Sanità, in Sicilia gli ospedali sono a corto di medici e i medici sono a corto di infermieri. Anche per questo i cittadini-pazienti vengono sfiniti con lunghe attese per una visita, incertezze sui tempi per un intervento chirurgico, code e caos nei Pronto soccorso. Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, la Sicilia è l’ultima d’Italia per rapporto tra infermieri e medici. Mediamente in Italia ci sono 2,4 infermieri per ogni medico, nella Provincia autonoma di Bolzano il rapporto è di 3,3, in Sicilia di 1,83. La differenza negli organici tra aree della stessa nazione, seppur lontane tra loro, si misura con un gap dell’80 per cento. Gli infermieri sono 3,77 ogni mille abitanti, a fronte di una media nazionale di 5,06. In questo la Sicilia è penultima e precede solo la Campania. Quanto ai medici che ricoprono vari ruoli professionali delle strutture pubbliche, nell’Isola sono poco più di 42.300. I medici dipendenti sono 2,06 ogni mille abitanti. Un numero che si colloca sotto la media nazionale, che è di 2,11 medici/mille abitanti. In Toscana la migliore dotazione di medici: 2,66 ogni mille abitanti.

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Ospedali, serve un piano straordinario di assunzioni
Nell’Isola sembra che le cose vadano meglio, invece, sul fronte dei medici di medicina generale. Detto anche “medico di famiglia”, o “medico di base”, assiste 1.073 pazienti siciliani contro i 1.545 della Provincia autonoma di Bolzano o i 1.466 della Lombardia. Dovrebbe essere un vantaggio, ma è destinato a durare poco. Sempre secondo Gimbe, l’80 per cento dei medici di medicina generale ha superato i 27 anni di professione ed entro il 2025 ne andranno in pensione 584. La Sicilia è la regione che più di tutte sconterà la carenza di queste figure che sono quelle più vicine territorialmente ai cittadini. Intanto, il ricambio generazionale delle varie categorie di medici è un problema tutto da risolvere. “Occorre subito cambiare rotta e investire su un Piano straordinario di assunzioni. Le risorse per la Sanità nella manovra di bilancio sono insufficienti a coprire le maggiori spese dei servizi sanitari regionali e non rifinanziano l’assistenza territoriale su cui si è abbattuta la scure del taglio delle misure del Pnrr“, osservano Gaetano Agliozzo, segretario generale Fp Cgil Sicilia e Monica Genovese, segretaria regionale della Fp.
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In Italia mancano 30 mila medici e 100 mila infermieri
Il sindacato, proprio oggi, farà partire dall’ospedale Umberto I di Siracusa un tour di mobilitazione dedicato alle criticità che riguardano la realtà ospedaliera siciliana. L’obiettivo è costruire una proposta di riorganizzazione del Servizio sanitario regionale. “Cominciando dalle questioni legate ai rinnovi contrattuali sia del comparto che della dirigenza medica e sanitaria – dicono Agliozzo e Genovese – vogliamo approfondire con i lavoratori il quadro che possa consentirci di denunciare le problematiche esistenti e proporre soluzioni percorribili“. Il successivo appuntamento sarà al Cannizzaro di Catania il 10 novembre, mentre il 13 novembre il tour sindacale toccherà Palermo, all’Arnas Civico. Assumere personale medico e sanitario è una priorità in ogni regione. Nel Servizio sanitario nazionale “mancano più di 30 mila medici” e si tratterebbe di una “stima al ribasso”, secondo Antonio Cucinelli, presidente di Giovani Medici per l’Italia. “A ciò dobbiamo aggiungere la carenza di almeno 100 mila infermieri. Come denunciamo da anni, il Ssn ormai è prossimo al collasso“.
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Sanità: stipendi dei medici tra i più bassi d’Europa
Di imminente ‘collasso‘ a livello nazionale parlano anche i segretari e i presidenti regionali dell’intersindacale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria, sottolineando che “questo il risultato di oltre un decennio di definanziamento, di chiusure di ospedali e reparti, di tagli indiscriminati al personale, ai posti letto e ai servizi”. C’è un tetto alla spesa per il personale fermo dal 2004 e la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale 2019-2021 ha visto un passaggio decisivo solo di recente. Inoltre, non c’è una efficace programmazione dei posti e delle specializzazioni per i medici, da cui dovrebbe discendere il numero chiuso nelle università. Solo dopo la pandemia il numero di borse di specializzazione “è stato aumentato – ricorda Cucinelli – garantendo così un numero adeguato di specialisti per gli anni a venire. Purtroppo vedremo i primi risultati di questa manovra solo fra altri due o tre anni. Cioè quando i colleghi entrati nel 2020 completeranno il loro percorso”. Bisognerà però bandire “concorsi concorrenziali con quelli che vengono proposti ai nostri medici dalle altre nazioni europee”, perché “gli stipendi dei medici pubblici italiani sono fra i più bassi in Europa”. Anche per questo i medici italiani, non di rado, scelgono altre strade. A volte molto lontane dai confini nazionali.
