La Sicilia produce l’80-90 per cento dei limoni italiani e la zona di Siracusa, con il suo Igp, ne garantisce il 30 per cento: è il primo distretto limonicolo d’Italia. Oltre al limone di Siracusa, sono d’indicazione geografica protetta anche il limone Interdonato di Messina e, da pochi mesi, il limone dell’Etna. Un frutto che pesa milioni di euro, ma per il quale manca il catasto agrumicolo. È quindi difficile individuare con esattezza le superfici coltivate e le quantità di produzione. Sono state avviate interlocuzioni con la Regione e con il ministero delle Politiche Agricole per ottenerlo. Non solo. Il frutto siciliano soffre la concorrenza spagnola che “ha incrementato la quantità del 30 per cento ed è avvantaggiata da più bassi costi della manodopera e gli oneri previdenziali sono il 60 per cento in meno rispetto all’Italia”, lamenta il produttore siracusano Pippo Campisi. Con i limoni si producono marmellate, tra gli acquirenti ci sono anche la Coca Cola, la Fanta, la Ferrero (che nel 2018 ha lanciato le merendine Kinder con arance siciliane e limone di Siracusa), la Stock, che ha creato il limoncello Syramusa.
Leggi anche – L’arancia rossa spremuta dalla concorrenza: quanto vale l’Igp
Il Femminello di Siracusa
La maggiore produzione si registra nella zona di Siracusa. Circa 1700 ettari sono coltivati con limoni Igp per una produzione di circa nove milioni di chili. Il volume d’affari supera i 10 milioni di euro. Ma è solo una parte minima. Si contano tra i cinque e i sei mila ettari utilizzati per la produzione di limoni al di fuori dal marchio tutelato. La cultivar Igp è il “Femminello di Siracusa”, apprezzato per gli olii essenziali e il contenuto di acido citrico. Il prezzo medio è di 1,20 euro al chilo, ma si abbassa nella seconda fase della produzione o se il prodotto destinato alla trasformazione. Secondo il protocollo di denominazione è legato ai comuni di Siracusa, Avola, Noto, Rosolini, Augusta, Melilli, Priolo, Floridia, Sortino, Solarino. Tutte località vicine al mare: “Il disciplinare di produzione – spiega il direttore del Consorzio, Gianluca Agati – prevede che i terreni si trovino a non più di 10 chilometri dalla costa e a non più di 210 metri sul livello del mare. Le aziende del Consorzio di Tutela del Limone di Siracusa sono oggi 175, in crescita rispetto agli anni precedenti”. La produzione, quest’anno leggermente in calo a causa di un’estate calda e siccitosa, dura tutto l’anno: a ottobre arriva il “primofiore”, a metà aprile il “bianchetto” e in luglio il “verdello”.
Leggi anche – Effetto Covid già finito: i prezzi dell’ortofrutta sono crollati
Limone Interdonato
Il Limone Interdonato di Messina ha una produzione inferiore e si estende su circa 100 ettari. I Comuni produttori sono sia nella parte ionica che in quella tirrenica sebbene la maggior parte delle colture, su terrazzamenti, è legata a piccoli comuni ionici. Il consorzio, con 40 aderenti, produce tra i quattro e i cinque milioni di chili l’anno. Una parte della produzione è priva del marchio IGP e rimane esclusa dal calcolo. “Il limone Interdonato ha una buccia sottile – spiega il direttore del consorzio Sergio Campagna – e un’acidità inferiore. Inizia la sua produzione a settembre, in anticipo rispetto al Femminello. La maggior parte della produzione Igp è orientata sul bio”. Il prezzo dal produttore ha raggiunto, nella prima fase di produzione, 1,30/1,40 centesimi al chilo. A dicembre si è attestato sui 50 centesimi mentre arriva a 35-40 centesimi il prodotto non bio. La vendita è legata soprattutto alla grande distribuzione organizzata e all’esportazione in Germania. Il 2020 è stata “una buona annata, puntiamo molto sull’innovazione e sul miglioramento delle tecniche colturali” sostiene il presidente del consorzio Giovanni Caminiti Interdonato, discendente diretto di Giovanni Interdonato, colonnello garibaldino cui si deve la nascita di questa particolare cultivar. Ha eseguito circa 200 innesti, con quello tra cedro e limone è nato il frutto pregiato che oggi porta il suo nome.
Leggi anche – Dazi Usa-Ue, per la Sicilia stangata su formaggi e agrumi
Igp dell’Etna
L’Igp limone dell’Etna, pubblicato in Gazzetta ufficiale nell’ottobre scorso, è coltivato nella zona etnea e dell’Alcantara. I comuni di riferimento sono Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Aci Catena, Aci Sant’Antonio, Acireale, Calatabiano, Castiglione di Sicilia, Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Mascali, Piedimonte Etneo, Riposto, Santa Venerina, San Gregorio di Catania, Valverde, Zafferana Etnea. Le cultivar sono il Monachello ed il Femminello. A differenza del Femminello di Siracusa il frutto risente delle caratteristiche climatiche e geografiche del territorio in cui viene coltivato.
Leggi anche – Agrumi amari: Ismea, settore obsoleto e poco organizzato
Difficoltà: il mal secco
La produzione dei limoni è spesso condizionata dal “mal secco”, una fitopatia presente in Sicilia da circa un secolo. Negli ultimi anni ha pesantemente devastato la produzione di limoni di Siracusa. Gli effetti sono inferiori per l’Interdonato. “Per combattere il mal secco – spiega il produttore Campisi – serve manodopera specializzata”. Anche per questo chiedono alla Regione l’istituzione del catasto agrumicolo, la formazione di esperti del settore e la collaborazione con le università per una ricerca scientifica. “Questo è anche uno dei campi di impegno del consorzio – aggiunge il presidente del consorzio siracusano Agati – possiamo fare formazione, collaborare con la ricerca scientifica, migliorare la commercializzazione con una negoziazione diretta con gli acquirenti. Siamo nati appena venti anni fa: è un percorso che dovrà ancora farci crescere”.