SmartIsland: la terra si coltiva anche con dati, AI e blockchain

La startup, con base a Niscemi, realizza hardware e software per migliorare le colture. E con la blockchain punta a trasferire le informazioni anche ai consumatori Terra e tecnologia non sono ancora
molto vicine. La cosiddetta agricoltura 4.0 contribuirebbe a
migliorare resa e sostenibilità delle coltivazioni e porterebbe
benefici sia in termini qualitativi che quantitativi. Va in questa
direzione SmartIsland, una startup siciliana con base a Niscemi,
creatrice della piattaforma Smartfarm. La piattaforma di SmartIsland e il sistema di sensori che la nutrono di informazioni ha origine nel 2016. “Il progetto – spiega la fondatrice e ceo Maria Luisa Cinquerrui – nasce mentre studiavo ingegneria informatica”. Il sistema è costituito da Daiki, un robot che sfrutta l’intelligenza artificiale per analizzare i dati climatici e ambientali, ma anche le immagini, per tenere sempre d’occhio lo stato di una coltivazione. Daiki si alimenta tramite energia solare e offre all’agricoltore una serie di parametri per mezzo di un’applicazione mobile con la quale il cliente può ottenere alert per evitare malattie e rischi nella propria coltivazione, sapere quando intervenire per irrigare, concimare e svolgere azioni di intervento mirato. La particolarità sta nel raccogliere informazioni non solo per l’agricoltore: “Una parte dei dati – spiega Cinquerrui – può anche essere offerta ai consumatori finali attraverso un sistema software basato sull’edge computing e sullablockchain. In questo riceve informazioni relative all’intero processo di filiera”. Leggi anche–Biospremi, quando il frantoio di famiglia diventa startup La startup si muove in un mercato in
espansione, l’agritech, che fonde agricoltura e tecnologia. Lo
testimonia il numero di installazione di dispositivi Smartfarm:
trenta nel 2018 e già cinquanta quest’anno. L’azienda, fin dalle
primissime fasi, ha lavorato e portato avanti il progetto per mezzo
di capitali propri, supporto dai clienti e vari partner. Chiuderà
l’anno con un attivo di circa 180 mila euro: “Il 2018 e il 2019
sono stati per la startup due anni di testing e prova della
tecnologia. Siamo in fase industriale con la tecnologia Daiki e
pronti al lancio di nuovi prodotti e servizi per il mercato nazionale
e non solo. Abbiamo richieste anche dall’estero”. Merito di
“agroambassadors”,
cioè dei commerciali che fanno da ambasciatori e propongono la
tecnologia dell’impresa nissena ad aziende e distributori. Fare impresa in Sicilia significa scontrarsi con infrastrutture carenti e con la mancanza di supporto sufficienti a superare le criticità iniziali. Difficoltà che si sommano alla penuria di risorse che caratterizza gli investimenti italiani in capitale di rischio. Tuttavia, per Cinquerri non bisogna gettare la spugna ma perseverare nel proprio obiettivo: “In Sicilia, e in Italia in generale, il processo di capitalizzazione è sicuramente lungo e difficile, ma non impossibile. Richiede mesi, se non anni, per passare al sì finale da parte di investitori o partner. Ma è importante crederci”. Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.