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Sicilia, troppe famiglie “non bancabili”. Quando anche Caritas non può aiutare

Ritardi nei pagamenti dei mutui o nei finanziamenti hanno inserito sempre più famiglie nei database dei "cattivi pagatori". Si è reso così impossibile anche il microcredito sociale, spesso anche nei casi di usura

Con l’emergenza Covid diventa difficile anche l’aiuto del microcredito alle famiglie. Stipendi in ritardo, così come bonus e ristori, hanno creato una situazione difficile da gestire per i pagamenti di mutui, l’uso di carte revolving e semplici finanziamenti per piccole somme. Un problema che, numericamente, è ben manifestato dai dati della Caritas diocesana di Catania. Dal 2011 al 2019 l’ufficio pastorale etneo ha aiutato 179 famiglie, con l’emissione di un totale di 799 mila euro. “Nel 2020, a fronte di decine di ascolti, siamo riusciti ad aiutare solo una famiglia”. Lo dice Salvo Pappalardo, responsabile attività e referente microcredito per la Caritas di Catania. I dati sul 2020 sono stati pubblicati online in un report completo: l’unica famiglia che ha avuto accesso allo strumento ha ricevuto quattro mila euro, con i quali sta riuscendo a far ripartire anche una piccola attività commerciale. Piccole somme, erogabili in una ventina di giorni, ma per le quali “c’è bisogno comunque di accedere al merito creditizio. Se lo scorso anno era una su dieci, nel 2021 su trentaquattro ascolti c’è stata una sola persona che è risultata idonea”, spiega Pappalardo.

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Fermo anche il microcredito alle aziende

Famiglie “di lavoratori dipendenti, di piccoli artigiani, di soci di cooperative e non solo, tutte non bancabili”, racconta Pappalardo. Tutte iscritte negli elenchi di Crif per i ritardi nei finanziamenti dei mutui, di Centrale rischi che classifica cattivi pagatori e sofferenze bancarie, di Cai, la centrale allarme interbancaria, che evidenzia i protesti di cambiali e assegni. Tutti “sistemi centralizzati nazionali collegati sia agli istituti di credito che finanziari. E nonostante la garanzia offerta da noi di Caritas, non si può fare nulla”, spiega Pappalardo. Un problema che non riguarda naturalmente solo Catania. A Caltanissetta è attivo uno sportello per aiuti all’avvio di microimprese. Anche qui, come racconta Giuseppe Paruzzo, direttore della Caritas diocesana di Caltanissetta, “il 2020 ha visto una sola richiesta andata a buon fine, mentre dal 2011 le aziende avviate sono state 110, un grande numero per la nostra realtà”, spiega. Le aziende, che spaziano dai panifici, ai bar fino alle officine meccaniche ed elettrauto, hanno un contributo più consistente. “Grazie al nostro accompagnamento le aziende hanno potuto usufruire di microcredito fino a 25 mila euro, da restituire al tasso dell’uno per cento in cinque anni. In quasi dieci anni abbiamo erogato 2 milioni e 300 mila euro”. Una attività anche qui praticamente sospesa per via delle difficoltà di “bancabilità”. E alle quali “visto le difficoltà nel pagare Inps, Iva, affitto, abbiamo cercato di dare un piccolo contributo, raccogliendo otto mila euro da devolvere alle aziende più in difficoltà”.

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Le varie forme di microcredito

Catania, che come sottolinea Pappalardo si occupa “di buona parte della Sicilia orientale”, gestisce il proprio microcredito sociale tramite una convenzione con una banca di credito cooperativa, il Credito Etneo, ma non si tratta del solo strumento disponibile. A questo si aggiunge per tutta la Sicilia il microcredito offerto in convenzione tra Regione e Unicredit, mentre negli scorsi anni “abbiamo molto utilizzato, fino al 2018, il Prestito della Speranza nazionale, con convenzione con Cei e la banca Intesa San Paolo”, sottolinea Paruzzo. Ma se il microcredito “serve a seguire le famiglie innanzitutto per il sostentamento immediato, tra i 34 ascolti effettuati a Catania nel solo 2021 dieci erano di vittime di usura”, prosegue Pappalardo. Casi che spesso non possono essere trattati perché “non vogliono denunciare per paura di avere ritorsioni, oltre a una diffidenza nelle istituzioni”, commenta. Situazioni per le quali in Sicilia le Caritas sono riferimento oltre alla Fondazione antiusura Santi Mamiliano e Rosalia della diocesi di Palermo.

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Lotta a usura e sovraindembitamento

Per chi denuncia l’usura “c’è sempre possibilità di accedere ai servizi creditizi, anche per i ‘non bancabili’. Lo facciamo con fondi che ci ha affidato lo Stato”, spiega Vittorio Alfisi, direttore della Fondazione Santi Mamiliano e Rosalia di Palermo. Si tratta di un ente antiusura nato nel 2003 che dispone attualmente di un “fondo di quattro milioni di euro affidato dal ministero del Tesoro e che specificamente consente di concedere garanzie alle banche per dare finanziamenti a chi non può accedervi”. Un percorso che, ancor prima di una eventuale denuncia, avviene tramite un lungo iter di verifiche fatto dalla Fondazione. “Da noi – prosegue Alfisi – arrivano da tutta la Sicilia, non solo su segnalazione di Caritas. Tutto inizia con un primo colloquio telefonico per evitare di fare venire chi sappiamo già non possiamo aiutare: si deve comunque avere la possibilità di restituire le rate”. Alla fase preliminare segue una raccolta documentale e di natura relazionale. Il più importante resta però il colloquio “di natura tecnica dove si affrontano sia gli aspetti bancari che psicologici, perché spesso l’usura si associa al problema esteso del gioco d’azzardo”. Una istruttoria a 360 gradi che viene affidata a degli esperti, volontari della Fondazione, e che genera poi una ipotesi di progetto. Un vero e proprio percorso “che possa risolvere i problemi della famiglia, perché noi operiamo solo con persone, non società”. Il percorso, una volta approvato dagli organi collegiali e dal direttivo, che approva anche l’utilizzo del fondo di garanzia, passa all’esame degli istituti di credito. “Se la banca non trova altre difficoltà possiamo fare finanziamenti fino a 150 mila euro”. Cifre “molto più alte” del microcredito, in quanto servono spesso per recuperare le abitazioni. “Case dove magari c’era un mutuo in corso ad esempio. I fondi servono a pagare i creditori e una eventuale ipoteca, in modo da evitare le vendite all’asta”. Rispetto alle normali operazioni di microcredito, che prevedono una restituzione “in sette anni quanto per un mutuo chirografario, ovvero non ipotecario, si attiva una nuova ipoteca così da poter arrivare a 15 anni”, spiega Alfisi.

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La difficoltà della denuncia

Un sistema, quello dell’accesso al fondo antiusura, che a differenza del microcredito ha avuto un grande incremento nel 2020 “con una trentina di pratiche andate a buon fine. Da quando esiste la Fondazione abbiamo erogato ad alcune centinaia di famiglie pratiche finanziarie per quasi otto milioni di euro. Ovvero la consistenza iniziale del nostro fondo”, racconta Alfisi. Un sistema che si basa fondamentalmente “sulla fiducia verso la persona. Il nostro tasso di default è sempre stato in linea con quello degli istituti di credito, ovvero circa il 10 per cento. E si tratta di persone scartate dalle banche”. Un percorso certamente di successo, ma sul quale c’è un forte problema: la paura. “Nei casi d’usura è una sconfitta non riuscire a convincere le persone a denunciare. In molti casi siamo riusciti ad effettuare dei colloqui, nei nostri locali, con la Guardia di Finanzia del nucleo antiusura per far sapere i benefici di una eventuale denuncia. Finora non ci siamo riusciti a convincere”, conclude Alfisi.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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