Vuoto a perdere: bar e ristoranti esclusi dalla fase 2

Sarà possibile l’asporto, ma i locali resteranno ancora serrati fino a giugno. E alla riapertura ci saranno meno clienti e maggiori costi. Fipe: “Settore condannato alla chiusura” Per
la ristorazione la fase 2 è ancora lontana. Mentre alcune attività
riprenderanno il 4 maggio, bar e ristoranti speravano almeno di
apparecchiare il 18 maggio. E invece non potranno farlo prima di
giugno. L’unica concessione è la possibilità di fare asporto, che
si aggiunge a quella delle consegne a domicilio. Una scelta che non è piaciuta alla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi): oltre a un cassa integrazione non ancora arrivata sui conti correnti e a un decreto liquidità che “stenta a decollare”, restare chiusi produrrà “altri 9 miliardi di danni, che portano le perdite stimate a 34 miliardi dall’inizio della crisi”. “Forse non è chiaro – continua la Fipe – che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura. Moriranno oltre 50mila imprese e 350mila persone perderanno il loro posto di lavoro”. Anche perché, guardando a giugno, riaprire non vorrà dire ripartire. Ci saranno nuove regole da rispettare. Meno affollamento vorrà dire, con tutta probabilità, meno incasso. Il
necessario distanziamento sociale tra le persone sedute a uno stesso
tavolo e tra i tavoli stessi di un ristorante comporta delle perdite
di clienti: “Noi possiamo ritenerci fortunati da questo punto di
vista – affermano i soci titolari dello Squib, noto locale catanese
– perché con due sale e lo spazio esterno abbiamo circa 200 posti
a sedere. Ci aspettiamo di poter agire con uno spazio di un terzo
rispetto a quello attuale e quindi di arrivare a 60 coperti”. Non
tutti però hanno questa disponibilità: “Per fortuna noi abbiamo
due botteghe attigue e lo spazio esterno, ma i locali del centro
hanno spazi limitati e riaprire con le necessarie limitazioni
comporterà dei cali esponenziali”, afferma Giovanni Zuccarello, il
responsabile dello sviluppo e del prodotto della pizzeria Sazi e
Sani. Alcuni, come il titolare del bar Magistro, credono che dopo
mesi di chiusura riaprire con posti più che dimezzati sia comunque
qualcosa. Ma non tutti la pensano così: “Non sappiamo ancora
esattamente come gestire la situazione”, confessa Liliana Mangano,
titolare del ristorante L’Horloge. “Per quanto mi riguarda credo
sia meglio riaprire in modo totale quando sarà possibile. Non so
fino a che punto possa esserci il giusto clima in un locale con
tavoli distanziati, plexiglass, mascherine sul volto dei camerieri”. Come
saranno i ristoranti nella fase 2 non lo sa nessuno. Tra le tante
ipotesi, c’è quella di pannelli divisori che separino clienti e
tavoli. “Non condividiamo l’idea del plexiglass perché non sembra
sia compatibile con la nostra cultura mediterranea e con il nostro
modo conviviale di intendere il cibo”, affermano i titolari dello
Squib. “Troveremo sicuramente una soluzione che tuteli in primis la
salute dei nostri clienti, senza rinunciare al piacere di stare
insieme”. Al di là di queste indiscrezioni, è certo invece che
saranno necessari guanti, mascherine e igienizzanti, con un peso non
indifferente sui costi: “Ho già chiesto in giro e un dispenser di
disinfettante costa quasi 300 euro. Ora come ora non so come
sostenere questa spesa”, dice il titolare del bar Magistro. Nella
speranza che non ci siano speculazioni, come è successo con le
mascherine (il cui prezzo sarà calmierato), le spese non saranno
spiccioli: “Abbiamo preventivato circa 200-300 euro al mese in più
per igienizzanti e altri materiali utili per la sanificazione e
organizzazione dello spazio”, affermano dallo Squib. Simile è la
cifra prospettata da Giovanni Zuccarello di Sazi e Sani: “Al di là
dell’acquisto dei prodotti, è probabile che per la sanificazione
dell’ambiente ci si debba affidare a ditte esterne che rilascino
degli attestati e in tal caso le spese potrebbero raddoppiare da 200
a 400 euro circa”. La
ripartenza dell’asporto (ma pur sempre evitando gli assembramenti) è
un piccola pezza. Fino al 4 maggio l’unica soluzione resta il
servizio a domicilio. Ma anche questo ha un costo e non tutti i
ristoratori vogliono farvi affidamento. “Io non credo molto nel
delivery e so di vari ristoratori che hanno tentato senza grandi
risultati”, afferma Liliana Mangano de L’Horloge. L’esperienza
diretta del Magistro non è positiva: “Facciamo il servizio a
domicilio da più di una settimana, ma nonostante la pubblicità è
dura ricevere delle prenotazioni. Ci aspettavamo di più. La gente ha
imparato ad arrangiarsi a casa, ha sperimentato il fai da te. Adesso
puntiamo più che altro sulle granite, alle quali difficilmente si
rinuncia”. Anche chi non aveva mai effettuato servizio a domicilio
sta cercando di attrezzarsi: “Noi abbiamo delle responsabilità nei
confronti dei nostri lavoratori – afferma Giovanni Zuccarello – e
anche per il delivery è giusto che il personale sia provvisto di
guanti e mascherine, che gli venga misurata la temperatura corporea
prima di iniziare a lavorare, che l’ambiente venga sanificato. Sono
norme dispendiose e che non tutti rispettano. Entrare in un locale
sarà come entrare in una sala chirurgica”. Non
solo problemi legati alla sicurezza igienica, ma anche alla cucina.
“La nostra pizza – affermano dallo Squib – è stata pensata come
una pizza da gustare a tavola, ma ora il delivery sarà una costante
della ristorazione. Avremo un menu che affiancherà quello
tradizionale della pizza rotonda in stile napoletano. Le nostre pinse
saranno pensate molto per il domicilio. Stiamo lavorando a un tipo di
impasto adatto alle consegne e a un packaging che possa garantire
freschezza e fragranza della pizza”. Ciò
che accomuna i ristoratori è la scarsa fiducia in un aiuto economico
dal governo: tante promesse, ma ancora nulla di concreto, le banche
non sono molto disponibili a prestiti e finanziamenti e l’iter è
lungo. Così i gestori dei locali sentono sempre più la pressione
della responsabilità nei confronti dei loro dipendenti, che non
vogliono licenziare, ma non possono pagare. Aspettare oltre un mese
per la riapertura rende tutto ancora più complicato.