Il Governo Draghi ha deciso di impugnare la legge di Stabilità della Regione siciliana, “in quanto talune disposizioni eccedono dalle competenze statutarie”. Precisamente quelle dell’articolo 36, contenente “Norme per in materia di stabilizzazione e fuoriuscita del personale Asu”. La decisione è stata presa dal Consiglio dei Ministri di ieri, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Mariastella Gelmini. Sul tavolo il futuro di oltre 4.500 lavoratori socialmente utili impiegati nella pubblica amministrazione siciliana, ai quali il governo regionale guidato da Nello Musumeci, nei mesi scorsi, aveva promesso “una soluzione definitiva dopo 25 anni”.
Csa-Cisal: “Serve tavolo permanente”
Immediata la reazione del mondo sindacale. Per Csa-Cisal l’articolo 36 è stato impugnato “nonostante le rassicurazioni del Governo regionale sulle interlocuzioni con Roma”. I lavoratori Asu, scrivono i dirigenti Giuseppe Badagliacca, Clara Crocè e Gianluca Cannella, “da anni consentono il funzionamento di uffici ed enti pubblici”, e per affrontare la nuova situazione “è necessario convocare subito un tavolo permanente”. Tre le proposte che Csa-Cisal sottoporrà al governo Regionale. “Strutturalità del finanziamento fino al 2038, trasformazione dei contratti a tempo indeterminato almeno per le stesse ore attuali, aumento complessivo della dote finanziaria per la fuoriuscita incentivata ma senza paletti di alcun tipo”. In attesa di risposte da parte dell’esecutivo regionale, Csa-Cisal annuncia lo stato di agitazione.
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Cobas-Codir: “Sciopero a oltranza”
Anche per le segreterie regionali di Cobas e Codir l’impugnativa deve diventare “lo spunto per attivarsi ad ottenerne soluzioni migliorative per la categoria di questi lavoratori”. I sindacati esprimono “insoddisfazione” per la vicenda, proclamando a loro volta “lo stato di agitazione di tutto il personale Asu, attualmente utilizzato da Enti pubblici e dal privato sociale”. Cobas e Codir annunciano inoltre uno sciopero a oltranza, “distinto per turnazioni e per uffici di appartenenza”, per chiedere al Governo regionale e a quello nazionale “di trovare la soluzione definitiva senza distinzione di appartenenze politiche”. I lavoratori Asu “hanno garantito lo svolgimento delle regolari attività lavorative quotidiane dei pubblici uffici di tutto il territorio della Regione siciliana”, perciò i sindacati invitano il Governo “a chiudere la mortificante pagina del precariato storico nell’Isola, garantendo i diritti dei lavoratori”.
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Fava: “Dalla tragedia alla farsa”
Duro anche il giudizio della politica. “Ci sono più di quattromila lavoratori, a cui il Governo regionale aveva assicurato la fuoriuscita dall’incubo della precarietà, e che oggi si ritrovano senza certezze”, attacca il presidente della Commissione regionale Antimafia Claudio Fava. Per il deputato regionale “ci sono decine e decine di sindaci che pensavano di poter rendere più efficiente la macchina comunale con i processi di stabilizzazione del personale e che invece si ritrovano, anche loro, senza certezze”. Malgrado ciò, prosegue Fava, “per il governo Musumeci la manovra ha retto”. Se non ci fossero di mezzo le vite di migliaia di siciliani, conclude il presidente dell’Antimafia siciliana, “verrebbe da dire che dalla tragedia siamo precipitati nella farsa”.
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Pullara: “Sicilia a Roma non conta”
Per Carmelo Pullara, deputato regionale e presidente del movimento Onda, i lavoratori Asu “si vedono scippati per l’ennesima volta, in questi venti anni, dell’opportunità di venire stabilizzati”. La norma per la stabilizzazione contenuta nella legge di Stabilità “fu condivisa dalla maggior parte dei parlamentari e fu approvata senza alcun ostacolo”, e l’impugnativa di ieri da parte del Governo “si abbatte sulla pelle di questi lavoratori vessati e presi in giro da anni con promesse su promesse mai realizzate”. Pullara non risparmia critiche agli assessori regionali al Lavoro e alle Autonomie, Scavone e Zambuto, che “dovrebbero avere una corsia preferenziale visto che sono rappresentati al governo”. La decisione dell’esecutivo nazionale, conclude il deputato, “riconferma che noi siciliani a Roma non contiamo nulla anzi contiamo come il due di coppe quando la briscola è bastoni”.