In Italia, tra gennaio e marzo 2023, sono morte sul lavoro 196 persone. Sette in più rispetto allo stesso periodo del 2022, quando gli infortuni con esito mortale erano stati 189 (meno 3,7 per cento). La maggior parte dei casi si è verificata sul luogo di lavoro (148), la restante parte “in itinere”, cioè nel percorso casa-lavoro (48). Sono i dati dell’Osservatorio sicurezza di Vega engineering di Mestre, che elabora dati Inail e Istat. I settori più pericolosi sono i trasporti e il magazzinaggio (30 morti), seguiti dalle costruzioni e dalla manifattura (14 ciascuno). Tra i comparti meno pericolosi fornitura di acqua, reti fognarie e gestione dei rifiuti (tre morti), sanità e assistenza sociale (due) e agricoltura, silvicoltura e pesca (uno). Il report dà conto anche degli infortuni non mortali. In questo caso il dato è in miglioramento. Nei primi tre mesi del 2022 le denunce erano state oltre 194 mila, quest’anno sono scese a 144 mila, il 25 per cento in meno. I comparti più pericolosi sono manifattura (16.382), sanità (6.929), costruzioni (6.854) e trasporti (6.826).

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La situazione da Nord a Sud
Cartina alla mano, la maggior parte delle regioni italiane si trova in zona gialla, con un’incidenza di infortuni tra il 75 e il 100 per cento del dato nazionale. Si tratta di Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia, Emilia Romagna, Sardegna, Toscana e Liguria. Cinque le regioni in zona rossa, con un’incidenza superiore al 25 per cento rispetto alla media italiana. Parliamo di Valle D’Aosta, Umbria, Abruzzo, Marche e Piemonte. Quattro le regioni in zona bianca, con incidenza inferiore al 75 per cento del dato nazionale. Si tratta di Trentino Alto Adige, Calabria, Basilicata e Molise. Tre regioni, infine, si trovano in zona arancione, con un’incidenza compresa tra il 100 e il 125 per cento della media nazionale. Si tratta della Lombardia, del Veneto e della Sicilia. Va precisato che il dato “zonizzato” non tiene conto dei morti “in itinere”, calcolati invece nel computo dei 196 morti. La mappa, quindi, potrebbe presentare delle variazioni rispetto al dato effettivo.

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Tanti morti tra i lavoratori stranieri
Vega engineering fornisce altri dettagli sugli infortuni mortali in Italia. La fascia d’età numericamente più colpita, si legge nel report, “è sempre quella tra i 55 e i 64 anni (61 su un totale di 148)”. Per quanto riguarda le donne, in 22 hanno perso la vita sul lavoro, di cui sette “in itinere”. Particolarmente critica la situazione dei non italiani. “Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 23, mentre sono 10 quelli che sono deceduti a causa di un infortunio in itinere”, scrive l’Osservatorio sicurezza. Quanto alla collocazione temporale degli incidenti, “il mercoledì e il venerdì sono i giorni della settimana in cui si è verificato il maggior numero di infortuni mortali (18,9 per cento)”. In merito agli incidenti non mortali, “le denunce delle lavoratrici italiane sono state 52.956, quelle dei colleghi uomini 91.630”. Quanto ai lavoratori giovani, “si rilevano 16.582 denunce, oltre il 10 per cento del totale”.

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Fattore Covid sugli infortuni non mortali
A commentare il report è Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio sicurezza. “L’emergenza morti sul lavoro nel nostro Paese continua a rappresentare una dolorosa battaglia. Specie quando parliamo di lavoratori giovanissimi”. Su questo fronte, spiega il presidente, “l’incidenza di mortalità di chi ha un’età compresa tra i 15 e i 24 anni è quasi doppia di quella dei colleghi che hanno un’età compresa tra i 25 e 34 anni (5,2 contro 2,9)”. La diminuzione degli infortuni non morali, continua Rossato, non deve far cantare vittoria. “Se dal confronto con l’anno scorso possiamo considerare positivamente la diminuzione del 25 per cento, dobbiamo però ricordare che nel 2022, e in particolare nei primi mesi dell’anno, erano ancora molti gli infortuni denunciati connessi al Covid”. Un dato che potrebbe spiegare “la flessione rilevata in questi primi tre mesi”, facendo pensare che il miglioramento sia dovuto alla scomparsa della pandemia “e non a una riduzione degli infortuni direttamente connessi alle attività lavorative”, conclude il presidente.