Catania continua a mantenersi saldamente entro le prime dieci start up cities del Paese, in base alla graduatoria recentemente pubblicata dalla piattaforma StartupBlink. La quale, diciamolo per chiarezza, non è una graduatoria ufficiale, ma è sicuramente un’indagine interessante perché è costruita mettendo insieme vari parametri quantitativi e qualitativi, tra cui il grado di vivacità dell’ecosistema imprenditoriale.
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I numeri di Catania e Palermo
Catania, dunque, vince il confronto su Palermo ed è così ormai sistematicamente da diversi anni. I due ecosistemi però sono sostanzialmente identici in termini numerici, come abbiamo potuto riscontrare da una consultazione di Aida-Bureau Van Djik, la banca dati economico-finanziaria accessibile a studenti e professori dell’Università di Catania.
Da un lato, c’è la provincia di Palermo con 190 start up censite, su un totale di 211 ad oggi iscritte nell’apposito registro delle start up innovative dell’ex MISE. Considerate tutte insieme, il fatturato aggregato delle palermitane è di 31,638 milioni di euro, per un totale di 297 dipendenti. I costi per il personale ammontano globalmente a 7,570 milioni di euro, con un costo medio del lavoro di 23.075 euro. Gli utili aggregati sono pari a 512 mila euro.
Dall’altro, c’è la provincia di Catania con 195 start up censite, su un totale di 238 ad oggi iscritte. Qui il fatturato aggregato delle catanesi è di 32,873 milioni di euro, per un totale di 262 dipendenti. I costi per il personale ammontano complessivamente a 7,984 milioni di euro, con un costo medio del lavoro pari a 23.844 euro. Gli utili aggregati sono pari a 3,677 milioni.
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Non solo numeri
Se ci fermassimo solo a questi numeri, sarebbe il caso di dire “tanto rumore per nulla”. Si tratta infatti di valori insignificanti, se rapportati al totale delle imprese iscritte al sistema camerale nelle due province che consolidano fatturati maggiori e un numero di occupati decisamente superiore. Il tessuto vitale della Sicilia è fatto di micro e piccole imprese, non di start up innovative, peraltro ancora giovani d’età.
Ma non è con queste metriche che si valutano gli ecosistemi di innovazione. Non solo in Sicilia, ma ovunque nel mondo altri parametri vanno presi in considerazione. Perché il contributo principale delle start up è valutabile in termini di innovazione e di innovatività, non di occupazione diretta ed indiretta. E poi è fondamentale vedere come, a partire dal territorio in cui sono ospitate, tali imprese innovative si muovono in uno scenario più ampio, addirittura internazionale. A Catania, ad esempio, ci sono diverse start up che hanno ormai una buona visibilità anche in ambito nazionale.
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I servizi a supporto delle nuove imprese innovative
Infine, bisogna vedere se esistono nel territorio servizi a supporto della nascita e delle prime fase di sviluppo delle nuove imprese innovative: incubatori, acceleratori e spazi di co-working. In entrambi i casi, “chi nasce” a Palermo e Catania può beneficiare di importanti supporti. Ce ne sono diversi, soprattutto nati dall’iniziativa di imprenditori, professionisti, ex manager e startupper.
Ad esempio, è di oggi la notizia che nell’hub di Palazzo Jung a Palermo si avvieranno presto due percorsi di accelerazione focalizzati su “new energy, green, clean tech” e su “inclusione, impatto sociale e salute” promossi da Invitalia.
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Etna Hitech e l’Harmonic Innovation Hub di Entopan
A Catania, su impulso di Etna Hitech (Eht), arriverà presto l’Harmonic Innovation Hub di Entopan che ha già un’altra sede in Calabria, a Catanzaro.
A quel punto, anche i numeri che abbiamo mostrato prima potranno senz’altro migliorare, attendendo che prima o poi anche il soggetto pubblico, soprattutto la Regione Siciliana, faccia seriamente la propria parte in questo processo di sviluppo dell’innovazione.