Dal 2016 al 2020 la Sicilia ha perso oltre 2.500 ambulanti. Un calo importante, che secondo i rappresentanti della categoria risulterà ancora più accentuato nel 2021, anno per il quale non sono ancora disponibili i dati. È la sintesi dello studio effettuato da Confimprese Sicilia sui dati del Ministero dello Sviluppo Economico, presentata nel corso dell’Assemblea annuale degli ambulanti siciliani. Nel 2016 le aziende del commercio su aree pubbliche erano circa 21.200, nel 2020 erano meno di 18.700. Una flessione di oltre il 12 per cento, “nettamente superiore al 7,8 per cento registrato a livello nazionale”, scrive l’associazione. Anche in Italia, infatti, si registra un calo degli ambulanti seppur più contenuto. Nel 2016 erano circa 194.600, scesi nel 2020 a 179.500, per un saldo negativo di oltre 15 mila aziende. “La situazione è molto difficile, il settore ha bisogno di sostegni immediati”, dice a FocuSicilia il presidente di Confimprese Giovanni Felice. Qualcosa dovrebbe muoversi nelle prossime settimane, “con un bando regionale per il sostegno agli ambulanti, annunciato dall’assessore alle Attività produttive Mimmo Turano”.
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La finta “crescita” del 2020
Il quadro che emerge dallo studio è “preoccupante”. E non serve da consolazione il fatto che tra il 2019 e il 2020 – dopo tre anni consecutivi di cali – i numeri siano leggermente migliorati. Nell’anno del Covid in Sicilia si sono perse “solo” 192 aziende su strada, contro le 471 del 2019 e le 867 del 2018 e le 1.102 del 2017. A livello nazionale nel 2020 il numero degli ambulanti è persino cresciuto, anche se di sole 339 unità, rispetto ai cali degli anni precedenti. Per Confimprese ciò non è dovuto a una ripresa del settore – che sarebbe stato curioso nel quadro di un’economia profondamente danneggiata dalla pandemia – bensì dal rinnovo delle autorizzazioni per le autorizzazioni dei mercati sino al 2032 che finisce per incrementare il valore delle autorizzazioni. In altre parole “gli operatori, anche se in difficoltà, hanno resistito nella speranza di capitalizzare le nuove autorizzazioni”. Da qui la diminuzione delle perdute nell’Isola e la crescita registrata su base nazionale.

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La situazione nelle province
A livello provinciale, solo due territori registrano una crescita degli ambulanti nel periodo 2016-2020: Trapani (più 127) ed Enna (più 20). Per tutti gli altri, il segno è negativo. Il dato peggiore è quello di Palermo, con ben 1.985 imprese perse in cinque anni. Seguono a grande distanza Catania (meno 313), Ragusa (meno 190), Caltanissetta (meno 94), Messina (meno 91), Siracusa (meno 71). A perdere di più, osserva l’associazione, “sono le province dove è maggiormente radicato il commercio su aree pubbliche”, in particolare nell’ambito dei mercati storici e settimanali. Il dato è particolarmente evidente a Palermo e Catania, ma anche “i mercati di Trapani, Marsala, Bagheria, solo per citarne alcuni, presentano tanti spazi vuoti”. Anche a livello provinciale “i dati tra il 2019 ed il 2020 sono abbastanza omogenei”, presumibilmente per la questione delle autorizzazioni. I dati, precisa Confimprese, non considerano il fenomeno dell’abusivismo, “che comunque riguarda in maggioranza le grandi città ed in particolare Palermo”.

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Le proposte della categoria
Per l’associazione servono “misure strutturali per rilanciare il ruolo mercati, fiere e sagre”, danneggiate anche dalla concorrenza “del commercio online e sui social”. Queste categorie, osserva Confimprese, “non sono di fatto mai entrate tra quelle che hanno beneficiato dei cosiddetti ‘ristori’ a fondo perduto o dei finanziamenti ad essi collegati”. Da qui la richiesta all’Assessorato Regionale alla Cooperazione “di individuare delle risorse da destinare al Commercio su aree pubbliche e in particolare a chi opera nelle fiere e nelle sagre”, ma anche “agli operatori dei mercati settimanali” profondamente danneggiati dalla crisi. C’è poi il tema del credito. La quasi totalità degli ambulanti, osserva Confimprese, non ha i requisiti di bancabilità previsti da Bankitalia. La Regione dovrebbe quindi istituire “un fondo di rotazione”, da affidare a realtà come Crias e Ircac, per fornire “finanziamenti di somme relativamente piccole, tra i cinque e i diecimila euro, da restituire in 36 o 48 mesi” dando così respiro alle attività.

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I timori sul Canone unico
Le preoccupazioni della categoria non si fermano al reddito. Confimprese chiede interventi sugli eventuali danni determinati dai fenomeni climatici o da incidenti, ma soprattutto chiede al Governo di intervenire sul canone unico patrimoniale (Cup), entrato in vigore il primo gennaio 2021. Il pagamento è stato sospeso fino al 31 marzo 2022, ma per il futuro “abbiamo avuto una serie di avvisaglie poco rassicuranti”. Il riferimento è a eventuali errori nei regolamenti attuativi, che potrebbero portare più tasse del dovuto per gli ambulanti in crisi. Per questo l’associazione chiede al governo regionale “di farsi promotore di un incontro tra la nostra associazione e l’Anci Sicilia, al fine di chiarire la questione della corretta applicazione del Cup ed invitare i Comuni ad adeguarsi alla normativa”. Infine Confimprese chiede di approvare il Testo unico per il Commercio, “che prevede la possibilità di svolgere le su aree pubbliche da parte delle S.r.l.”, e di costituire “Contratti di Rete” tra gli operatori per risparmiare sulle utenze energetiche.

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Le ipotesi sul nuovo bando
Queste le richieste presentate nel documento per rilanciare la categoria. A breve, come detto, dovrebbe comunque arrivate un intervento da parte della Regione. “Abbiamo avuto rassicurazioni da parte dell’assessore Turano, ma non sappiamo né le cifre stanziate né la platea prevista per le domande”, chiarisce il presidente Felice. La proposta di Confimprese Sicilia, aggiunge, è di privilegiare gli ambulanti legati al settore fieristico, più danneggiati dalla crisi innescata dalla pandemia. Questa platea dovrebbe essere “di circa novemila persone”, e richiederebbe circa “dieci o 15 milioni di euro”. Risorse importanti, sottolinea il Felice, “che non peserebbero più di tanto sul bilancio regionale ma sarebbero una vera e propria boccata d’ossigeno per le imprese del settore”. Al momento il discorso è soltanto teorico. “Ci sembra che la volontà politica di intervenire ci sia, poi bisognerà vedere quale margine di manovra avrà la Regione per il bando”, conclude il presidente.