Valorizzare lo zafferano sull’Etna, i risultati di EtnaSaffron Innovation

Valorizzare lo zafferano sull’Etna, i risultati di EtnaSaffron Innovation

Leimprese agricole locali possiedono tutte le carte in regola per puntare sullo zafferano sull’Etna, prodotto di nicchia ma prezioso per qualità, potenzialità e valore economico. Ma per ottimizzarne la coltivazione, le aziende dovranno perseguire un preciso modello di sostenibilità economica, seguendo la pista della collaborazione tra produttori e filiere. È uno dei temi affrontati nel corso dell’incontro di chiusura diEtnaSaffron Innovation, il progetto giunto oramai a conclusione che ha offerto importanti spunti di sostenibilità e di studio dello zafferano alle aziende del nostro territorio. Laprospettiva per poter creare un nuovo mercato, secondo EtnaSaffron Innovation, poggia non solo sulla qualità del prodotto, ma anche sul pieno sfruttamento delle proprietà cosmetiche e nutraceutiche dello zafferano. Il progetto è stato promosso da sei partner: capofila è la società “Biocampi” che dal 2016 coltiva in pieno campo zafferano e bacche di Goji, con la partecipazione di tre aziende agricole (“Ligulaglossa”, “Orlando” e “Cavallaro”), dell’Università degli studi di Catania– Dipartimento Agricoltura Alimentazione e Ambiente, e di “Marricrio”, cooperativa sociale. Aumentare il valore dello zafferano nel territorio dell’Etnaè dunque possibile attraversol’incontro con altri prodotti, “nell’ottica di un mercato in cui produrre bene non basta”. I luoghi intorno al vulcano rappresentano già di per sé una potente risorsa, visto che il cliente che predilige i prodotti tipici e di qualità resiste nonostante la crisi economica in corso, alla pari dei turisti desiderosi di conoscere sapori e culture che ci appartengono. In questa direzione, ilturismo, la cosmesi agroalimentare, e persino i trend di moda non andrebbero mai separatiproprio tenendo presente la visione unitaria del possibile cliente, che si aspetta il cosiddetto “buon ricordo” da portare sino a casa propria. Il territorio deve dunque essere considerato “la base culturale che lega produttore, trasformatore e compratore. Tutti i settori si relazionano in via diretta e indiretta col consumatore finale, anche quando si parla di ambiti diversi da quello alimentare, come la cosmetica e la nutraceutica”. I risultati scientifici del progetto hanno anche fornito informazioni utili sulle prospettive dicoltivazione dello zafferano in regime biologico nell’area dell’Etna. L’insediamento della coltura è stato ottimale, malgrado la consistente competizione della flora spontanea, che ha rappresentato la principale criticità sotto il profilo agronomico. Il sottoprodotto dello zafferano potrebbe essere valorizzato. Sono state infine considerate soddisfacenti anche le coltivazioni sperimentate in condizioni di ambiente controllato in clima mediterraneo, così come l’effetto della coltivazione fuori suolo, sull’accrescimento, la fioritura e la formazione dei bulbi di zafferano. All’incontro conclusivo di venerdì scorso tenutosi nell’Aula Magna Iannaccone delDipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente (Di3A) dell’ Università di Catania(via Valdisavoia, 5), sono stati diffusi i principali risultati del progetto. Presenti all’incontro, tra gli altri,Luciano Ventura, segretario generale di Confcooperative Sicilia, che ha moderato l’incontro. Sono intervenutiSalvatore Lamacchia, presidente della Bio Campi,Maria Rosa Battiato, dirigente UO S9.04 dell’ Ispettorato Agricoltura di Catania.I risultati scientifici sono stati divulgati daUmberto Anastasi e Concetta Scepidel Dipartimento Di3A, daValeria Cavallaro, C.S.E.I. Catania eAntonio C. Barbera, UniCt, mentre sul tema della sostenibilità economica è intervenuto il consulente esternoMarco Romito.I lavori hanno infine ospitato l’intervento diIgnazio Puglisi, presidente del GAL Terre dell’Etna e dell’Alcantara, mentre le conclusioni sono state affidate aIgnazio Mannino, dell’ ufficio di diretta collaborazione dell’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca.