Sull’evasione la Sicilia resta osservata speciale. Quasi un quinto dell’economia dell’isola deriva da lavoro nero, dichiarazioni infedeli e altre forme di “sommerso”. Numeri preoccupanti, alla vigilia dell’arrivo dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. A metterli nero su bianco, la Nota di aggiornamento al Def approvata nei giorni scorsi dal governo. Il documento ritocca le previsioni economiche e di finanza pubblica per i prossimi mesi. Il Prodotto interno lordo, sull’onda della ripresa post-Covid, raggiungerà il sei per cento, mentre l’indebitamento scenderà sotto il dieci. Inoltre è stato confermato lo stanziamento del 40 per cento delle risorse del Pnrr per il Mezzogiorno, pari a circa 82 miliardi. “Risorse notevoli, da gestire senza cadere nei vizi del passato”, commenta a FocuSicilia il coordinatore degli Ordini dei commercialisti di Sicilia Maurizio Attinelli. Tra i vizi c’è proprio l’economia sommersa, a cui la Nadef dedica un intero capitolo. E che potrebbe compromettere i fondi in arrivo. “Quello dell’evasione è un tema serio, anche nella prospettiva del Pnrr”, sottolinea Attinelli.
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I numeri dell’evasione da Nord a Sud
Secondo i dati dell’Istat, allegati al documento, oltre il 19 per cento del “valore aggiunto” prodotto in Sicilia nel 2018 deriva da attività non dichiarate. Fanno peggio soltanto la Calabria (21 per cento) e la Campania (20 per cento). A contribuire al sommerso, nell’isola, è soprattutto il lavoro irregolare (7,8 per cento), seguito dalle dichiarazioni dei redditi non corrette (7,7 per cento). Le altre componenti (mance, fitti in nero ed economia illegale) sfiorano il quattro per cento. Il rapporto scende nel dettaglio di alcune imposte. Tra il 2014 e il 2019, l’Istat fotografa un’evasione dell’Irap superiore a 280 milioni di euro. Notevole anche l’evasione dell’Imu, che supera il 35 per cento. Fanno peggio la Campania (38 per cento), e la Basilicata (36 per cento), mentre si osservano valori più bassi in Emilia Romagna (14 per cento), Liguria (16 per cento) e Marche (17 per cento).
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Nessun territorio al sicuro
In valori assoluti, la percentuale di sommerso sfiora l’otto per cento del totale nazionale. A incidere maggiormente, dato il peso della sua economia, è la Lombardia. La “locomotiva d’Italia”, pur essendo la seconda regione più virtuosa, vale il 16 per cento del sommerso del Paese. “La dimostrazione che il problema non risparmia nessun territorio, nemmeno il Nord-Est”, dice Attinelli. “I commercialisti sono in prima linea nell’affrontarlo, facendo segnalazioni e invitando al rispetto della legge”, spiega il coordinatore regionale. Numeri così alti, però, suggeriscono una considerazione ulteriore. “L’esperienza ci insegna che l’evasione aumenta dove il rapporto fiscale con lo Stato viene percepito come iniquo”. Tutt’altro che una giustificazione, ma un invito alla riflessione.
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Verso una riforma del fisco
La riforma del sistema tributario, del resto, è prevista dal Pnrr. “Si tratta di un cambiamento atteso da anni, per un sistema fiscale che non sempre ha funzionato come doveva”, ricorda Attinelli. Un esempio per tutti, “il maggiore carico per le imprese che restano in Italia piuttosto che fuggire all’estero”. Obbiettivo di una buona riforma, prosegue l’esperto, “tutelare le imprese, rendendole competitive, ma facendole pagare nella misura esatta”. I commercialisti siciliani hanno avanzato una proposta. “Abbiamo chiesto di sfrondare il sistema di deduzioni, detrazioni e regimi alternativi, che sono diventati una vera giungla”. C’è poi la questione delle imposte non versate, parzialmente affrontata dal governo nel decreto Sostegni bis. “A nessuno piace la parola condono, ma parliamo di cartelle risalenti a 20, 25 anni fa. Si trovi il modo di far pagare chi ne ha la possibilità, e poi ripartire tutti insieme”.
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Il dramma dell’usura
Non sempre, però, i debiti sono con lo Stato. “Molti imprenditori e artigiani in difficoltà economiche, nei mesi scorsi, hanno fatto ricorso al credito usuraio”, ricorda Attinelli. Come evidenziato dalla Commissione nazionale antimafia, durante la pandemia la criminalità organizzata ha prestato denaro con interessi fino al 120 per cento. Per il coordinatore dei commercialisti siciliani queste pratiche “sono disdicevoli e da condannare”, ma non devono assolutamente diventare “uno stereotipo che penalizzi il Mezzogiorno”. Tornando al Piano nazionale di ripresa, l’obiettivo è vigilare affinché il denaro non finisca nelle mani sbagliate. “Per farlo servono delle accortezze che in buona parte sono già previste dalla legge. Basta applicarle per dimostrare che siamo capaci di ripartire, sulle nostre gambe e senza cadere negli errori del passato”.
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Ultima occasione per il Sud
Non ci sono soltanto le inefficienze dei cittadini. La Nadef ha confermato i piani del Governo sul Pnrr, ma sulla burocrazia la partita è tutta da giocare. “Le risorse in arrivo potrebbero rappresentare la svolta per il Sud”, ribadisce Attinelli. Per farlo serve “una classe imprenditoriale accorta, che in Sicilia esiste”, ma anche una macchina burocratica “che dia indicazioni certe senza indurre in errore le aziende”. I commercialisti dell’isola intendono collaborare. “Abbiamo chiesto di partecipare alla cabina di regia di Palazzo d’Orléans sulla gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa”, spiega il commercialista. La prima riunione si è tenuta a fine luglio, presso l’assessorato regionale alle Attività produttive. “Dobbiamo riuscire a certificare la spesa, cosa che troppo spesso non siamo riusciti a fare. Questa potrebbe essere l’ultima opportunità”, conclude Attinelli.