Svimez, 2020 anno nero: al Sud persi 380 mila posti di lavoro

Svimez, 2020 anno nero: al Sud persi 380 mila posti di lavoro

L’impatto da Covid è molto pesante per l’Italia. Il Pil scende di più nel Nord del Paese, ma il prezzo più alto per le ricadute sociali lo paga il Mezzogiorno. Non solo non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi 2008 di prodotto e occupazione. Nel solo 2020 perde 380 mila posti di lavoro, più di quanto perso nel quinquennio 2009-2013 (-369.000). È quanto emerge dalle stime Svimez. Le differenze tra le due macroaree del Paese sono destinate ad acuirsi perché il Sud perde quasi il doppio in termini di occupazione, rispetto al Centro-Nord. Il 3,5 per cento del Centro-Nord contro il 6 per cento del Mezzogiorno a fronte di previsioni di crescita, per il 2021, dell’1,3 nel Mezzogiorno e del 2,5 nel resto del Paese. Significa che l’occupazione meridionale scenderebbe intorno ai 5,8 milioni. Meno due punti percentuali e mezzo e quindi il 42,2 per cento degli occupati. Praticamente peggio della crisi recessiva del 2008/2009 che ha colpito soprattutto i settori manifatturiero e delle costruzioni. L’effetto dello shock da Covid-19 ha invece colpito anche molte attività del terziario “ben presenti nelle specializzazioni produttive del Sud”. “Da allora, la struttura settoriale e produttiva delle regioni meridionali ha visto crescere il peso del lavoro irregolare (22,7 per cento secondo gli ultimi dati disponibili del 2017 ndr), dell’occupazione precaria (17,6 per cento secondo i dati 2019 ndr) e del lavoro autonomo (24,5 per cento per i dati 2019 ndr)”. È il Nord Italia che in termini economici perde di più: 8,2 per cento del Pil al Sud, il 9,6 nel Centro-Nord. Una conseguenza del blocco produttivo imposto per contenere la diffusione della pandemia legato principalmente alla contrazione delle esportazioni e del turismo. Sebbene le percentuali negative legate all’export del Sud sono più alte di quelle del resto del Paese, 15,6 contro 13,7, nel Centro-Nord pesano “per quasi il 30 per cento sul Pil, rispetto a meno del 10 in quelle meridionali”.Discorso analogo in riferimento alla spesa in servizi turistici: “in media di entità doppia nelle regioni centrosettentrionali rispetto a quelle meridionali. Una perdita economica che si riflette nei consumi delle famiglie che si attesta al 9,1 per cento al Sud e -10,5 al Centro-Nord. Servizi e beni durevoli sono i settori in cui le famiglie spendono più prudenzialmente. Secondo Svimez la spesa dell’operatore pubblico ha bilanciato “solo parzialmente” le contrazioni dei consumi degli italiani. Lo ha fatto più al Sud (1,9) che al Centro-Nord (1,3), ma è anche vero che la spesa per consumi collettivi della pubblica amministrazione nelle regioni del Sud “è diminuita ininterrottamente dal 2011”. Il Paese sta dunque soffrendo, talmente tanto che “il rapporto investimenti/prodotto verrebbe a collocarsi intorno ai valori minimi riscontrabili dal 1980”. Del Nord è anche il recupero più importante nel 2021, se non ci sarà una ripresa della diffusione delll’epidemia come quella conosciuta. “Un rimbalzo di entità significativamente superiore nel Centro-Nord (5,4) rispetto al Sud (2,3)”. Dati legati a “quantità e qualità delle imprese presenti nel territorio del Sud fanno sì che gli stimoli provenienti dal lato della domanda siano trasferiti all’offerta in misura relativamente minore”.