Se guardiamo, SOTTOSOPRA, quanti sono gli italiani ad avere retribuzioni così basse (se paragonate alla media dei principali paesi europei), ci accorgiamo che non sono pochi, ma si aggirano su 4,6 milioni di lavoratori. Questo numero così elevato dovrebbe fare sorgere, agli oppositori della proposta di legge, qualche domanda sul merito e soprattutto sulle reali condizioni dei lavoratori nel nostro Paese.
Milioni di lavoratori prendono meno di nove euro
Da un rapporto dell’INPS del 2021, emerge che in Italia quasi due milioni di lavoratori prende molto meno di 9 euro l’ora, se consideriamo nella retribuzione anche la tredicesima e il trattamento di fine rapporto. Parliamo del 13% circa di tutti coloro che sono impiegati nel settore privato; le percentuali più alte le ritroviamo tra colf, badanti, domestici in generale e, continuando, lavoratori negli hotel, nella vigilanza, nel settore delle pulizie, proseguendo per coloro che portano la pizza a domicilio e per gli occupati nel settore dell’agricoltura (con retribuzioni al di sotto dei 7,3 euro lorde all’ora).
Tredicesima e liquidazione falsano il conteggio
I numeri crescono notevolmente, invece, sé non consideriamo la tredicesima mensilità e la liquidazione, arrivando a quasi 4,6 milioni di lavoratori con salari al di sotto dei 9 euro l’ora. Un terzo dei lavoratori privati risulta avere buste paga molto più basse di quella previste dai contratti collettivi nazionali.
I più penalizzati sono giovani con età inferiore a 35 anni e lavoratrici donne, ma l’elenco è più ampio: si va dai tirocinanti a chi è retribuito coi voucher, dai lavoratori intermittenti passando per i falsi autonomi (che sono “obbligati” ad aprire una falsa partita IVA).
Senza considerare i lavoratori in nero, più di 3 milioni di persone che sfuggono alle statistiche ufficiali ed hanno impieghi irregolari, a volte anche al limite della dignità umana.
In Europa siamo uno dei pochi paesi, sui 27 dell’UE, a non avere un salario minimo insieme ad Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia (che tra l’altro hanno stipendi medi più alti dei nostri) e Cipro.
Sindacati divisi
Il dibattito sulla proposta di legge sembra riaccendersi nel nostro Paese, con il Governo Meloni che per bocca della Ministra del Lavoro Marina Calderone si mette di traverso e con i sindacati che si spaccano, da una parte CGIL e UIL favorevoli alla proposta di legge sul salario minimo, dall’altra CISL e UGL che sono invece contrari.
Sembra evidente, tuttavia, che ci sia un reale bisogno di un salario minimo unitario con una indicazione di retribuzione minima oraria (che potrebbe essere anche ricalcolata in base alla media salariale italiana), perché molti lavoratori sfuggono dalla contrattazione collettiva, protetti da tutele a volte inesistenti.
La necessità di una soglia minima, di dignità, al di sotto della quale non si possa scendere, adeguata alla crescente inflazione, può creare un effetto volano per fare aumentare le retribuzioni in Italia. In tal senso, la proposta di legge delle opposizioni, (ricalcando il modello tedesco), prevede l’istituzione di una Commissione ad hoc.
Una direttiva europea
Va ricordato che il 25 ottobre del 2022 è stata emanata una direttiva europea che stabilisce l’importanza, parimenti al salario minimo, dei contratti collettivi nazionali di qualunque settore o comparto specifico. I due strumenti (che i detrattori della proposta vorrebbero contrapporre) non sono slegati tra loro ma camminano insieme per migliorare le condizioni salariali.
C’è bisogno, come supporto alla proposta di salario minimo, di norme efficaci (per evitare effetti distorsivi) sui controlli.
L’Italia non ha ancora una legge sulla rappresentanza sindacale che metta ordine e limiti i contratti “pirata”: l’articolo 39della nostra Costituzione è inattuato (il quale prevede la registrazione dei sindacati in cambio della facoltà di stipulare contratti validi categoria per categoria). Così proliferano ancora accordi firmati da sigle sindacali “fittizie” o minori (nate all’occorrenza) che prevedono paghe poco dignitose, praticamente da fame.