Le riserve naturali in Sicilia sono 75 e ricoprono oltre il 14 per cento della superficie dell’isola. Nascono con lo scopo di preservare la biodiversità del territorio e rendere accessibile il patrimonio naturale ai cittadini. Ma non vengono adeguatamente finanziate dalla Regione Siciliana secondo le associazioni Wwf, Legambiente e Cai. Questo nonostante le aree protette rappresentino anche una entrata per le casse dell’amministrazione regionale. Un milione di euro è infatti il guadagno stimato dal documento regionale di Economia e Finanza 2023 per la vendita dei biglietti d’accesso alle tre riserve naturali dello Zingaro, di Vendicari e di Ficuzza per gli anni 2023, il 2024 e il 2025. Un altro problema che non permette alle riserve naturali di essere valorizzate al meglio sta negli iter burocratici, lunghissimi e contorti, che le fanno nascere.
75 riserve naturali, quattro parchi regionali
Il patrimonio naturalistico terrestre della regione Siciliana si estende su 3.678 km² su un totale di 25.710 km². Il dato come detto rappresenta il 14 per cento del totale, e per avere un termine di paragone l’estensione delle aree naturalistiche nell’Isola è maggiore dell’intera superficie della regione Valle D’Aosta che si ferma a 3.263 km². Queste aree sono frammentate in 80 zone diverse, che vengono classificate in tre modi: riserve naturali, parchi regionali e parchi naturali nazionali. Le riserve naturali sono 75, e di queste cinque sono state riconosciute come patrimonio mondiale dall’Unesco.
Il tema delle società di gestione
Diverse sono le società che gestiscono le varie riserve. La maggioranza è amministrata dall’Azienda Regionale Foreste Demaniali, e il resto delle aree è viene gestito da Legambiente Sicilia, Cai – Club Alpino Italiano, Università di Catania – Area della terza missione, Gre – gruppi ricerca ecologica Sicilia, Ranger d’Italia sezione Sicilia, Associazione Lipu, Wwf – World Wildlife Fund, Associazione Italia nostra. I parchi regionali in Sicilia sono quattro. Si stratta del parco delle Madonie, dell’Etna (patrimonio Unesco), dei Nebrodi e dell’area Fluviale dell’Alcantara. La regione possiede poi anche un parco naturale nazionale, quello dell’isola di Pantelleria, portando il totale a 80. Ma il patrimonio naturale non è solo terrestre. Se difatti la Sicilia si trova al tredicesimo posto su venti nella classifica italiana delle regioni con più aree protette, è al quarto posto per quanto riguarda le zone marine tutelate.

Le sette Aree marine e i 245 siti “Natura 2000”
Con il suo 17,23 per cento viene superata solo da Sardegna (18,29 per cento), Puglia (21,76 per cento) e Toscana (27,08 per cento). Al lungo elenco si aggiungo infine anche i siti “Rete natura 2000“. Si tratta di aree ricadenti nello strumento europeo per il mantenimento della biodiversità, e in Sicilia secondo i dati del ministero dell’Ambiente sono 245 i siti censiti che si vanno ad aggiungere alle 80 aree naturali. La rete Natura 2000 è costituita dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), identificati dagli Stati Membri secondo quanto stabilito dalla Direttiva Habitat, che vengono successivamente designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC). La Rete comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE “Uccelli” concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
Gli ostacoli della burocrazia: il caso dei monti Sicani
Gli iter burocratici per rendere le zone naturali ufficialmente “aree protette” sono lunghi e complessi, e spesso contorti. Ne è un esempio il parco dei monti Sicani. Il primo decreto istitutivo per classificarlo come parco regionale è stato presentato dalla Regione Siciliana nel 2010. L’iter viene bloccato l’anno successivo dal consiglio di giustizia amministrativa. Nel 2012 viene riproposto, e l’anno successivo nuovamente bloccato. Alla fine di questo doppio scambio, negli ultimi mesi del 2013 l’assessorato regionale al Territorio fa ripartire il processo, e riceve l’ok dalla Commissione ambiente dell’Ars e del Crppn, il Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale. Ma a causa del cambio delle deleghe per Territorio e Ambiente ed Agricoltura ci sono dei rallentamenti. L’area dei monti Sicani diventa parco regionale nel 2014, ma non rimane a lungo nella lista.
Il ricorso amministrativo del 2019
Nel 2019 i proprietari di alcuni terreni rientranti nel parco fanno ricorso al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, e vincono la causa. Il risultato è che i monti Sicani non sono più parco regionale. Altro esempio di burocrazia “complessa“, così come viene definita dalla regione in un comunicato di quattro anni fa (rispetto al quale la situazione non è cambiata), è anche quella che ha riguardato l’area degli iblei. Questa zona sarebbe dovuta divenire parco nazionale fin dal 2007, ma l’iter burocratico è bloccato da 16 anni. Anche la vita della riserva di Capo Gallo a Palermo è ostacolata dalla burocrazia. I visitatori pagano per entrare perché il terreno di passaggio è privato. La regione ha previsto l’esproprio fin dal 2014, ma il procedimento è ancora fermo. Gli investimenti regionali sono insufficienti per supportare adeguatamente le riserve naturali.
I fondi a disposizione
I fondi stanziati dall’ARS sulla carta riuscirebbero a coprire il fabbisogno dichiarato da diverse società di gestione delle riserve, ma attualmente la disponibilità finanziaria è molto meno di quella a cui si potrebbe avere accesso. Difatti nell’aprile del 2022 dalle associazioni ambientaliste Cai, Gre, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Rangers d’Italia-Sezione Sicilia e Wwf avevano fatto sapere che il fabbisogno annuo complessivo delle ventidue riserve da loro gestite e delle sette affidate all’Università di Catania era di 3,9 milioni di euro. La Regione Siciliana, nel DRS n° 26 del 26/01/2023, dichiara come importo totale per le convenzioni attive per le riserve una cifra pari proprio a 3,9 milioni. Però si legge anche che attualmente la disponibilità finanziaria è meno di un terzo del numero precedente. Quindi in definitiva alle riserve naturali sono stati destinati un totale di 1.097.777,78 euro, circa un quarto rispetto a quanto sarebbe loro necessario.