I numeri sono più eloquenti delle opinioni, i fatti più espressivi delle parole. Ad Acireale, una volta, insieme a Sciacca, la città termale più importante della Sicilia, i numeri sono disastrosi, i fatti sono dinanzi agli occhi di tutti. Eppure c’è ancora chi si ostina a negarli, rilanciando inutili proclami per tenere buona la piazza e rinnovando promesse di impegno che puntualmente vengono smentite il giorno dopo. Il tema purtroppo da tempo non infiamma più l’opinione pubblica acese.
Non si indigna più nessuno
A parte qualche post di rabbia ed esasperazione vomitato ogni tanto sui social, a presidiare l’evoluzione della vicenda sono rimasti soltanto il Lions Club e uno sparuto gruppo di professionisti. Il primo ha dato vita ad un Forum nel 2011 con l’intento di aggregare altre associazioni e forze produttive per sensibilizzare opinione pubblica e classe politica regionale per far luce sull’intera vicenda. Via via però tante sigle si sono disimpegnate, sono rimasti pochi attivisti. Gli altri, i professionisti impegnati, alcuni dei quali un tempo aderenti al comitato civico sulle Terme promosso dal PD, cercano di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma troppo spesso ingenuamente confidano sulle promesse di impegno di assessori e parlamentari. I quali puntualmente, poi, non riescono a far nulla.

In tre anni perdite per 4 milioni di euro
Partiamo dai numeri. La società per azioni che sostituì la vecchia azienda autonoma delle Terme iniziò la propria attività nel 2006. Aveva un consiglio di amministrazione nominato dalla politica (era il tempo del governo regionale di Totò Cuffaro) e presieduto dall’imprenditore Claudio Angiolucci, allora vicino al deputato nazionale acese di Alleanza Nazionale Basilio Catanoso. Il primo anno i ricavi furono 1.338.639 euro e la perdita d’esercizio fu pari a 272.218 euro. Le cose non andarono meglio l’anno successivo, il 2007, quando il fatturato fu pari a 1.321.616 euro e la perdita di esercizio fu di 41.832 euro. Nel 2008 i ricavi scesero ancora a 1.084.282 euro e la perdita d’esercizio fu addirittura superiore, pari a 1.259.597 euro. Nel 2009, infine, il fatturato diminuì a 667.812 euro e la perdita raggiunse la cifra di € 2.577.834. Dunque, in appena tre anni dalla trasformazione societaria delle Terme, il fatturato si dimezzò e si accumularono perdite per più di quattro milioni di euro.
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Dal 2010 la messa in liquidazione
Come previsto dalla legge regionale 11 del 2010, la società delle Terme di Acireale insieme a quella di Sciacca venne messa in liquidazione, con la nomina della professoressa Margherita Ferro e del dottor Michele Battaglia a co-liquidatori. Da quel momento – intanto al governo a Cuffaro era succeduto Raffaele Lombardo – prese avvio il lungo periodo di liquidazione che ad Acireale ha visto succedersi fino ad ora ben nove persone tra professionisti e politici, via via nominati dai governi regionali in carica. In questi anni di liquidazione gli stabilimenti sono andati avanti a singhiozzo. Aperti, poi chiusi, poi riaperti parzialmente infine nuovamente chiusi. Dal 2014, ad Acireale non si erogano più prestazioni termali, ma ancora sul web la città dei cento campanili risulta come un rinomato centro per le cure termali.
L’Excelsior Palace pagato due volte
Alla fine del 2011, dopo un lungo braccio di ferro con i gestori, gli imprenditori Zappalà e Fesco, la Regione Siciliana ottenne dal Tribunale l’apposizione dei sigilli all’Excelsior Palace, il grande albergo sito a ridosso dello stabilimento termale di Santa Venera. Sono trascorsi dieci anni e l’albergo, tuttora chiuso, prima è stato pignorato dal soggetto creditore (cioè la banca Unicredit) e poi è stato riacquistato all’asta dalla Regione Siciliana insieme al centro polifunzionale per 9,2 milioni di euro. A venderlo alla Regione è stato il fondo di investimento nel frattempo subentrato ad Unicredit come creditore. In pratica, l’immobile è come se fosse stato pagato due volte. La prima volta quando, ai tempi del governo regionale presieduto da Rino Nicolosi, a metà degli anni ottanta, fu acquistato dalla famiglia Leonardi, proprietaria dell’ex pastificio che, completamente ristrutturato, è stato trasformato in albergo. La seconda volta, lo scorso anno (governo in carica di Nello Musumeci), grazie ad una legge regionale approvata qualche anno prima dall’ARS.
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