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Sicilia, povertà e troppi beni inutilizzati. Abramo: “Servono passione e progetti”

La pandemia ha colpito duramente l'Isola. "Servono competenze, e una prospettiva che guardi a trent'anni nel futuro", afferma Emiliano Abramo, membro del Tavolo tecnico regionale sui beni confiscati e presidente in Sicilia della Comunità di Sant'Egidio

La crisi economica conseguente alla pandemia da Covid-19 ha colpito i siciliani in modo duro. A testimoniarlo non sono solo i numeri di una economia in crisi, forniti dagli studi di Svimez, dalla Banca d’Italia e della stessa Regione siciliana, ma anche “l’aumento dei senza tetto: nella sola Catania dall’inizio del 2020 sono passati da 80 a circa 400”. Ad affermarlo è Emiliano Abramo, presidente della Comunità di Sant’Egidio in Sicilia. Il movimento laicale internazionale, che ha al centro del suo mandato la lotta alla povertà, registra da mesi le conseguenze della crisi economica, il cui contrasto secondo Abramo, ospite di FocuSicilia ieri in diretta deve passare “da una rinnovata passione per l’impegno sociale. Il Covid ci ha cambiati, non sappiamo se in peggio o in meglio. Ma c’è la necessità di creare competenze per il futuro”. Competenze che sono quelle innanzitutto della “progettualità”, in un periodo caratterizzato da ingenti risorse pubbliche, provenienti “non solo dal Pnrr, il Piano nazionale di ripresa che ha all’interno non a caso la parola resilienza”.

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Parola chiave: progettualità

Per l’uso dei fondi europei secondo Abramo è il momento di superare la logica che finora ha governato la politica siciliana, ovvero quella di “presentare progetti già pronti nel tentativo di aver assegnate le risorse”. Esempio lampante sono i fondi per l’irrigazione agricola recentemente sfumati proprio per l’aver presentato, da parte dei consorzi di bonifica siciliani, progetti non rispondenti agli stringenti requisiti del Pnrr. “Così 400 milioni di euro sono andati persi, con la speranza forse di recuperarli in un secondo momento”. Un modo di operare che, “come insegna l’esperienza del terzo settore, mondo da cui provengo e in cui opero”, specifica Abramo, può passare anche da piccoli progetti mirati per l’intervento sociale. E una grande risorsa sotto questo aspetto possono essere i beni confiscati alle mafie: Abramo è dal 3 ottobre membro del Tavolo tecnico regionale che si occupa del loro riutilizzo, nominato dall’assessore all’Economia Gaetano Armao. “Faccio parte da alcune settimane del tavolo tecnico della Regione che ha il compito di definire il quadro: si può fare tanto con i migliaia di i confiscati, anche per fronteggiare il problema primario della casa. Ma un qualsiasi bene impiegato per uso sociale diventa una risorsa”, spiega.

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L’esempio virtuoso di Messina

Per raggiungere l’obiettivo di beni non solo confiscati ma anche utili alla società, il solco è quello tracciato “dalla Commissione regionale Antimafia dell’Assemblea regionale guidata da Claudio Fava”, che dopo un lungo lavoro di mappatura e sensibilizzazione ha elaborato una proposta di legge. Questa, afferma Abramo, è “a supporto di una Agenzia nazionale per i beni confiscati che non funziona, perché creata per gestire numeri molto più bassi. E le mancano le risorse. In Sicilia abbiamo un terzo dei beni confiscati nazionali e quasi nessuno viene assegnato nel tempo teoricamente richiesto di un anno”. Problematiche che, con il nuovo assetto normativo regionale, dovrebbero essere superate con risorse specifiche per la progettazione da assegnare agli enti locali, passo fondamentale “per accedere ai fondi pubblici, che ci sono, anche solo per ristrutturare i locali spesso lasciati in condizioni pessime”. Un esempio virtuoso in tal senso viene da Messina, con un bene confiscato gestito proprio dalla Comunità di Sant’Egidio in via Gerobino Pilli, dove vengono raccolti e consegnati beni di prima necessità. “Si tratta di un ex deposito di un supermercato che oggi è diventato un punto di riferimento per tanti, anche come punto d’incontro per gli anziani”, racconta Abramo. Ma per avere realmente un impatto sociale, “bisogna che un bene confiscato funzioni anche se dietro non c’è una organizzazione come Sant’Egidio, ma anche solo la volontà e l’impegno di ragazzi non ancora ventenni che non possono affrontare grandi problematiche burocratiche e costi di ristrutturazione. Un bene può e deve essere consegnato pronto, chiavi in mano”, specifica Abramo.

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Reddito di cittadinanza e lavoro per gli stranieri

La progettualità deve avere uno sguardo rivolto al futuro “in una prospettiva di almeno trent’anni”, prosegue il discorso Abramo. Ma senza dimenticare il presente, fatto di centinaia di migliaia di siciliani che, per vivere, hanno usufruito dell’opportunità del Reddito di cittadinanza. “Su questo tema ci sono da dire due cose: la prima è che questo sostegno è stato fondamentale nel periodo della pandemia”. La seconda, leitmotiv dell’estate 2021 per moltissime aziende e associazioni datoriali, è che questo spesso sì è sposato con la difficoltà a reperire personale. “Dal turismo all’edilizia, dove grazie al bonus 110 per cento sono partiti migliaia di cantieri, le aziende bussano spesso alla nostra porta chiedendo se conosciamo degli stranieri, che non possono usufruire del Reddito di cittadinanza, pronti per un impegno lavorativo. E quasi sempre lo trovano”, afferma Abramo, che negli scorsi mesi ha anche stretto un accordo con Scuola Edile di Catania ed Ance, l’associazione dei costruttori edili, per formare nuovi lavoratori. La pandemia, e “situazioni non rispondenti alla realtà, con magari buste paga gonfiate rispetto a quanto effettivamente corrisposto ai lavoratori”, hanno avuto l’effetto sui siciliani di “rafforzare una tendenza che ci vede primi in Europa, la più alta concentrazione di Neet, ovvero coloro che hanno rinunciato non solo al lavoro e a cercarlo ma anche allo studio”. E in un periodo di crisi, la buona notizia è che questo sta aiutando “migliaia di stranieri, che necessitano di un regolare contratto di lavoro per ottenere un permesso di soggiorno”, afferma Abramo. Che, in conclusione, non risparmia una critica a “chi in questi anni ha affermato che i migranti ci rubavano il lavoro: i fatti stanno dimostrando il contrario”.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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