’aggravante che Catania ha rischi sismici e idrogeologici di una certa importanza. Torino, tanto per passare in rassegna città solitamente più lungimiranti, ha speso 1,6 milioni di euro: meno di due euro pro capite. Non stupirà a questo punto che una città come Caltanissetta abbia riservato a questo importante settore dell’amministrazione appena diecimila euro, 0,17 centesimi di euro per abitante, o Siracusa 2,29 euro per abitante (268 mila euro complessivi), pur rientrando, quest’ultima, in un’area notevolmente soggetta a rischio sismico. Ha fatto meglio, allora, Acireale, che ha speso 1,7 milioni di euro, quasi 34 euro pro capite.
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In emergenza, il Comune deve attivarsi per primo
Eppure, le prime risposte in caso di emergenze, terremoti, alluvioni e altre calamità naturali dovrebbero essere garantite proprio a livello locale, a partire dalla struttura comunale di Protezione Civile, l’istituzione più vicina al cittadino. Non a caso l’autorità comunale di Protezione civile è il sindaco stesso, chiamato a intervenire subito, prima che si mobilitino i livelli superiori (provinciale e regionale) con azioni coordinate che coinvolgono le prefetture e la Regione, fino allo Stato in caso di emergenza nazionale. Ma prima che si arrivi a questo, molte attività possono essere fronteggiate dall’amministrazione comunale, che per prima ha il compito di coordinare il personale e le strutture operative locali, tra forze dell’ordine e volontari, attivare le associazioni per il soccorso, istituire il Centro operativo comunale di Protezione civile (Coc), tutto sulla base dei piani di emergenza, ovvero i “Piani comunali di Protezione civile”.
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Piani di Protezione civile, questi sconosciuti
Tutte le procedure di intervento vengono pianificate in tempi ordinari. Tutto quello che va fatto se c’è un esplosione, un sisma, un alluvione, dove radunare uomini e mezzi, dove allestire le tendopoli, dove trovare escavatori, quali sono le aree più a rischio e tanti altri elementi sono contenuti nel Piano comunale di Protezione civile, uno strumento dinamico, da aggiornare costantemente e che rappresenta l’insieme delle procedure di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorio. Il Piano è un obbligo per i sindaci e va redatto secondo linee guida previste dalla legge 100 del 2012. Solo il 49 per cento dei Comuni siciliani, secondo i dati del dipartimento nazionale della Protezione civile, ha un Piano aggiornato. La Sicilia è l’ultima d’Italia. Tutte le altre regioni hanno fatto meglio i compiti e anche le meno preparate hanno comunque percentuali superiori: in Lombardia 78 Comuni su cento hanno un piano, in Sardegna 79 su cento, in Campania 88 su cento. Tutte le altre superano il 90 per cento. Se non in spese per il settore, almeno in pianificazione si tengono il più possibile in regola.