“È una crisi finanziaria assolutamente difficile da affrontare, che richiederà tagli alla spesa corrente per almeno un paio d’anni”. Nel consueto incontro con la stampa per gli auguri in occasione delle festività natalizie, a Palazzo d’Orleans, a Palermo, il presidente della Regione non si sottrae alle domande dei cronisti. E rispetto all’emergenza finanziaria che incombe sui conti della Sicilia, alle prese con un buco da oltre un miliardo, ammette, seppure a denti stretti, la gravità della situazione. La manovra non sarà certo “una passeggiata”, ribadisce il governatore che mette in guardia: “A pagare saranno tutti i siciliani”.
Per i prossimi due anni tagli alla spesa corrente
Una situazione allarmante documentata dalla Corte dei Conti che la scorsa settimana ha certificato un disavanzo pari a 1,1 miliardi di euro, e che ora la regione si appresta a coprire con un taglio da circa 260 milioni per mettere in pari il rendiconto 2018. “Sapevamo che avremmo trovato una strada in salita”, dice Musumeci che, se da un lato afferma di non essere abituato a scaricare su altri la responsabilità del presente, rivendica tuttavia un punto di partenza “assolutamente diverso da quello di una condizione di normalità”. Nessuno si fa illusioni sulla sua durata del momento di crisi, perché “si tratta di dover recuperare decenni di trascuratezza, superficialità, omissioni, ma anche di dover contribuire a trasformare un modo di pensare e concepire assai radicato nella cultura del popolo siciliano”. Allo stesso tempo, si dice sicuro dell’operato del governo e di avere predisposto uno strumento contabile “capace di rispondere alle esigenze del momento”. Poi avverte: “Se dovesse rendersi necessario un aggiustamento lo faremo nelle prossime settimane”. Ad ogni buon conto, siamo fiduciosi di poter rispondere alle richieste della Corte dei Conti, anche se con molta difficoltà”.
Stato “distratto”
Intanto, preso atto della drammatica situazione finanziaria, a pagare il prezzo più salato sarà la spesa corrente dove “si renderà necessario operare tagli almeno per un anno o forse due, ma poi sarà tutto in discesa”. Un quadro non proprio rassicurante e, tenuto conto delle già gravi condizioni finanziarie, Musumeci non esclude di tornare a invocare l’intervento del governo nazionale. “Fuori dal palazzo non si può pensare che il problema della finanza regionale si potrà risolvere senza sacrifici e rinunce da parte di tutti. Se fosse un tema legato alla spesa per investimenti lo affronteremmo con una certa facilità, ma non è questo il caso”. Un fronte, quello con il governo nazionale, sempre caldo e contraddistinto da polemiche. Ma, sia chiaro, per il governatore siciliano non si tratterebbe di presentarsi a Roma con il cappello in mano: “Al governo nazionale non abbiamo mai chiesto e continueremo a non chiedere elemosine”, eppure non c’è attenzione da parte di Roma, “che fino a ora è apparsa distratta. Alcuni ministri si limitano a pontificare, a emettere giudizi che davvero sembrano improntati a scarso rispetto istituzionale, ma anche a ignoranza. Nel senso che non conoscono la vera realtà di questa Isola”.
“Provenzano abbia più rispetto”
“A Roma ci sono andato e continuerò a farlo per le cose che servono. Ma non è andando a Roma che si risolvo i problemi. Lo Stato deve capire che per il Mezzogiorno d’Italia ai fondi europei, ad esempio, serve un piano straordinario, anticiclico”. Eppure le risorse non sono mai mancate, soprattutto i fondi europei dove la Sicilia sconta una lentezza burocratica senza precedenti. Anzi, per usare le parole del ministro per il Sud e la coesione territoriale, in visita nell’Isola domenica scorsa, la Sicilia è ancora fanalino di coda nell’impiego delle risorse provenienti da Bruxelles. Parole che suscitano l’ira del presidente: “I fondi europei li abbiamo impegnati e forse anche quest’anno riusciremo a impiegare il totale della somma a nostra disposizione nonostante tutto e tutti. Ma lo Stato deve garantire procedure veloci per gli interventi e le infrastrutture”, è il refrain del governatore. Non manca, infine, di riservare una stoccata al ministro e, in generale, all’esecutivo nazionale: “Provenzano deve avere maggiore rispetto istituzionale, soprattutto per la sua terra. Ha stanziato 10 milioni di euro per la viabilità e con questa cifra non ristrutturiamo nemmeno un ponte – conclude -, mentre abbiamo 17mila chilometri di strade provinciali ancora da sistemare”.